Flowers Festival Tag Archive

‘Chi suona stasera?’ – Guida alla musica live di giugno 2017

Written by Eventi

Radiohead, The Afghan Whigs, Japandroids, Weyes Blood… Tutti i live da non perdere questo mese secondo Rockambula.

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #20.01.2017

Written by Playlist

Afterhours + Sorge @ Flowers Festival, Parco della Certosa Reale, Collegno (TO) 15/07/2016

Written by Live Report

Riuscire a vedere nella stessa sera e sullo stesso palco Manuel Agnelli ed Emidio Clementi è sempre una bella botta… emotiva.
È la terza volta che mi capita questa fortuna, dopo la notte al Traffic Free Festival del 2008 (che segnò la reunion dei meravigliosi Massimo Volume) e quella dello spettacolo “Agnelli Clementi”, se la memoria mi assiste – dunque è probabile mi sbagli – dell’anno successivo. A tradurre in realtà uno dei più classici proverbi nostrani ci ha pensato, la sera del 15 luglio scorso, il Flowers Festival, che ha ospitato il concerto degli Afterhours, freschi di pubblicazione del loro undicesimo lavoro in studio, Folfiri o Folfox, e di Sorge, il nuovo progetto di Clementi in compagnia di Marco Caldera, coproduttore dell’ultimo disco dei Massimo Volume, posto in apertura di serata.

Sono piuttosto curioso di ascoltare in sede live la nuova proposta di Clementi già saltata dalla programmazione di Hiroshima Mon Amour, per cause di forza maggiore, due volte negli ultimi mesi. Per far spazio alle due ore abbondanti di show degli Afterhours e finire negli orari stabiliti Mimì e Marco devono iniziare molto presto, così, quando con 2 amiche ci avviciniamo al Parco della Certosa, in lontananza si sentono le note della bellissima “Bar Destino” e probabilmente è già volato via un buon quarto d’ora di concerto. Una volta entrati ad accoglierci è l’opprimente atmosfera de “Il Cerchio” ed è subito ipnosi.
Pensavo (stupidamente) che la voce di Clementi potesse avere un qualche minimo segno di cedimento a causa del contemporaneo ed inedito uso della tastiera, invece niente, il magnetismo dello spoken di Mimì non cede una virgola di un incanto che l’elettronica di Caldera sposa perfettamente.

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Nonostante il ritardo ci si può ritenere piuttosto fortunati sarà infatti nella seconda parte dello spettacolo che arriveranno alcuni dei pezzi migliori dell’esordio del duo tra i quali spiccheranno “Accetto Tutto”, l’inconsueto fare Hip-Hop della mirabile “Noi Facciamo Ciò Che Siamo” e soprattutto l’ispiratissima “In Famiglia”, intima catarsi capace con i suoi beat ed i suoi versi magistrali di avvolgere e rapire completamente. Il duo chiuderà l’esibizione con un’inedita perla rimasta fuori da La Guerra di Domani. Mimì è sempre Mimì ed anche con questo nuovo progetto e con questa raccolta di canzoni, che come da lui dichiarato spaziano tra ciò che si è e ciò che la vita porta ad essere, non fa che confermarlo. La sua poetica ed il suo immaginario così legati e capaci di svilupparsi attraverso l’esistente e il concreto non danno scampo, ti entrano dentro, le sue parole ed il suo modo di declamarle sono tra le cose più belle che l’Italia, non solo musicale, abbia conosciuto negli ultimi 25 anni.

