ENRICO RUGGERI Tag Archive

Barachetti / Ruggeri – White Out

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White Out è un concept sul “male di testa”, un male fisico e psicologico che colpisce e porta al declino la società occidentale a causa dal suo vivere alienante dovuto alla scelta di sposare le volontà del capitalismo, portatore, con i suoi eccessi e con le sue gravi e conseguenti mancanze, di quello che risulta essere a tutti gli effetti un angosciante dolore esistenziale. Un male che presentandosi come un miglioramento risulta paradossale, un male che può sedurre e che ci ha sedotti nonostante l’evidente abuso, per altro privo di contenuti, della propria influenza da parte di poche, ma importanti e ricche, persone-società. Un male che sfocia nella perdita e nel delirio della realtà interiore e che viene ottimamente descritto dall’album firmato da Luca Barachetti (ex Bancale) ed Enrico Ruggeri (ex Hogwash) al loro debutto con questo progetto.
I due hanno unito le loro forze per dare vita a 12 canzoni-non-canzoni nelle quali l’alienazione della nostra epoca è tradotta in musica e parole attraverso i poetici testi di Barachetti ed il suo spoken infingardo che mette in collisione patologia e creatività in un’introspezione dove la parola, ora descrittiva ora cronachistica, nella percezione del presente disagio lavora in perfetta simbiosi col corpo e con l’inconscio che manifestano le proprie pulsioni attraverso le trame sonore realizzate da macchine analogiche, strumenti autocostruiti e strumenti tradizionali suonati in modo non convenzionale di Ruggeri. Ne viene fuori un disco per certi versi avanguardistico che a seconda dei momenti potrà farci pensare a La Monte Young o ad Eliane Radigue come a Fennesz, un disco capace di risultare futuristico come primordiale descrivendoci questo dolore ancora troppo sottovalutato tra minimalismi, cacofonie, distorsioni elettroniche, droni e percussività più o meno industriali di ogni sorta.

White Out è dunque un album indubbiamente politico che scava lentamente la solitudine ed il male dei nostri tempi affascinando sin dall’iniziale sussurro dai suoi suoni spettrali e atonali di “Dolore Bianco” cui segue la percussività deviata di “Corpo Occidentale”, dove ogni cosa prodotta è cosa desiderata ed il desiderio stesso, avendo ampiamente superato la sua capacità di tolleranza, risulta essere un sentimento ormai sepolto (desiderio fisico compreso). Ottimi momenti, in un disco dove si potrebbe tranquillamente segnalare ogni singolo brano, sono la ninna nanna dall’andatura Minimal ma tecnoide della title-track, l’amara ironia di “Panda Psichico”, centrata sui ritmi che questo grande Nulla ci costringe a seguire e sul cedimento fisico e mentale che ne consegue, o ancora l’opprimente incontro/scontro tra ragionevolezza e follia di “Macula” (titolo ripreso da una poesia di Paul Celan, a cui il brano è dedicato) ed i cerebrali battiti della straniante ballata “Pulsa”, mantrica e ferrettiana, che ci porta a periodi storici oscuri nei quali era ancora tuttavia possibile intravedere una rifioritura.

Ma White Out è anche speranza, voglia di rivincita, voglia di riprendersi la propria vita e dei 12 brani che lo formano 4 sono “analgesici”. Si tratta di 4 tentativi di salvezza in cui l’umano, fin qui più o meno forzatamente complice della situazione ma in ogni caso disumanizzato, entra in conflitto con sé stesso. “Uomo Scritturato” è ad esempio un invito (al mondo dell’arte ma non solo) a tuffarsi dentro una realtà da rivedere e da riscrivere con onestà e profonda partecipazione partorito dopo dopo aver assistito ad uno spettacolo di Alessandro Bergonzoni. Ma è in “Cretto del Vero” che il tentativo di guarigione si fa ancor più evidente; il brano, indirizzandoci al terremoto del Belice (il pezzo è dedicato ad Alberto Bucci autore del Cretto di Burri di Gibellina, opera sorta in memoria del paese raso al suolo cementificando le macerie in modo da ripercorrerne le strade), dona inizialmente una sensazione di rottura sottolineata dai versi di Barachetti per poi giungere ad una cassa dritta che regala la sensazione di una netta ed improvvisa presa di coscienza accompagnata da una speranza tanto utopica quanto sentita (attendi un glicine, una vertigine che colmi di ritorni e ritorni queste venature di vuoti). Si conclude con l’apocalittica genialità di “Fiume Verticale” brano dove più che mai le parole prendono vita attraverso una reazione che rappresenta l’atto salvifico ultimo; il prendere coscienza del dolore dell’esistenza e tramite esso combattere quello del vuoto esistenziale, per quanto il rischio di ritrovarsi domani ancora una volta riassorbiti e vittime di quell’iniziale dolore bianco (così descritto dal duo nella cartella stampa: ciò che ci lascia il presente è una passione senza resurrezione che il giorno seguente scompare, ma ritornerà. Nel sepolcro su cui è inciso il nostro nome noi non ci siamo) coi tempi che corrono, ahinoi, non si possa escludere.

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La Band della Settimana || Barachetti / Ruggeri

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Barachetti / Ruggeri non è un gruppo musicale.
Barachetti / Ruggeri è un duo.
Anzi un due.
Uno più Uno.
Un incontro, uno scontro.

