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Margaret Lee – Il Rimorso il nuovo video dall’album “Margaret Lee presenta La Ballata di Belzebù”.

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Margaret Lee – Il Rimorso  

il nuovo video  

dall’album “Margaret Lee presenta La Ballata di Belzebù” . in tutti gli store digitali da New Model Label – La Cantina Appena Sotto La Vita

Il rimorso, videoclip realizzato al teatro Julio Cortazar di Pontelagoscuro (Ferrara).

Ideato da Giacomo Marighelli e realizzato col contributo di Rita Bertoncini e Massimo Alì Mohammad.

Alla batteria siede Luca Martelli.

L’ombra del rimorso è interpretata da Eugenio Squarcia.

Un grazie speciale a Natasha Czertok per la disponibilità e l’aiuto e un grazie speciale anche ad Anja Rossi, per le fotografie e l’aiuto.

Link: www.newmodellabel.com   www.margaretlee.it

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Margaret Lee – La ballata di Belzebù

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Satanasso! Si questo verrebbe da dire se il  disco in questione “La ballata di Belzebù” dell’artista ferrarese Giacomo Marighelli in arte Margaret Lee, si mettesse in moto all’improvviso e senza avviso di cautele; di primo sentore sembra di ravvisare un Samuel Katarro del noise-rock, un pensiero elettrico ed urlato che sfoga attraverso la chitarra elettrica una poetica malata e assai incazzata, teatrale sulle fumisterie di un Carmelo Bene con la spina e luciferina sulle tracce dell’umorismo drammatico sperimentale, non male per chi odia ascoltare qualcosa che faccia pugni e schiuma con le logiche commerciali.
Imbarcato in quest’avventura sonica anche Luca Martelli batterista già al servizio di Giorgio Canali e Rossofuoco, e tutto s’infiamma in dinamiche caotiche, casinistiche, intellettuali,  citazionistiche che – se all’inizio destano sospetti – poi sorprendono e si percorrono a lungo, a fondo, con la bava alla bocca.

E il Diavolo, con la d maiuscola – che   qui si potrebbe imparentare con le follie del Joker psicho-delirante di Heart LedgerIl Cavaliere Oscuro – la fa da padrone o meglio fa il diavolo a quattro lungo le otto tracce che stigmatizzano sprint prog, esigenze punk, acidità ed insofferenze sociali e tutte le maledizioni di un immaginario avviluppato da torpore, scosse epiche e quant’altro; Belzebù t’insegue senza affanno in una corsa aggressiva lungo scale di metallo per catturarti e ghermirti “La ballata di Belzebù”, ma poi a prenderti veramente alle spalle sono le abrasioni di una chitarra elettrica siderurgica “Il nano”, il fiatone ska di “Il pensatore”, tratto liberamente dal Faust di Pessoa, come del resto il poeta portoghese è virtualmente evocato anche nella spennata indie di “L’illusionista” tratta da L’Ora del Diavolo, e dall’ossessione ritmata per le streghe che stanno per arrivare “Le streghe”.

Disco contro, accuse, malaffare, pedofilia, amarezze, apocalissi formato tascabile e noise, noise, noise  per accompagnare l’urlo demoniaco di Lee che fa a pezzi ogni forma-canzone nel senso stretto del termine, uno sbraito  scomposto e veritiero alla CCCP che si ammanta – nel finale – di un velo low-brow che ti entra in corpo come una dannazione inflitta da un’entità dotta quanto malefica “Giuda o la notte della Luna vergine”.
La Ballata di Belzebù di Margaret Lee è un disco nero, e se anche nel deserto più deserto la sua azione si perde nella sabbia, la sua ombra sopravvive per sempre, alla faccia di chi ama la luce.

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