Qualche minuto di attesa per la preparazione del palco e sarà la volta degli Afterhours che per la prima volta in vent’anni mi coglieranno impreparato, ad oggi non ho dato che due ascolti al loro ultimo lavoro, la situazione però mi fan sperare riportandomi alla mente uno dei loro live ai quali resto in assoluto più legato, la differenza è che all’epoca impreparati lo eravamo tutti poiché con un breve tour che toccò anche Torino la band presentò Ballate per Piccole Iene qualche giorno prima dell’uscita ufficiale, come si usava fare negli anni 70.
In perfetto orario Manuel Agnelli fa il suo ingresso sul palco con la sua chitarra acustica sulle note fuori campo di “Ophryx” attaccando con l’opener del nuovo disco, la toccante e viscerale “Grande”, e viene raggiunto dal resto della band, che ne fa ulteriormente salire la tensione emotiva, a metà brano. La mia prima impressione è che ci siamo, ci siamo proprio “alla grande”. Arrivano poi in serie altri 3 brani del nuovo disco tra i quali i due singoli, la potentissima e distorta (ma a mio modo di vedere non così centrata) “Il Mio Popolo Si Fa” e l’instant classic “Non Voglio Ritrovare il Tuo Nome”.

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Da qui in avanti i brani di Folfiri o Folfox si alterneranno a buona parte dei classiconi pescati dalla lunga e importante discografia della band, insomma partirà quel terapeutico rito di liberazione collettivo e personalissimo che è parte integrante di ogni concerto degli Afterhours. Avremo così modo di ascoltare e cantare (in alcuni casi urlare), tra le tante, l’immortale “Male di Miele” (sempre una gran botta d’energia), o quei brani che sono un affondo di coltello, ora brutale ora lento e passionale, nella carne più sensibile (“La Vedova Bianca”, “Il Sangue di Giuda”, “La Sottile Linea Bianca”, “Varanasi Baby”). Verrò colpito da una “Padania” mai così bella, e dalla doppietta “Bungee Jumping” / ”Costruire per Distruggere”, pezzi che vedranno crescere la loro componente Noise, nel caso della seconda, con Iriondo e D’Erasmo ai fiati (quest’ultimo anche al classico violino), Jazz Noise, che darà ai brani una vitalità nuova pur senza stravolgerli, tutto molto bello, tutto eseguito meravigliosamente. Chapeau.

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In questo frangente i brani pescati dal nuovo disco che più mi appagheranno saranno la ballata per piano con accenni di violino “L’Odore Della Giacca Di Mio Padre”, il Rock macchiato di Blues e Americana di “Né Pani Né Pesci” e la bella coralità perfettamente incastrata tra Pop e Rock di “Se Io Fossi il Giudice” con la quale si chiuderà la parte di set che precede i bis.
Al primo rientro la band proporrà “Le Verità Che Ricordavo”, tipo quella di un Agnelli circense pazzo che rotea con foga il microfono, cosa che non gli vedevo fare da un po’ e che, sarò stupido, a me fa sempre un gran piacere vedergli fare, seguita da “Riprendere Berlino” (non c’è niente da fare, de I Milanesi Ammazzano il Sabato non ho nulla nel cuore), dalla graditissima sorpresa di “Strategie” che live mancava da qualche tempo, fino a giungere a “Pop (Una Canzone Pop)” eseguita in acustico dal solo Manuel ed alla sempreverde “Non è Per Sempre”. Secondo encore: “Quello che non c’è”, sempre gustosissima anche se tagliata del finale strumentale, ed a concludere un brano introdotto dal ricordo di Manuel di un viaggio in India risalente a 15 anni fa in compagnia di quell’Emidio Clementi che lo aveva da poco preceduto sul palco, un viaggio che ha marcato a fuoco un’amicizia e che ha partorito gioielli come questa conclusiva, e stasera veramente monumentale, “Bye Bye Bombay”.

