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La Band della Settimana: March Division

Written by Novità

Post Meridian Soul giunge al pubblico anticipato da due ep usciti nel 2014 (Post Meridian Soul EP e Metropolitan Fragments) ma soprattutto dopo l‘ottimo riscontro di critica del lavoro precedente e un‘intensa attività live culminata con la doppia apertura, rispettivamente a Neil Young nel 2013 e a Paolo Nutini nel 2014, per il festival Rock in Roma. Post Meridian Soul, in questo senso, è l‘ideale continuazione dell‘esordio del 2012 Radio Daydream, il secondo passo di un percorso che è servito per mettere a fuoco quella miscela di brit-rock ed elettronica da dancefloor che tutt‘oggi caratterizza il sound del quartetto. Pop-rock britannico anni ‘90 con un occhio puntato verso quelle formazioni che hanno portato il rock nel dancefloor e viceversa: chitarre, basso e batteria da una parte e synth, loop, programmazioni dall‘altra danno vita a canzoni mesmeriche e potenti che dal vivo esplodono e conquistano come lo dimostra il video di “One Of Ten” girato nel corso del prolifico tour partito lo scorso Ottobre e che non accenna a fermarsi!

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March Division: ecco il video di “Dig It” estratto da Post Meridian Soul.

Written by Senza categoria

“Dig It” è il primo singolo estratto da Post Meridian Soul, il nuovo lavoro dei March Division. La band milanese è arrivata al secondo disco dopo l‘esordio del 2012 con Radio Daydream, primo passo di un percorso che è servito per mettere a fuoco quella miscela di Brit-Rock ed Elettronica da dancefloor che tutt‘oggi caratterizza il sound del quartetto. Il disco giunge al pubblico anticipato da due ep usciti nel 2014 (Post Meridian Soul EP e Metropolitan Fragments) ma soprattutto dopo l‘ottimo riscontro di critica del lavoro precedente e un‘intensa attività live culminata con la doppia apertura, rispettivamente a Neil Young nel 2013 e a Paolo Nutini nel 2014, per il festival Rock in Roma. Post Meridian Soul, in questo senso, è l‘ideale continuazione del primo disco, ma con una particolare attenzione volta ad ottenere un suono il più possibile suburbano, quale lente ideale per fotografare al meglio l‘impasse senza un futuro certo che caratterizza le giovani generazioni contemporanee.

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March Division – Metropolitan Fragments

Written by Recensioni

Tempi moderni. Suoni giusti al posto giusto, e soprattutto al momento giusto. Frenesia, elettronica soffusa tra chitarre ben pesate e liriche molto ritmate, ad intonare un ballo costante e ben scandito da secchi bpm.  I March Division vengono da Milano e pare nascano più come band di produttori che di musicisti live. Metropolitan Fragments è il loro nuovissimo lavoro dove i ragazzi non hanno di certo mezze misure. Il loro approccio è nettamente schierato e si sente: arrangiamenti magistrali, sound british che prende traccia dalle ultime orme sbiadite di Blur e Oasis per arrivare allo splendore odierno dei viaggi danzerecci dei Kasabian. La opener “Friday Will Come” non lascia molto spazio all’immaginazione e non dista molto dalle sonortità tanto amate da Pizzorno e Meighan. L’intermezzo di chitarra acustica e beat scarno colora un pezzo che già al primo ascolto ha il sapore del singolone. Per fortuna, nonostante la maniacale attenzione alla produzione non si perde il morso Rock’n’Roll. La dimostrazione ce l’abbiamo già con “Lonesome Prisoner” e “Black Noon”, così terribilmente graffianti e vicine alle composizioni dei fratelli Gallagher. Tutto è dosato in modo perfetto, tutto si mischia con matematica creatività. Le distanze sia allungano e si accorciano in continuazione nei sette brani. La danza etilica segue senza fiatare i colpi di rullante della lenta e cadenzata “Hangover Morning”.

La sensazione di ubriachezza e il presunto mal di testa passano piano piano con la spensierata “Out of Sight”, un toccasana, un’Aspirina frizzante bevuta di un sorso, un gioiello Brit Pop d’altri tempi. I suoni spaziano e ogni pezzo ha il suo sporco perchè, ogni brano potrebbe finire su qualsiasi radio mainstream, in ogni frammento si trovano tensioni e melodie. E nonostante i forti accenni e influenze, mai viene a perdersi la freschezza e il gusto di novità. Persino gli accenni Hard Rock di “Star Guitar” mandano su un altro pianeta, con un siluro sparato a velocità supersonica verso le stelle, dove troviamo un Dio che è più metropolitano che mai. “Urban God” è elettronica calda, che brucia le vene, si muove sinuosa tra le macerie e ci soffia in faccia il suo vento artificiale. Vento che per quanto possa sembrare fasullo, riesce benissimo a prenderci a schiaffi.

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