Storia e “filosofie” del Punk in the UK 1977-1981

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Il nichilismo socio-esistenziale dei Sex Pistols, la militanza culturale dei Crass,l’impegno politico dei Clash.
Lo scenario storico

Nel corso degli anni Settanta prese corpo nei paesi occidentali una controffensiva finalizzata a riportare in auge il potere delle élite economiche. Il periodo 1945-75, infatti, se dal punto di vista del lavoro aveva rappresentato una fase progressiva, dal punto di vista del capitale era stato un incubo: la forte crescita delle lotte di classe, sociali, operaie e sindacali era riuscita a conquistare e ad imporre una significativa dinamica redistributiva e una conseguente riduzione del saggio di profitto.

Per le classi dirigenti occorreva frenare questa crescita. La risposta che si affermò venne teorizzata nel famoso convegno che la Trilaterale dedicò nel 1975 alla “crisi della democrazia”. In che cosa consisteva tale crisi? In presunti “eccessi” di democrazia, in particolare nel potere conquistato dalle classi lavoratrici di incidere sulla distribuzione del reddito, sul governo delle imprese e sull’organizzazione del lavoro, e in una conflittualità sociale che iniziò ad essere definita “non compatibile”. La reazione da opporre avrebbe dovuto perciò ribaltare questa dinamica democratica e redistributiva ed innescare il grande drenaggio di poteri, risorse e funzioni direttive dal lavoro al capitale e dal pubblico al privato che continua fino ai giorni nostri.

Alla crisi di redditività del capitale industriale si rispose così con politiche liberiste e di austerità e con profonde ristrutturazioni produttive. Con l’obiettivo di restringere la base occupata – al fine di ridurre il potere vertenziale conquistato dalle classi lavoratrici occidentali – le produzioni (soprattutto quelle a ridotta composizione organica) iniziarono ad essere trasferite nei paesi cosiddetti “emergenti”, dove era possibile approfittare non solo di forza-lavoro sottopagata e sottomessa, ma anche di ulteriori condizioni favorevoli, come particolari esenzioni in materia fiscale e assenza di vincoli sindacali. Contestualmente, e per le stesse ragioni, fu avviato anche lo smantellamento e la privatizzazione delle imprese pubbliche (Billy Bragg dedicherà l’EP Between The Wars al grande sciopero portato avanti dalla National Union of Mineworkers contro lo smantellamento dell’industria carbonifera).

Crebbe così la disoccupazione, e crebbe, tra i lavoratori, la disponibilità ad accettare salari sempre più bassi e contratti sempre meno sicuri. I diritti del lavoro iniziarono ad essere facilmente aggrediti e depotenziati (favorendo i licenziamenti, comprimendo i salari, precarizzando, smantellando garanzie e tutele precedentemente conquistate dalle classi lavoratrici); al tempo stesso, le tasse sui profitti e sulla ricchezza iniziarono ad essere ridotte, il che significò meno risorse per il welfare e per i sistemi di protezione sociale.

Questo pacchetto di politiche liberiste dispiegatesi negli USA di Ronald Reagan e nella Gran Bretagna di Margaret Thatcher determinò drammatiche crescite: della disoccupazione (buona parte della quale destinata a rimanere strutturale, permanente), delle disuguaglianze, della povertà e di nuove forme di marginalità sociale (su questo fenomeno gli Specials incisero The Ghost Town), nonché della repressione (Guns of Brixton dei Clash tratta appunto della violenza della forza pubblica) e del razzismo (alla lotta contro cui gli Sham69 dedicarono l’inno If The Kids Are United).

E non solo. La svolta liberista determinò anche una forte ripresa della spesa militare e delle missioni belliche per la conquista di risorse e di posizioni geopolitiche strategiche (contro il militarismo della Thatcher gli Exploited incisero Let’s Start a War… Said Maggie One Day, e i Crass, tra le altre cose, How does it feel to be the mother of a thousand death?).

Lo slogan usato dalla Thatcher era «T.I.N.A.», There Is No Alternative, non c’è nessuna alternativa al sistema liberista.

La reazione del movimento punk

Il movimento punk reagì a queste dinamiche regressive in modi e forme diverse: tra il nichilismo socio-esistenziale dei Sex Pistols, la militanza culturale (e non solo) dei Crass e l’impegno politico dei Clash, le risposte furono di varia natura.

Nel «No Future» dei Sex Pistols si identificarono migliaia di giovani senza lavoro, rassegnati di fronte alla prospettiva di un futuro precario e senza speranze, destinati alla marginalità in una società che si avviava a divenire sempre più individualista e classista. Quelli che accolsero il messaggio dei Sex Pistols ritennero che non valeva la pena vivere secondo le regole e la disciplina imposte dalle classi dirigenti che avevano determinato quella situazione: essendo trattati dalla società come “scarti” e come soggetti 2non indispensabili”, come “avanzi” e come “rifiuti”, la risposta immediata fu quella di personificare quello “scarto” e quel “rifiuto” assumendo gli atteggiamenti e gli stili di vita che quella stessa società ripugnava: a maggior ragione perché quella società li ripugnava.