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L’impressione che il nuovo Folfiri o Folfox mi lascia suonato dal vivo è che si tratti di un disco che rimarrà, magari non come i dischi migliori della band, che non vi sto ad elencare tanto lo sappiamo tutti quali sono, ma rimarrà, sicuramente più degli ultimi due lavori, e nei live che verranno negli anni a seguire alcuni brani di questo lavoro li aspetteremo e gli Afterhours, nel limite del possibile e se ancora esisteranno, ce li daranno. La nuova formazione che osservo dal vivo per la prima volta (la febbre mi lasciò a casa durante il loro primo tour nei teatri dello scorso anno) è veramente tosta, sicuramente per i fans di lunga data non vedere sul palco in particolar modo un certo Giorgio Prette può dare un certo effetto, ma mettendo da parte il cuore ed ascoltando, credo si possa affermare che oggi si abbiano di fronte quelli che probabilmente sono i migliori Afterhours di sempre, per lo meno in ottica live. Probabilmente i Nostri un disco capolavoro non lo incideranno più (mai dire mai, ok), ma se consideriamo che il gruppo è in piazza da trent’anni e solitamente ne bastano molti ma molti meno per esser bolliti (cosa che questi Afterhours non sono nemmeno lontanamente) possiamo sfregarci le mani per quello che ancora oggi questi ragazzacci si dimostrano capaci di sfornare. Ma appunto, l’ottica live, stasera ho visto gli After più maturi di sempre, a tratti perfetti, ma che la parola non vi faccia pensare ai King Crimson, perfetti come una rockband viscerale con la loro esperienza deve essere, l’attitudine non è cambiata ma tutto suona meglio, come se ci fossero una consapevolezza e probabilmente anche una concentrazione maggiori in tutti i suoi componenti. Forse questa sofferenza (l’ultimo disco, come ormai tutti sapranno, nasce dal dolore della perdita per cancro del padre da parte di Manuel, sfociando in vita) ha regalato alla band coscienza, anche quella di essere dei 40/50enni, per quanto ancora capacissimi di fare il culo a chi ha la metà dei loro anni, senza però più bisogno ad esempio di dover sfanculare il fonico durante i primi pezzi dell’esibizione o di robette simili molto Rock, ma in fin dei conti solo sulla carta (attenzione, quel roteare il microfono di cui parlavo sopra è sotto il mio punto di vista un segno distintivo, dunque cosa assai diversa) e, mi ripeterò fino alla nausea, senza perdere nulla in impatto, anzi.

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Poi magari il prossimo disco degli Afterhours virerà verso qualcosa di più leggero, giovanile e alla moda, poi magari su quel disco non suoneranno gli stessi musicisti che hanno suonato sull’ultimo e che stasera ci hanno regalato questo gran bel concerto, poi magari il prossimo disco degli Afterhours nemmeno esisterà.
La verità in fondo é che con un tipino come Manuel non si sa mai, ed è anche per questo che gli voglio un gran bene e non lo giudico, tanto mal che vada, domani, saremo liberi di non piacerci più.

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Anohni @ Flowers Festival, Parco della Certosa Reale, Collegno (TO) 12/05/2016

Written by Live Report

Il Flowers Festival, giunto alla sua seconda edizione, ospita quest’anno, nella cornice del Parco della Certosa Reale di Collegno, un paio di appuntamenti molto importanti, tra questi uno dei più attesi è sicuramente quello con Anohni. La transgender ha da poco pubblicato Hopelessness, disco dove a supportare la sua splendida voce troviamo i suoni creati da Daniel Lopatin (Oneohtrix Point Never) e Ross Birchard (Hudson Mohawke), coproduttori del disco.
Un nuovo nome dunque, che l’artista usa da tempo in privato per mettere in risalto il suo lato femminile, ed nuova partenza, a sei anni dall’ultimo lavoro firmato Antony And The Johnsons, con un disco urgente, dai forti messaggi politici e dalle parole apparentemente semplici, più collettive che individuali, eppure intime, profondamente coscienti, estremamente dolorose e universali.

Il numero dei presenti accorsi alla Certosa Reale è piuttosto significativo ma lontano dal sold out che credevo di trovare nonostante questa sia l’unica data italiana per godere di Anohni. Perchè si tratta di una musicista importante che, oltre che questo buon esordio con la sua nuova identità musicale, già in passato ha regalato signori dischi, perchè i due musicisti che la accompagnano fanno parte dei nomi indubbiamente di rilievo della musica elettronica contemporanea, perchè credo che in qualunque altro paese con una cultura musicale quantomeno discreta una data unica di questo trio in uno spazio come questo avrebbe fatto il tutto esaurito, probabilmente già da giorni prima dell’evento. Credo che in Italia in futuro dovremo accontentarci, ben più di quanto già non si faccia oggi (quanti artisti girano intorno al nostro paese senza mettervi piede?) se queste sono le risposte che i promoter hanno dall’organizzare un evento come quello di stasera, ma tant’è… Perdonatemi la divagazione e torniamo alla musica suonata.

