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Artefacendo Rock Festival: la musica dal vivo, la musica che vive! (con intervista ad Erica Mou)

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Sabato 22 Giugno 2013 @ San Giovanni Rotondo

Da queste parti, si sa, il Rock’n’Roll è roba per pochi; per questo  nessuno si è preoccupato più di tanto se la piazza non era gremita di gente. All’Artefacendo Rock Festival, chi ci doveva essere, c’era. Il contest, rivolto ai musicisti emergenti, organizzato e ideato dai Laboratori Urbani Artefacendo di San Giovanni Rotondo, è arrivato alla sua III edizione e ancora una volta ha dato la possibilità ai partecipanti di  poter vincere una borsa di studio a seguito di un’esibizione live.

A esibirsi sul palco, con un pezzo inedito ed una cover, sette band del territorio garganico e non. Ad accendere la musica ci hanno pensato  gli  Stereofab di Manfredonia, seguiti a ruota dai Red Dust di San Giovanni Rotondo, i Paper Walls di Mafredonia, i Blastorm di Manfredonia, i Johnny Freak di Cassino, i Figli di Bacco di San Giovanni Rotondo ed infine gli Psilocibe di Troia. Dopo le varie esibizioni è stato bello poter constatare che la maggior parte dei gruppi era ad un livello abbastanza buono per tecnica, capacità compositive, presenza scenica e comunicazione al pubblico, tanto che per l’assegnazione del premio è stato necessario valutare un’ulteriore esibizione dei due gruppi più votati dalla giuria.

Ed è così che Psilocibe e Red Dust sono scesi nuovamente in campo per contendersi la vittoria assegnata, infine, ai Red Dust.  Giovanissimi,  hanno sicuramente ancora molto da imparare, ma di certo non necessitano di lezioni di grinta e coraggio; il loro pezzo inedito e la loro cover di  “Time” dei Pink Floyd sono arrivati dritti sul pubblico come una valanga, sommergendolo di emozioni. Il premio della critica Rockambula è stato assegnato invece ai Jhonny Freak che, nonostante qualche problema tecnico con le chitarre, sono riusciti ad incantare il pubblico sia con il loro pezzo inedito (rigorosamente in italiano), sia con la stupenda interpretazione de “La Donna Cannone” di De Gregori.

Guest Star della serata: Erica Mou, che ha presentato il suo ultimo disco Contro le Onde, uscito lo scorso 28 maggio, eseguendo i brani “Mettiti la Maschera” e “Mentre mi Baci (Scena Madre)”, insieme a “Nella vasca da Bagno Del Tempo” (brano che l’ha portata a vincere il Premio della Critica Mia Martini a Sanremo 2012 nella categoria Sanremosocial) e “Oltre”, pezzo scritto alla sola età di 16 anni, suonato in occasione di diversi contest a cui la cantautrice ha partecipato, e con il quale ha augurato il suo personalissimo in bocca al lupo a tutti i musicisti presenti. Alle volte si dimentica che anche un artista ormai conosciuto al pubblico e con una carriera ben avviata ha dovuto fare anni ed anni di gavetta e cominciare da zero, proprio come tutti i grandi hanno fatto.

Chitarre in spalla, furgoni stracolmi di strumenti, chilometri su chilometri da percorrere, il tutto per giocarsi un’altra possibilità, per creare una nuova connessione col pubblico, per trasmettere a tanti l’emozione di uno, per generare un suono, per tirar fuori la voce, per improvvisare un assolo, per catturare anche per un attimo l’attenzione e generare all’interno di chi ascolta un piccolo grande wow! E’ così che forse succede quando la musica centra il bersaglio, e nessun ascolto “digitale” potrà mai generare questo tipo di emozioni ed improvvisazioni che può provocare solo un evento live. Per  un musicista emergente tale tipo di esibizioni è indispensabile, come lo è per il pubblico che ascolta, che ha la possibilità di apprezzare a 360° le doti di un artista dimenticando per una volta quel maledetto filtro con la realtà che è lo schermo, di un  pc, di un televisore o di qualsiasi altra diavoleria elettronica.

Iniziative come quella dell’Artefacendo Rock Festival, ed in genere di tutti i contest musicali di musica dal vivo, dovrebbero essere preservate e moltiplicate. Ognuno di noi dovrebbe dire grazie a chi, tra mille e più difficoltà, si impegna a diffondere e preservare quel bene raro che è la musica live, emergente e non, il più delle volte senza un preciso ritorno economico ma semplicemente in nome della propria passione per la musica, in nome del Rock’n’Roll.

