Neutral Milk Hotel, vent’anni di “In the Aeroplane Over the Sea”

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(1998, Merge Records)

Ci sono dischi che apprezzi per la cura nella produzione, per la capacità d’esecuzione, per la coerenza lirica e stilistica. Poi ci sono dischi che ti prendono alla gola e – per motivi che vanno al di là di una presunta oggettività artistica – ti perseguitano a lungo senza spiegarti perché. In the Aeroplane Over the Sea potrebbe essere entrambi, ma è la potenza irrazionale del racconto, del simbolismo, dell’urgenza che lo rende, ormai da vent’anni, immortale.
Il culto di In the Aeroplane Over the Sea porta con sé un alone di misticismo, di incomprensibilità, di irrazionalità; parte del fascino dell’album sta proprio qui: per quanto ci proviamo non riusciremo mai a capirlo completamente, mai ad interpretarne tutti gli strati di simbolismo strappandoli delicatamente uno alla volta. Oppure no, forse no: lo capiamo, ma ad un livello più istintivo, viscerale, come capiamo quel Caravaggio davanti a cui abbiamo appena pianto e sarebbe facile elencarne le qualità artistiche, ma non sono quelle che ti hanno fatto piangere. In the Aeroplane Over the Sea, come le più grandi opere artistiche, rimane a tratti oscuro ma è proprio quell’oscurità che entra in simbiosi con l’oscurità dell’animo umano.

Il secondo album dei Neutral Milk Hotel nasce quando Jeff Mangum, dopo la pubblicazione di On Avery Island, scopre il “Diario di Anne Frank”, libro che darà forma al concept di In the Aeroplane Over the Sea: Anne è collante per una storia che declina la figura della ragazzina sotto diverse forme, ma è riduttivo definirlo un album su Anne Frank. Piuttosto, Anne diventa un espediente narrativo per approfondire un insieme di temi che il simbolismo della storia di Anne nasconde o offusca, e non sono mai ben chiari i passaggi tra la Anne persona e la Anne simbolo – simbolo di innocenza, di fantasma, del primo amore di un protagonista che forse è un giovane Mangum ma forse è uno dei personaggi nel Diario, e forse Anne non è mai esattamente Anne ma una Anne che gli è comparsa in sogno e che è poi diventata un puzzle delle mille altre ragazze il cui volto è rimasto indelebile nella bellissima “In the Aeroplane Over the Sea”. Il tema dell’amore è adolescenziale ma complesso, perché a tratti platonico (la title-track), dai toni esplicitamente sessuali (“Communist Daughter”), ma molto spesso spirituale: l’unione tra gli amanti non è solo fisica (e molti sono i riferimenti ‘tattili’) ma diventa una simbiosi mistica – place your body here, let your skin begin to blend itself with mine (“Oh Comely”) – che termina in un eventuale distacco (“Two-Headed Boy Part 2”).

In the Aeroplane Over the Sea è un album che incapsula un vasto spettro emozionale, un’urgenza – definizione centrale – che traspare dal punto di vista strumentale e vocale: la band, nonostante la distanza fisica, non è avulsa dal movimento Indie Rock e Lo-Fi del periodo né da certe influenze Psych, ma il concept dell’album spinge la formazione a pescare non solo dal Folk e dall’Americana, ma anche dalla musica tradizionale dell’Europa dell’Est e del Nord, integrando fiati, ottoni, fisarmonica, cornamusa e la sega musicale che donerà alla title-track un’impronta onirica. Qui i Neutral Milk Hotel fanno quel che molte band degli anni 2000 – con risultati diversi – hanno cercato poi di ricalcare: Beirut, Arcade Fire, The Decemberists, Bright Eyes. Nei primi Arcade Fire si può quasi ritrovare quell’urgenza vocale di Mangum, la ruvidezza di un messaggio che va consegnato – urlato – a rischio che ti si spezzi la voce, e la cui urgenza non può che essere affiancata da un suono ricercato, ma che rimane Lo-Fi, assordante. “Two-Headed Boy” è tra i pochi esempi nel disco in cui la grandiosità non è nei fiati o nella sperimentazione, ma nell’uso della voce come messaggio di una disperazione viscerale, il cui simbolismo ci rimane oscuro nonostante quel verso ci perseguiti: and in the dark we will take off our clothes / and they’ll be placing fingers through the notches in your spine; un verso che per anni avevo capito male – pensavo che il they fosse un I – ma la cui indecifrabilità non fa che aggiungere alla sua potenza.

Alla fine di “Two-Headed Boy Part 2” si sente Jeff Mangum che si alza, posa la chitarra e se ne va. Non molto tempo dopo i Neutral Milk Hotel abbandonano le scene in modo simile. Nel frattempo il mondo del Rock stava per tornare più pulito e più alfa, e il culto per la band è cresciuto in maniera lenta ma esponenziale, come spesso succede con le band che si sciolgono. Per molti In the Aeroplane Over the Sea è un album sopravvalutato, e probabilmente se di un disco apprezzate la pulizia del suono o la complessità delle composizioni o anche solo delle voci intonante allora avete ragione; ma non tutta l’arte funziona così, e molta di quella arte di cui diremmo che ‘avrei potuto farla io’ non l’abbiamo fatta noi, e molte delle cose che ci fanno emozionare non sono perfette, e molte delle persone che amiamo non sono simmetriche. Arte è saper raccontare una storia che diventa tante storie quante sono le persone che l’ascoltano: In the Aeroplane Over the Sea è un disco dall’immaginario così vivido che la storia di Anne e di Jeff e di tutti i personaggi diventa immortale, sospesa nell’astratto, e per questo difficilmente condivisibile; ma dall’altro lato è anche un disco la cui indecifrabilità ci affascina in modo irrazionale e la cui malinconia adolescenziale riesce a diventare la nostra malinconia, raccontando anche la nostra storia.

Last modified: 15 Marzo 2019