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Il live inizia, puntualissimo, alle 22,15 quando un rumor bianco avvolge la Certosa. Bisogna però attendere ancora parecchio prima di sentire la voce di Anohni, infatti dopo 5 minuti abbondanti di questo suono, mentre nulla accade sul palco, ecco che per altri 15 (veramente troppi) lo sentiremo andare avanti con piccole modulazioni accompagnato dalle immagini del maxi schermo situato a centro palco di una Naomi Campbell, a tratti ammiccante, che si muove all’interno di un garage nell’abito succinto col quale appare nel video di “Drone Bomb Me”. Dopo questi 20 lunghissimi minuti, quando ormai buona parte del pubblico ha perso la speranza (e la pazienza) ecco partire giustappunto “Hopelessness”. Anohni non è ancora visibile ma finalmente la sua presenza si sente, mentre ai lati del palco Lopatin e Birchard sono già alle loro postazioni e lo schermo che proiettava la Campbell lascia spazio ad un volto di donna dallo sguardo intenso ma sfinito, il viso truccato di bianco, quasi come arrivasse dall’aldilà, mentre nella zona degli occhi sino a scendere su alcune zone delle gote il colore è un rosso piuttosto marcato, come a farci immagnare delle tumefazioni o delle lacrime di sangue sul suo viso; sembrerà quasi sia lei ad intonarci il pezzo, muovendo le labbra proprio come le muoverebbe Anohni se potessimo vederla. Sulla successiva e bellissima “4 Degrees” (pezzo presentato al Primavera Sound 2015 coi Johnsons) Anohni fa il suo ingresso sul palco, un mantello nero con cappuccio a coprire la testa e sul volto un velo dello stesso colore.

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Questa sera Anohni sarà solo una presenza fisica, la sua sublime voce sarà prestata alle donne che scorreranno sullo schermo, saranno loro a rappresentarla mimando le parole dei testi, frequentemente come a cantare insieme a lei, oltre che per loro stesse e per tutti i presenti, altre volte interpretandole coi loro occhi (spesso in lacrime) e le loro espressioni del viso. Saranno queste donne, artiste di varie etnie ed età, insieme alla voce di Anohni le protagoniste della serata. Il martellamento denso ed epico di “4 Degress” scalda l’atmosfera (ma in casi come questo non credo la Terra ne risenta, anzi) e si inizia a vedere anche qualcuno che in qualche modo balla.
Dal riscaldamento globale si passa alla sorveglianza globale con la bellissima “Watch Me” dove Anohni muove eloquentemente le braccia, allargandole e portandole al cielo, come ad attirare ancor più l’attenzione di questo Daddy, sorta di grande fratello, con la consapevolezza di chi sa di essere controllata. Tra due brani inediti (molto bello “Paradise”, il primo dei due, dove Anohni sfoggia tutta la sua capacità vocale su un tappeto elettrico ora soffuso ora scosso a intermittenza senza mai risultare invasivo) trova posto “Execution”, brano sulla pena di morte dove la voce e soprattutto il gioco di synth caldi e ballabili contrastano fortemente con l’argomento toccato.
Su “I Don’t Love You Anymore”, forse il brano più puramente Pop, nonché più personale del disco e dunque del concerto, sullo schermo sarà Anohni stessa ad essere proiettata, ma solo una parte del viso, esclusa la bocca, a quella donna non c’è bisogno di dar voce, ne ha già una, bellissima, ed è lì sul palco a farcela ascoltare.

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Esattamente a metà concerto, nella stessa posizione che occupa nel disco arriva il funereo mantra “Obama”, per l’esecuzione di questo brano anche OPN e Hudson Mohawke, entrambi in felpa nera, copriranno la loro testa col cappuccio. Il brano live ha una resa ancora più incredibile, come se il suo fascino ipnotico e conturbante abbia la capacità di fermare tutto, a muoversi (e veramente molto se paragonata al resto del concerto) è invece Anohni che lo interpreta dando per buona parte della canzone le spalle al pubblico regalando ancor più l’idea di tradimento espressa nel pezzo. Altro momento straordinario arriva con l’intensa e struggente ballata “Why Did You Separate Me From the Earth?” che risulta ancor più bilanciata che su disco e dona l’ennesima grande prova vocale della Nostra ed un finale più Ritual-Trance.

