Jeromes Dream – The Gray In Between

Written by Recensioni

Il quarto album della band di San Francisco è un disco intenso, irregolare e che infrange gli attimi di armonia con una furia sregolata.
[ 05.05.2023 | noise rock, screamo | Iodine Recordings ]

“Certe reunion non dovrebbero mai accadere”. Quante volte ci siamo ritrovati a sospirare una frase del genere quando delle band si riuniscono dopo tanti, troppi anni?
Da sempre il ritorno sulle scene porta con sé pro e contro. Da una parte c’è una voglia di retromania incessante attorno ad auree mitologiche di dischi e artisti. Dall’altra esiste una presa di coscienza che gli anni passano e certe cose dovrebbero rimanere ancorate a dei ricordi indelebili cristallizzati nel tempo.

In questo dualismo rientrano a pieno titolo i Jeromes Dream e, prima di recensire The Gray In Between, va assolutamente aperta una digressione storica per capire la band del Connecticut. I nostri protagonisti nascono nel 1997 come un terzetto di amici adolescenti, nel garage della madre del chitarrista Nick Antonopoulos. Con lui ci sono il cantante Jeff Smith e il batterista Erik Ratensperger: sono affiatati, poco da dire.
Jam session dopo jam session, demo dopo demo, rientrano nella wave underground di post hardcore e screamo che sommergerà il sottobosco punk DIY a cavallo tra fine ’90 e primi 2000. Una scena fatta di concerti in salotto e caos emotivo straripante detonato con un’intensità terrificante e di cui i Jeromes Dream, con il debutto del 2000 Seeing Means More Than Safety, si fanno portavoce.

Una scena americana che in quegli anni è florida come non mai. Da New York arrivano i Saetia, dal Massachusetts gli Orchid, dalla California i Funeral Diner, mentre dalla Virginia emergono i pg.99 e i City of Caterpillar.
In Europa stavano iniziando a germogliare La Quiete e Raein, in Francia i Daïtro e i Baton Rouge, in Svezia i Suis La Lune. Tutti con una sensibilità e una fragilità melodica dannatamente europea. E – badate bene – ho citato solo alcuni nomi di quel che era un’ondata fuori controllo.

***

Una volta capito il contesto, arriviamo alla pratica. Lo screamo, nella sua forma più scheletrica, è doloroso, lancinante… fugace: quasi come gli anni in cui queste band calcano i palchi. I Jeromes Dream infatti si scioglieranno nel 2001 dopo aver pubblicato Presents, che aveva diviso gli animi. Jeff Smith aveva abbandonato le urla scorticanti – nei live stava di spalle al pubblico e non usava neanche il microfono – per uno shouting fatto di clean vocal.

Nell’agosto 2001 inizia un lungo break-up di 17 anni che terminerà solo nel 2018, quando Ratensperger inizia a popolare i social media con vaghi indizi di reunion. Evento che si avvera e che, grazie ad un crowdfunding, permette alla band in formazione originale di uscire con LP nel 2019. E qui il giudizio può tornare all’inizio di questa recensione: lo stile è ancora quello di Presents, ed è fondamentalmente un disco per rimettersi sulla mappa. Per dire: “siamo tornati”, ed è qui allora che facciamo un rapido flash-forward al 2023 e a questo The Gray In Between.

Quattro anni dopo il ritorno, i Jeromes Dream sfornano un disco intenso, irregolare e che infrange gli attimi di armonia con una furia sregolata. Nelle sfumature opprimenti di The Gray In Between va sottolineato l’innesto in lineup di Sean Leary, a sostituire il co-fondatore Nick Antonopoulos.
E Sean Leary, per chi conosce la scena californiana e non, è un’istituzione. Fondatore dei Loma Prieta e membro di infiniti side project (Elle, Beau Navire, Stormlight), con la sua chitarra ha portato ritmiche taglienti e riff che in un batter di ciglia sanno deflagrare in cacofonie noise così come in fraseggi melodici malinconici ed irrequieti.
Da Conversations: In Time, On Mute ai quattro minuti di Pines on the Hill (with Guests) uno dei migliori episodi del disco per chi scrive – siamo sepolti da chiaroscuri screamo amplificati dalle corde vocali esasperate di Jeff Smith (che torna ad urlare, sì).

***

Sebbene le dieci tracce possano rendere l’album compattissimo, in realtà troviamo una buona varietà di soluzioni. Gli stop’n’go vertiginosi e i blast beat senza freni di On Holiday With Infinity sono la sintesi estrema di quel che i Jeromes Dream rigurgitano, aiutati dalla produzione affilatissima di Jack Shirley (un altro guru della Bay Area, citofonare Deafheaven).

I brani bruciano rapidamente come una candela infuocata. C’è una disperazione claustrofobica che guida tutte le composizioni, quasi raggelanti per nichilismo, anche se qua e là qualche apertura ariosa si intravede. Così, quando la conclusiva The Last Water Pearl ci trascina nel suo mid-tempo che evapora in un outro nostalgico, si ha la sensazione di avere attraversato un turbine di emozioni dissonanti.

The Gray In Between non ha ovviamente la forza motrice dei primi 2000 e non punta nemmeno a diventare una nuova pietra miliare del genere. Fotografa però lo screamo e il post-hardcore in uno stato di forma che sa ancora ribollire con il senso d’urgenza d’altri tempi.
E ad oggi, per i Jeromes Dream, questa è una catarsi necessaria per ritornare protagonisti.

LINK

Sito web
Bandcamp
Instagram
Facebook

SEGUICI

Web • Facebook • Instagram • Twitter • Spotify

Last modified: 31 Maggio 2023