5 grandi album che questo mese compiono 20 anni

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Come stanno invecchiando i dischi usciti a maggio di vent’anni fa?

Visto che a maggio mi toccherà spegnere 40 candeline, ho deciso proprio a maggio di fare gli auguri IO a qualcuno, così non finisco a pensarci troppo. Dopo aver affrontato il traguardo dei dieci anni, facciamo un altro grande passo indietro e andiamo al 2000.

Se un decennio vi sembra enorme, immaginate cosa possa essere il doppio e soprattutto provate a ricordarvi quel capodanno in cui festeggiavate il nuovo millennio. Era vent’anni fa. Se un decennio è un periodo abbastanza lungo per rispondere alla domanda “quanto questo disco reggerà il peso dello scorrere degli anni?” un ventennio non potrà mentire: e allora proviamoci.

CALEXICO – HOT RAIL

[ 08.05.2000 | Quarterstick | americana ]

La band icona del folk country del sud USA, quello in grado di miscelarsi ai suoni del vicino Messico e di evocare scenari desertici, puzza di tacos, tequila e allucinazioni da peyote non è mai riuscita ad attecchire col gigantesco pubblico come avrebbe meritato. Colpa anche di una produzione fin troppo bulimica, in cui ottimi album come The Black Light si sono alternati a cadute di stile evitabili. Il lavoro dello scorso anno con Iron & Wine non ha risolto il problema; niente clamore della critica, niente pubblico in enorme crescita. I Calexico restano una grande band che avrebbe potuto fare molto di più; questo disco avrebbe tutte le carte in regola per fare storia, probabilmente è uno di quei dischi con il quale si dovrebbe sempre fare i conti quando si parla di americana eppure è spesso dimenticato.

GRANDADDY – THE SOPHTWARE SLUMP

[ 16.05.2000 | V2 Records | indie pop ]

L’esempio perfetto di disco immortale: il capolavoro dei Grandaddy è un tripudio di melodie pop, voce da farci accapponare la pelle, psichedelia ora tanto di moda, elettronica utilizzata sapientemente e space rock altro che Subsonica (scherzo, dai). È così tante cose che il tempo non gli ha messo neanche un pelo bianco; così tante cose che ascoltarlo ora non mi porta a vent’anni fa ma mi riempie di emozioni, qui e ora. Immortale! L’ho già detto?

PORCUPINE TREE – LIGHTBULB SUN

[ 22.05.2000 | Kscope | progressive pop rock ]

Storia strana, quella della band inglese: in vent’anni di onorata carriera quasi zero veri passi falsi, una marea di dischi da top ten qualsiasi cosa, grande apprezzamento di critica, una notevole fanbase, eppure sempre poco presenti nell’immaginario collettivo da ascoltatore medio. Difficile trovare delle motivazioni, e l’unica cosa cui potremmo attaccarci è quel sound un po’ prog un po’ pop rock che suona troppo legato agli anni 90 (quando non anche più datato, nello stile vocale e in certi assoloni). Lightbulb Sun è un disco del 2000 che suonava anni 90 allora e che continua a suonare anni 90 oggi e così sarà domani. Un disco da “hall of fame” ma che non ha la capacità di reggere l’attualità; nella sua grandezza, sta anche il suo destino di capolavoro legato a un preciso periodo, fortunatamente per poco dentro il tempo massimo.

EMINEM – THE MARSHALL MATHERS LP

[ 23.05.2000 | Interscope / Aftermath Entertainment | rap ]

Ammetto di aver avuto un debole per Eminem fin da giovanissimo; questo disco arrivò subito dopo il forse più noto The Slim Shady LP eppure è con questo che il rapper entrerà nella storia, ed emblematico è il brano Stan che vede il featuring di Dido. Non è disco che regge semplicemente bene il peso del tempo: questa è una pietra miliare da usare come metro di paragone per tutto il rap bianco e nero che verrà.

BRIGHT EYES – FEVERS AND MIRRORS

[ 30.05.2000 | Saddle Creek / Wichita | indie folk ]

Adoro quest’uomo: Conor Oberst e i suoi Bright Eyes hanno da proporre tutto quello che amo. Una voce dalla timbrica inconfondibile deliziosamente imperfetta, commistione di folk e cantautorato, brani energici e altri da lacrime. È uno di quelli che metto nell’Olimpo dei più grandi; considerando che il cantautorato non segue mode del momento anche questo disco, come nel caso dei Calexico, ha qualcosa che lo mette in crisi rispetto al tempo che passa, perdendo il confronto col successivo I’m Wide Awake, It’s Morning. Fevers and Mirrors è uno spettacolo nel suo insieme, senza specifiche canzoni che spicchino sulle altre. Anche per questo fa più fatica ma non è un certo disco che si fa schiacciare dal tempo.

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Last modified: 1 Luglio 2020