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Segue un inedito che risulta essere tra i momenti più puramente elettronici del live ad anticipare la meravigliosa ed empatica autocritica di “Crisis”, probabilmente il brano dalla costruzione elettronica più varia, e senza dubbio magistralmente costruita, dell’intero set. Il live va a terminare con “Marrow”, forse il pezzo rimasto più fedele all’esecuzione su disco, per quanto nulla sia stato stravolto, seguito dalla splendida “Drone Bomb Me”, inizalmente legata ad un breve inedito (“In My Dreams”) che porta nuovamente sulla schermo il viso di Anohni (questa volta completo) durante la dolcissima parte strumentale, viso che scompare lasciando lo schermo nero nel momento in cui l’artista anglo-americana inizia ad intonare le parole del brano (semplicemente quelle che formano il titolo) inginocchiata a terra, come in preghiera. Ed ecco che sulla prima nota di “Drone Bomb Me” sullo schermo ritorna la Campbell, questa volta solo il suo viso, in lacrime, mentre il brano scorre via confermando tutta la sua grandezza.
Il mio sangue, il mio sangue, scegli me stanotte, su queste parole  Anohni lascia il palco e la modella lascia lo schermo facendo posto ad un’altra artista, un’anziana signora di colore capace di riassume perfettamente tutti gli argomenti trattati da Anohni stasera, un volto perfetto anche per rappresentare la natura, l’artista si dice preoccupata per quanto accade nel mondo e timorosa per come possa svilupparsi il futuro, mentre intorno la musica sfuma facendosi silenzio.
Un saluto accennato da parte di Lopatin e Birchard, il buio totale e poi le luci ad illuminare il Parco della Certosa Reale.

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Un live coraggioso, perfettamente in linea con il disco pubblicato. Non ci sono state parole se non quelle delle canzoni, non si sono visti effetti speciali su quello schermo a centro palco, nessun gioco di luce particolare, tutto è stato emotività ed intimità, al centro di tutto un’artista, questa sera senza volto, dalla voce seducente e penetrante,  dal vivo ancor più capace di mettersi (e mettere) a nudo, dando ancora più senso a quanto cantato. Il pubblico lascia la Certosa consapevole di aver assistito ad un concerto importante, significativo, e se ne va a casa, ognuno con la sua anima, un po’ più pesante, ma anche un po’ più pulita.
La speranza é ancora viva anche se per l’Italia la vedo male, ma fortunatamente, stando a quanto dice Anohni, siamo tutti americani (perdonatemi anche questa divagazione, collegata a quella di sopra).

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #17.06.2016

Written by Playlist

Daniele Silvestri, annunciate le prime date del tour estivo

Written by Eventi

Flowers Festival, estate calda alle porte di Torino

Written by Senza categoria

FLOWERS FESTIVAL è un nuovo festival musicale che si tiene a Collegno (TO), dal 4 al 27 luglio, nel Parco della Certosa, parco urbano di 400.000 mq, in un’area attrezzata per 5000 spettatori.
L’area spettacolo, allestita nello spazio noto come Cortile della Lavanderia, è racchiusa da due delle grandi esperienze di riprogettazione urbana messe in atto dalla Città di Collegno: la Lavanderia a Vapore, eccellenza della danza contemporanea internazionale e il Padiglione 14, centro culturale giovanile.

