Gibonni – 20th Century Man

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Ha una bella faccia, questo Gibonni (al secolo Zlatan Stipisic), una faccia non più giovanissima ma sbarazzina, accattivante, che te lo rende subito simpatico. E il suo ultimo disco, 20th Century Man, il primo sul mercato internazionale dopo una carriera ultra-ventennale che lo ha visto ascendere alla fama prima in Croazia e poi un po’ in tutto il territorio dell’Ex-Jugoslavia, è fatto esattamente allo stesso modo. Una faccia simpatica, sorridente, con qualche ruga qua e là che però forse non è neanche un male, forse è meglio così.

Come spesso rischiano i dischi di artisti non anglofoni che cercano di buttarsi nel vasto mare del Rock’n’Roll internazionale, si ha a tratti l’impressione che 20th Century Man abbia un sapore un po’ retrò, un po’ “ritardatario”. Ma altri episodi più felici ci mostrano un Gibonni viscerale, con un impronta quasi Soul (non tanto come approccio di genere: un uomo pronto a mostrarsi nudo, a cantare col cuore, con l’anima, per l’appunto). Penso a pezzi come l’opener “Hey Crow”, o l’intensa “My Cloud”, dove il Rock più lineare si batte con influssi Southern e inclinazioni Folk con risultati parecchio apprezzabili. Gibonni perde un po’ la strada quando cerca la consacrazione Pop, costruendo un Rock vecchiotto fatto di fiati e effetti vocali (come nella title track – e forse non è un caso che il disco si riferisca ad un uomo del Ventesimo Secolo – o nella conclusiva “Ain’t Bad Enough For Rock’n’Roll”, dal sound Aerosmith), ma appena dopo recupera facendoci percepire l’intensità delle sue emozioni (“My Brother Cain”), anche se macchiate qua e là da eccessi di retorica (“Kids in Uniform” con il coro di bambini…).

20th Century Man pare proprio essere un disco onesto e sincero, con una produzione eccellente (Andy Wright), leggermente dislocato temporalmente, per l’appunto, nel Ventesimo Secolo. Può non essere un male: si legge tra le righe la passione di Gibonni per quel tipo di sound, e anche solo questo basterebbe forse a riscattare il deja vù di certe scelte. Se quest’aria di nostalgia, questo vento di Rock anni ’80, non vi disturba, Gibonni è un compagno credibile per una passeggiata sospesa tra i Grandi del Rock e gli stadi stracolmi che lo accompagnano nei tour nella sua terra natia (e a questo punto non fatico per nulla a capirne il motivo).

Last modified: 13 Settembre 2013

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