Artefacendo Rock Festival, quattro chiacchiere con Erica Mou, sogni e progetti sparsi qua e là, sorrisi ovunque, qualche domanda sul suo presente e sul suo passato, una serie di belle risposte.  

Grazie, Mou!

Ciao Erica, in questo periodo sei impegnata con la promozione del tuo ultimo album “Contro le Onde” uscito lo scorso 28 maggio. Cosa sono per te le onde contro le quali bisogna andare? Cosa rappresentano?
Le onde sono prima di tutto quelle fisiche, quelle del mare. In tutto il disco parlo tantissimo dell’acqua e del mare visto sia come compagno di viaggio che come ostacolo da superare, come elemento rassicurante ma anche come pericolo.
Però le onde contro cui sono voluta andare in questo album sono anche più in generale le avversità della vita, tutto ciò che ti impedisce di viaggiare ma soprattutto tutti gli ostacoli che ci costruiamo da soli, che sono nella nostra testa.
Contro le onde è per me un inno a liberarsi, a rischiare.

Quali sono le maggiori novità di questo disco? (Ho letto di una collaborazione con Boosta dei Subsonica).
Sicuramente la produzione artistica di Boosta è una grande novità! Con Davide abbiamo davvero lavorato a quattro mani su queste canzoni, ne abbiamo anche scritte un paio insieme (“Il ritmo” e “Non dormo mai”) e anche scrivere con un altro artista rappresenta per me una novità. Le sonorità sono un po’ più elettroniche, senza rinunciare però ad un approccio molto suonato, molto “live”. Inoltre è la prima volta che do dichiaratamente un senso comune ad un album, c’è un unico concept che si sviluppa attraverso le canzoni.
E poi grazie a Davide sono riuscita a tirar fuori la parte più ironica di me senza perdere quella intimista, sono riuscita a scrivere e cantare con una libertà che finora non avevo mai avuto in uno studio di registrazione.

Oggi siamo ad un Rock Festival dedicato allamusica emergente, torniamo al tuo di esordio. Ne hai ripercorso le tappe sul palco del Roxy Bar di Red Ronnie il 15 giugno (il racconto, tra l’altro, è stato davvero bello ed emozionante). Hai definito la tua partecipazione al contest che ha “scatenato una serie di cose stupende”, “una serie di fortuite e fortunatissime coincidenze”. Credi davvero sia solo questo? Dicci la verità, quanta energia e quanto impegno ci hai messo per arrivare fin qui?
Io mi impegno da quando avevo cinque anni, dalla mia prima lezione di canto. La musica è un percorso infinito di studi, di ascolti, di incontri, di pensieri. Le coincidenze sono quegli avvenimenti magici che ti portano in un luogo al momento giusto, per me è stato davvero un caso iscrivermi a quel contest. Ma poi ovviamente… la performance sul palco non si fa con la fortuna, ma col portare il pubblico per un attimo a guardare dall’interno il punto in cui ti trovi in quel percorso infinito, tecnicamente ed emotivamente.

Il Rock Festival di oggi è organizzato dai Laboratori Urbani Artefacendo di San Giovanni Rotondo, uno dei 151 laboratori urbani la cui nascita è stata finanziata dalla Regione Puglia all’interno del programma Bollenti Spiriti, il programma della Regione Puglia per le Politiche Giovanili. Quanto hanno influito le politiche della Regione Puglia rivolte alla musica per il tuo esordio e per la tua carriera di musicista?
Per me sono state fondamentali sia a livello promozionale (per esempio un mio brano era inserito in una compilation allegata al mensile XL) che economico (grazie ai bandi di Puglia Sounds abbiamo avuto un sostegno per la Prima del mio precedente tour e per la realizzazione del mio ultimo videoclip “Mettiti la maschera”). Inoltre essere pugliese mi ha agevolato nel suonare all’estero ma, più di ogni altra cosa, grazie alle istituzioni della nostra regione ti senti parte di un sistema, senti di produrre qualcosa di concreto, qualcosa che fa parte nel suo piccolo di una economia. Ed oltre ad essere un musicista diventi anche una persona che fa il musicista.

Quale consiglio daresti oggi ad un artista, ad una band emergente?
Consiglierei di suonare ovunque, sempre, tanto. Di essere in movimento, di divertirsi, di studiare e di ascoltare. Alla fine dell’Artefacendo Rock Festival una giovanissima band mi si è avvicinata e mi ha detto: “noi ci siamo formati da pochissimo, come si fa ad avere un contatto con una casa discografica?”. Ecco, consiglierei soprattutto di ragionare sui propri obiettivi, di essere autocritici e non farsi mai domande come questa.