La risposta dei Crass fu diametralmente opposta. I Crass, infatti, non furono solo un gruppo punk di dichiarata ispirazione anarchica. Furono anche un collettivo impegnato nelle lotte contro l’imperialismo e il militarismo, contro la diffusione delle ideologie gerarchizzanti e autoritarie, contro il crescente sfruttamento del lavoro e contro la mercificazione del corpo della donna. Dopo la morte di Bobby Sands, i Crass parteciparono attivamente alla vasta campagna pacifista e antimilitarista contro la guerra delle Falklands. Diedero anche vita ad una sorta di comune anarchica, appena fuori Londra, che negli anni bui della Thatcher produsse testi culturali e performance teatrali e visive.

La risposta dei Clash è certamente la più nota. Il «No Alternative» della Thatcher era solo la giustificazione ideologica di una linea politica che doveva invece essere combattuta e ribaltata. Niente nichilismo, dunque, ma antagonismo e solidarietà di classe. Di qui la scelta dell’impegno nelle lotte anticapitalista, antimperialista, antifascista e antirazzista, nella convinzione che «The Future Is Unwritten», che il futuro cioè altro non può essere che l’esito del conflitto ingaggiato contro le classi dirigenti. Per cambiare lo stato di cose presente e per imprimere al futuro una diversa direzione occorreva perciò impegnarsi.

Con le parole di Joe Strummer: “la politica della Thatcher ha ucciso le speranze, ampliato il divario tra chi può tutto e chi non ha quasi niente. Smantellare il welfare e spingere nella direzione del liberismo ha messo in ginocchio una parte consistente dell’Inghilterra. Certo, per chi faceva musica e arte Margaret Thatcher è stata un avversario e al tempo stesso una fonte di ispirazione fenomenale. Contro la sua politica la musica ci ha messo il cuore, ma non è stato sufficiente. Noi Clash ci abbiamo messo anche la faccia, abbiamo inciso un disco come Sandinista (l’ex primo ministro inglese voleva bandire il termine perché i sandinisti erano i guerriglieri comunisti del Nicaragua che avevano deposto il Presidente Somoza). Le abbiamo detto no. Non so se sia servito, ma io rifarei tutto”.

Assai importante, in questo scenario, fu l’esperienza del Rock Against Racism, che vide la partecipazione attiva di Clash, Sham69 e UK Subs. Il Rock Against Racism nacque nel 1977 nell’ambito del movimento della Anti-Nazi League in una fase in cui le politiche antipopolari avevano favorito una violenta ondata razzista ed una crescita dei consensi nei confronti dei gruppi neofascisti del National Front (dal 1976 al 1981 vennero assassinate in Inghilterra 31 persone di colore).

La scintilla da cui scaturì la decisione di allestire questo movimento – messo in piedi da militanti comunisti, socialisti e anarchici – fu un episodio che coinvolse Eric Clapton, che nel 1976, durante un suo concerto, aveva avuto parole di apprezzamento per un deputato tory noto per le sue posizioni razziste. In risposta venne stilato il primo manifesto di Rock Against Racism, che recitava: “noi vogliamo musica ribelle che fa crollare la paura della gente. Musica della crisi. Musica attuale. Musica che sa chi è il vero nemico. Rock contro Razzismo. Ama la musica – Odia il Razzismo”.

Gli attivisti e i punk più impegnati nel movimento avevano ben compreso che tutti stavano diventando vittime di una svolta classista e autoritaria di cui il razzismo e la criminalizzazione degli emarginati erano solo i sintomi più evidenti. Il movimento accelerò l’organizzazione di eventi all’insegna della solidarietà e della lotta dopo i fatti di Lewisham, un quartiere a sud di Londra densamente popolato da immigrati caraibici e lavoratori di colore. Il 13 agosto 1977, il National Front marciò verso il quartiere di Lewisham con l’intenzione di intimidire i residenti e di far presa sulle masse inglesi esasperate dagli effetti sociali della crisi. Circa 10.000 antifascisti (bianchi, caraibici, studenti, lavoratori) si opposero al passaggio del National Front e dopo diverse ore di battaglia con fascisti e polizia riuscirono a bloccare la marcia.

Il primo grande evento di Rock Against Racism fu quello del 30 aprile 1978 a Victoria Park con Clash e altre band. Intervennero circa 80.000 persone. Gli organizzatori, che non si aspettavano una partecipazione di pubblico così imponente, decisero di ripetere l’evento in altre località (Manchester, Cardiff, Southampton, etc). Un altro evento antirazzista molto importante si tenne a Londra in Brockwell Park il 24 settembre 1978 con gli Sham69 come headliners. Nello stesso anno, in risposta all’assassinio di un loro connazionale, 8.000 bengalesi organizzarono a Brick Lane una delle più grandi manifestazioni asiatiche registratasi in Inghilterra. Nel 1979, dopo l’uccisione a Southall di un attivista dell’Anti-Nazi League, venne organizzata una manifestazione di 15.000 persone che impressionò fortemente l’opinione pubblica e i mass-media.

Tutto ciò fece crescere il movimento, e una delle conseguenze fu l’arretramento del National Front, che nelle elezioni del 1979 ricevette una pesante sconfitta. Raggiunto l’obiettivo immediato, il Rock Against Racism iniziò a lavorare anche su altre questioni quali il diritto al lavoro, la difesa dei diritti sociali e l’opposizione alla linea liberista thatcheriana che colpiva soprattutto i giovani, la working class e gli immigrati. L’ultimo concerto promosso dal Rock Against Racism si tenne a Leeds, nel 1981, davanti a 30.000 persone.

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Last modified: 20 Ottobre 2020