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Maudit – NA

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Breve ma intenso, poche idee ma molto chiare. Questo sono i Maudit, giovanissima band milanese che alla prima avventura discografica non rischia molto, ma tira fuori un suono compatto, deciso e moderno. E non nasconde certo l’amore per il Rock sano. La sicurezza arriva già dai prestigiosi Massive Arts Studios, dove il quartetto registra questi sette brani che a dire il vero sanno molto di Ministri, ma per non rimanere soltanto nelle nostre piccole terre citerei anche anche Foo Fighters, Rise Against e tutto il buono che il Rock moderno e americanaccio può offrirci. Certo la somiglianza nella timbrica tra Davide Autelitano dei Ministri e questo Davide (Carrone per la precisione) sono spudorate, ma per fortuna il ragazzo denota carisma e grinta. La vicinanza passa in secondo piano, soprattutto quando riesce a domare la lirica schizofrenica di “Colpevole”. Il suono e le parole però rimangono quello che ti aspetti già dalle prime battute di “Tempi Migliori”, riff insistito come nella migliore tradizione del Punk patinato. “Tutti schiavi dei notiziari, tutti in coda ad aspettare tempi migliori”, la differenza per fortuna qui la fa la qualità degli arrangiamenti e melodie che seppure facili e un po’ ripetitive funzionano alla grande.
Anche una bella botta basso/batteria non si fa mai desiderare, insieme a lei chitarroni panciuti accompagnano “Schiavo”, una marcia veloce, quasi una fuga, anche se non si capisce bene da cosa. Forse perché questo gruppo non punta al fine ma al mezzo, che in “Alta Tensione” è un bolide che sfreccia a 200 all’ora in mezzo al centro di Milano senza nessuna meta. Ma nonostante tutto troviamo un brano incazzato su una relazione finita, forse il miglior episodio del disco, più sincero e onesto degli altri testi in cui si azzarda il “socialmente utile”. Anche “Juliet” ha il suo sporco perché con parole dirette e malate al punto giusto, con un bel basso distorto che ricorda un po’ i Muse nella cover di “Feeling Good” e finalmente i ragazzi ci regalano anche un (troppo!) breve ma intenso assolino di chitarra. A chiudere il cerchio ci pensa “Cattivo”, non di certo un capolavoro, ma l’ennesimo pezzo deciso con la chitarra affilata a tagliare le orecchie. Peccato che le orecchie alla fine non riescano a sanguinare copiosamente come dovrebbero, il sound rimane troppo preconfezionato e standard e non riesce a far male. Tutto ciò che manca è un po’ di rabbia, di rischio, di inquietudine. Per citare De Gregori mi sentirei di dire che “i ragazzi si faranno”. A differenza di Nino non mi sembra nemmeno che abbiano le spalle tanto strette.

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16 Lovers Lane – Propaganda

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E’ un esordio degno di nota, anche perché è un disco che dimostra di voler continuare a  cercare nuove direttrici per il suo portamento waveing, per le sue scolorite immagini atte a concepire un sistema d’ascolto ovattato, avvolgente e intensamente catarifrangente che ti affoga con sé fin giù sotto le inesorabili assonanze pulsanti del suo accoramento dolciastro.

Il quartetto veronese dei 16 Lovers Lane con Propaganda ci porta a scoprire il loro mondo verticale, dieci tracce di Ambient liquida e cinematica costruite in lussuriosi bagni di esili melodie malate, con le occhiaie e macilente immerse di basse frequenze fino  a raggiungere quella poetica maudit delirante che sa di tundre e guerre interiori, ossessioni e ipnotismi, un piccolo ma denso viaggio imperdibile ai confini delle ombre che a tratti solfeggiano rubini di brina folkly del profondo nord di una straniante Enya nella tripletta  “When I Sleep”, “William III”, “On Your Own”.

La maggior parte del registrato è un austero quanto qualitativo abisso sonoro che segue sincopi e flussi migratori di melodie fredde e incessanti, un gusto siliceo che modula onde e risacche notturne “Bad Poetry” e scuri meandri apneici sopra il bianco e nero dei tasti di un pianoforte “Hell (For Piano)”, mentre con “Stay” si cambia letteralmente registro, un pop sofisticato e classico che, accoppiato alla melodia americanizzata della stupenda ballata “Always Mechanical Clouds”, fanno da cerniera lampo ad un disco d’esordio da legare stretto, molto stretto alle intenzioni dei prossimi “acquisti” per le proprie e privatissime collezioni di chicche sonore.

I 16LL in questa list mostrano tutte le carte di una poetica che sa di incredibile, quasi a dodici pollici, un andamento lieve e continuo che costruisce da solo un intero disco, echi e controvoci, grigi e lune chiare che operano in un labirinto sonico nel quale – e ve lo raccomando di cuore – perdersi dentro sarà gioia e dannazione. Garantito!

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