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Artefacendo Rock Festival

Written by Senza categoria

Ci sarà anche Rockambula alla terza edizione di Artefacendo Rock Festival. Il contest che si terrà Sabato 22 giugno, ore 21.00, San Giovanni Rotondo in Piazza Europa, prevede la partecipazione di sette band: saliranno sul palco Figli di Bacco, Speranze Perdute e Red Dust di San Giovanni Rotondo, Paper Walls e Stereofab di Manfredonia, Psilocibe di Troia, Johnny Freak di Cassino, nostra vecchia conoscenza.

La giuria sarà composta da Marco Di Sabato, Pasquale Arena, Maria Petracca, che rappresenterà proprio la nostra webzine; Michele Bisceglia e Donato Perrone.

Per tutti i dettagli, visitate il sito Artefacendo

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Stereofab – Demo

Written by Recensioni

L’avvento e l’innovazione di internet potrebbe essere un arma a doppio taglio per le band emergenti.Infatti c’è la possibilità, attraverso la miriade di social network esistenti, di avere molta più visibilità rispetto agli anni passati, in più la facilità dei free download permette l’ascolto immediato ad ogni angolo del globo, senza l’interferenza del denaro. Ma quello che non è mai cambiato è il valore del Live. Il gradino più difficile da salire, quello per il quale si fanno mille sacrifici e si spendono mille ore di studio e di prove. Quell’esperienza che ti da tutto o niente. Quell’ora che fa esistere il gruppo,al cospetto del pubblico. Ma l’esistenza è determinata anche e soprattutto dall’ascolto (scopo principale di tutto il lavoro) di un album, di un ep o di una prima demo. Infatti questa infinita ricerca ci porta alla conoscenza di un giovane gruppo foggiano, gli Stereofab. Progetto nato nel 2011, che vede Roberto Consiglio alla chitarra e alla voce, Stelvio Longo al basso e Fabrizia Fassarialla batteria, nel 2012 sostituita da Davide Tappi.
Con una ventina di concerti all’attivo, in Puglia, nel 2012 esce la loro prima demo The Master Game. Quattro brani, per un totale di 11 minuti e 40 secondi.Tutto si apre con The box, che a mio parere, rimane il brano più interessante di tutto il lavoro, nel quale se vogliamo cercare quel quid in più, lo possiamo anche trovare. Testo essenziale, talvolta ripetuto (come la frase I can’trememberyourname), che senza rendersene conto rimane imprigionato nella testa, assieme alla sua melodia fortemente orecchiabile. Il che non è  negativo, anzi, quello è l’elemento che sembrerebbe il più importante per essere ricordati, anche se il ricordo è difficilissimo da ottenere. Consiglio: i brani più orecchiabili sarebbe più sensato non metterli all’inizio di un album(o, in questo caso, di una demo),proprio per tenere alto l’interesse.
Demo che procede in maniera similare nei restanti tre brani I hopeyoulikeit, Berline Today in a way, costruiti nella stessa maniera: intro di qualche secondo, testo essenziale, piccolo solo di chitarra, cantato e fine. Il tutto condito di un genere pop-rock, che non esalta, assieme al cantato lineare, privo di un colore riconoscibile, da smussare in alcuni punti lasciati striduli e che non dice niente, nemmeno nei testi. Testi cantati tutti in inglese e su questo si potrebbe fare un trattato. Cantare in inglese magari rendere più figo, ok. Ma l’inglese potrebbe anche rendere più anonimo l’anonimato più esagerato, soprattutto se accostato a delle parole che decantano i sentimenti e la soggettività, che potrebbero significare tutto per il gruppo e niente per chi ascolta. Sarebbe come scrivere un libro ma senza una vera idea di fondo. Quindi il succo del discorso è di studiare a tavolino ogni piccolo particolare, di fare più esperienze possibili, di scrivere tutto, magari anche in italiano, e soprattuttodi rendere ai testi dei protagonisti, delle storie chiare e dei mondi da esplorare, interessanti, soggettivi sì, ma anche universali. Perché in fondo la musica è questo: sentimento, ma anche ricerca meticolosa.
Per quanto riguarda la struttura dei brani bisognerebbe aprire la mente ed allontanarsi dall’idea che protagonista deve essere sempre, e per forza, la chitarra. Ogni strumento ha vita a se, quindi perché non esplorarli, lasciandogli un po’ di spazio e non farli dialogare tra loro, creando armonizzazioni più interessanti e magari allungando anche le parti strumentali? Certo fare questo è più difficile, ci vorrebbe più tempo, ma sarebbe anche l’elemento più importante per un netto salto di qualità.La predisposizione c’è e anche l’orecchiabilità,sul resto: tempo al tempo e ci risentiamo!

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