In quello che fu il Cortile della Lavanderia del Manicomio di Collegno, nasce FLOWERS FESTIVAL, che riporta alla mente i grandi spettacoli di teatro e musica cha a partire dagli anni ottanta, (momento dell’abbattimento delle mura manicomiali) fino ai primi duemila, hanno contribuito al rinnovamento di questi spazi meravigliosi, sull’impulso della amministrazione pubblica.
Il Flowers Festival, riparte da lì, da quello stesso bisogno di condivisione e apertura. Si presenta come festival di livello nazionale, ospitando due artisti/manifesto di grande trasversalità come PATTI SMITH e GORAN BREGOVIC o ancora CAPAREZZAMODENA CITY RAMBLERSAFRICA UNITE e MARLENE KUNTZ per restare nel nostro Paese. Ancora nomi internazionali dai suoni caldi e inclusivi come CHINESE MAN (Fra), GROUNDATION (Usa), DUBIOZA KOLEKTIV (Ser), DUBFX (Aus), BONOBO (Uk) e le star dell’elettronica divertente con DJS FROM MARS e DJ SHANTEL (Slo). Poi uno spazio ai suoni giovanissimi e popolari con il rap di SALMO, GEMITAIZ & MADMAN e CLEMENTINO, al nuovo reggae italiano dei MELLOW MOOD, agli alfieri dello swing SWEET LIFE SOCIETY e BANDAKADABRA al gruppo giovane per eccellenza di questi anni dieci: LO STATO SOCIALE con MAGELLANO e L’ORSO.
E ancora, il meglio della musica indipendente italiana: TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI, ORCHESTRINA DI MOLTO AGEVOLE, AUCAN, GODBLESSCOMPUTERS, MANAGEMENT DEL DOLORE POSTOPERATORIO.

La prima edizione presenta artisti provenienti da diverse nazioni, tutti di grande richiamo e dai prezzi di biglietto popolari, compresi tra i 5 e i 25 euro.
Tutti i concerti hanno una parte notturna di qualità che si basa sulle principali serate dell’area metropolitana torinese. Si va dalla serata fané AVANZI DI BALERA, ad I LOVE ROCK, firmata dai Mostricci; dall’elettroswing di SWEET LIFE SOCIETY alla festa per una buona causa, PARTYCILLINA, realizzata dagli studenti della Facoltà di Medicina.
La condivisione è alla base dello spirito del neonato festival: infatti, se la progettazione dello stesso è opera dell’Associazione Culturale Hiroshima Mon Amour, l’esperienza che ha creato negli anni i principali festival piemontesi (Traffic, Pellerossa, Extrafestival per citarne alcuni), la stessa viene aperta a molte collaborazioni: dalla discografica rap BM Records alla principale agenzia della scena alternativa italiana BPM; dai collettivi artistici di Partycillina e Sweet Life Society a quelli etici di Slow Food International.
E ancora da segnalare l’attenzione per il territorio di Collegno e dell’area in cui si svolge il festival utilizzando tutte le capacità professionali sviluppate negli anni nell’esperimento pilota di riqualificazione Padiglione 14. Dalla realizzazione del kinder garden, funzionante nelle serate del festival ai servizi di pulizia, accoglienza e catering interni.

Flowers Festival è realizzato grazie al sostegno di Città di Collegno, Regione Piemonte e il patrocinio di Città Metropolitana Torino.

Ecco il calendario degli appuntamenti.

04 luglio: INDIEPENDENCE DAY: TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI, AUCAN, GODBLESSCOMPUTER, MANAGEMENT DEL DOLORE POSTOPERATORIO, ORCHESTRINA DI MOLTO AGEVOLE e altri
07 luglio: MODENA CITY RAMBLERS, DUBIOZA KOLEKTIV
08 luglio: DUB FX, BONOBO
09 luglio: SALMO, GEMITAIZ & MADMAN, CLEMENTINO
10 luglio: MAX GAZZÈ, DENTE, DJS FROM MARS e altri
11 luglio: CAPAREZZA
12 luglio: GORAN BREGOVIC, DJ SHANTEL, BANDAKADABRA 
14 luglio: CHINESE MAN, SWEET LIFE SOCIETY
17 luglio: MARLENE KUNTZ perform CATARTICA
22 luglio: GROUNDATION, MELLOW MOOD

23 luglio: AFRICA UNITE 
24 luglio: STATO SOCIALE, L’ORSO, MAGELLANO
27 luglio: PATTI SMITH performs HORSES

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