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Margareth – Flowers

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Sono ormai lontane le sonorità Pop ed acustiche degli esordi di White Line e oggi i Margareth si ripresentano al pubblico dedicandosi maggiormente ad un Rock sempre più etereo ed elettronico, tra i Flaming Lips nei momenti più sperimentali, gli Archive di With Us Until You’re Dead in quelli più incazzati, e i Sigur Ros in quelli più acustici e Indie. Flowers si compone di quattro tracce, la prima, “Help You Out”, si apre con un ticchettio ritmico a mo di “lancetta di orologio” accompagnato da una batteria acustica ripetitiva, un basso-synth importante, una voce calma e accordi in stile Explosions in the Sky e gruppi affini. Lounge e percorsa dal suono di un pianoforte è “Flowers”, una di quelle canzoni che ascolteresti volentieri di notte tornando a casa su un autobus, mentre particolare e ben strutturata è “Asimov”, un canzone che si fa spazio tra momenti di pace prevalentemente acustici e sfoghi distorti e sintetici. Bisogna dare merito a questi ragazzi dell’ottima scelta di cambi di suono e ritmo in questa traccia: si passa da un inizio tipicamente Ambient-Rock che incorpora strane combinazioni di suoni, ad uno stacco con tanto di riproduzione virtuale del classico organo ed una batteria a modi Chillstep (Dubstep in versione Chill per intenderci meglio), ed un finale che ritorna ad essere incazzato. Chiude il tutto “Maze”, una canzone caratterizzata da parole, guitar-noise e strings che ti permettono di andare in un altra dimensione e fluttuare.

I Margareth sono strani ed il loro è un suono dove conta veramente e principalmente il timbro sonoro generale e le atmosfere invece che voce, ritmica e struttura. Ciò che si percepisce è la voglia di trasmettere un’idea non ben definita e soggettiva attraverso la loro musica ed i loro strumenti. Il difetto (se così si può chiamare) è quindi quello di non aver bisogno di un cantante che comunque non disturba ma nemmeno fortifica o aggiunge qualcosa al tutto, diventando dunque superfluo.

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Margareth – Fractals

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Gran bel disco nuvoloso questo “Fractals” dei veneti Margareth, disco che suona spiazzante come un classico dal portamento molto strano, attraversato com’è da esplosioni, staccati di chitarra roventi, infinitesimali saette sinth e l’enorme bellezza d’arcadie softone che si slanciano delicatamente nel lungo e nel largo la tracklist; mix di freschezza, inquietudine e profondità che spiega lo stato di salute ottimo di questa formazione piena di quell’autorevolezza ormai imbattibile che vibra sull’underground nazionale e speriamo presto oltre.

Sensazioni pop, pizzicori i d’Americana, effetti satinati d’Inghilterra indie e particelle dreaming di splendore raccolto salutano l’ascolto di questo Fractals come in un incontro con la bellezza di una donna sofisticata ed eterea, un intrigante mondo emotivo di flash psichedelici sixteen alla Kula ShakerFlakes”, il cantautorato di Rice o Sheeran Rosemary calls” e certe dilatazioni bombastiche che appaiono tra i mulinelli di “Beautiful witch” o nella pastorale delicatissima che intenerisce emotivamente “It will be alright”; nove tracce percorse da ipnotismi e giochi di fondo, una sincerità d’esecuzione che fa dei Margareth la maturità interpretativa di un anima meticciata squisitamente musicale, un punto di vista sonico alto e,  a  tratti,  irraggiungibile  nelle sue venature hard-mantriche che ti frollano mente e corpo in una beatitudine elettrica senza uguali “Mind eyes”.

Un disco che abita più “tempi” felicemente lontano dai culti e dalle riformate occasioni di revival, un percorso già intrapreso dalle coloriture nell’esordio di White Line e che arriva integro all’intuizione di essere un buon frutto proteso di personalità e fuoco impalpabile “Shadows come”, traccia in equilibrio tra le scogliere di Dover e i Big Sur Thcizzati californiani; sensazioni in chiaroscuro messe a ponte di una solitudine espressionistica che porta questo straordinario disco alle alte vette dei sognatori spiritati. Da collezionare tra le cose più dolci che s’intende avere.

 

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