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“White Out” è il video di debutto di Barachetti/Ruggeri

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Il video/cortometraggio girato nel deserto del Marocco dal regista Luca Ferri. L’omonimo disco d’esordio del Due formato da Luca Barachetti (ex Bancale) e dal musicista sperimentale Enrico Ruggeri (ex Hogwash) in uscita il 20 maggio in 100 copie numerate per Ribéss Records / Dreamingorilla Records.

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Vogan – Polvere

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La parola polvere fa venire in mente tante cose, dalle particelle sottili e volte pericolose che ci tocca respirare, all’album di Enrico Ruggeri del 1983, alla patina del tempo, fino a deserti sconfinati. Per il quintetto siciliano Vogan, Polvere rappresenta il primo disco d’esordio, preceduto da un EP e quasi cinque anni di lavoro insieme. Amici di liceo, cresciuti con la musica, si presentano al grande pubblico con dieci brani di Rock melodico, con grandi influenze Pop, soprattutto nel modo di strutturare le canzoni, costruite per lo più su forti e melodici ritornelli. Il disco è un’autoproduzione veramente ben fatta, i suoni sono puliti, ben registrati, tutto è collocato nel giusto posto senza sbavature e colpi di scena. “Polvere” omonima title track apre con la giusta energia, e il grado d’immediatezza ed orecchiabilità sono davvero alti. Elementi che si ritrovano anche in “Abitudine”, “27 Gennaio” con virate più Pop in “Nel Tempo del Peccato” e “Lisa”. Si chiude in stile classico con la ballad romantica “Le Parole Non Dette”. I Vogan hanno senza dubbio lavorato molto bene sui suoni e sulle melodie, rappresentando in questo modo un certo Pop Rock italico, di stampo radiofonico e apprezzato da un pubblico sicuramente vario. Questa pulizia, però, risulta un po’ ridondante e non tutti i brani hanno lo stesso piglio. Sebbene tutto scorra facilmente e con piacevolezza, mancano un po’ le emozioni, i colpi di testa, e tutto risulta eccessivamente imbrigliato. Probabilmente questa mancanza di un vero e proprio effetto wow, di quelli che ti fanno letteralmente alzare dalla sedia, è generata, oltre che da una sorta di monocromia musicale, anche da testi poco incisivi e a volte prossimi al banale. Polvere è un disco che ha aspetti molto positivi, soprattutto per la qualità della produzione, ma al tempo stesso mostra qualche lacuna, sulla quale il gruppo avrà modo di migliorare. In definitiva, un ascolto facile, orecchiabile e sicuramente gradevole per un ampio pubblico, meno allettante per gli ascoltatori attenti e desiderosi di aspetti originali e innovativi.

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Fluon – Futura Resistenza

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Come se doveste aprire una medicina vi invito a leggere queste indicazioni prima di ascoltare il disco dei Fluon.


1) Questo lavoro non ha nulla in comune con i Bluvertigo se non il fatto che sotto la sigla Fluon si nasconde Andy che non ha mai smesso di darsi da fare dopo la seconda ibernazione del gruppo di Monza; se vi farà piacere al massimo consideratelo la sua naturale “evoluzione” (che è anche il titolo della opening track);
2) Se non vi piace la musica elettronica potete tranquillamente starne alla larga, ma se la adorate maniacalmente non ne potrete più fare a meno;
3) Se non amate il Kraut Rock stile Kraftwerk questo non è un articolo per voi; i Fluon possono essere considerati infatti i loro pronipoti.


Detto ciò, possiamo proseguire che troverete tante influenze in questo lavoro, in primis i Depeche Mode, per cui Andy è in fissa da sempre, pur mancando forse quel dualismo Gahan / Gore che  contraddistingue il sound e la musica dei tre di Basildon. Tuttavia lo spettro dei suoi tre ex compagni di avventura (Morgan, Livio e Sergio) si fa abbastanza evidente in pezzi quali “In Verità vi Dico” e “Dove si Comincia” e l’interrogativo più frequente che ci si pone è come avrebbero suonato tali canzoni se i quattro di Monza vi avessero lavorato assieme… Spezzo però una lancia a favore dei suoi tre nuovi compagni di avventura, Faber (synth, programmazione), Fabio Mittino (chitarre) e Luca Urbani (voce, synth) i quali svolgono il loro compito egregiamente. I Fluon hanno comunque un talento smisurato, soprattutto se confrontato ai tanti surrogati che ci propongono i vari Talent Show e manifestazioni canore quali il Festival di Sanremo. Qualcuno di voi probabilmente se ne era già accorto quando parteciparono al tributo a Enrico Ruggeri, “Le Canzoni ai Testimoni” con cui lasciarono già un segno della loro bravura riproponendo la sua hit “Polvere” persino in coppia in un videoclip col noto cantautore / scrittore / presentatore milanese. Dieci tracce insomma in totale che potrebbero impressionarvi facilmente, soprattutto per il contrasto che si crea fra apertura elettronica e chiusura in grande stile con un lento quale “Buio”, che permettetemi il paragone, mi emoziona tanto quanto quella “Somebody” dei Depeche Mode soprattutto nel finale dove il sax e la chitarra si incastrano perfettamente tra loro. Davvero un esordio all’insegna della classe e della raffinatezza!

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L’AltopArlAnte festeggia 10 anni con una compilation!

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Ancora tanta musica gratis grazie alla collaborazione tra XL e L’AltopArlAnte, che danno vita al quinto capitolo di Libera Veramente. Questa volta però le novità sono poche, ma la compilation è ricchissima, in quanto celebra il decennale dell’agenzia che ha dato una spinta notevole alla promozione e diffusione della musica indipendente via etere. L’iniziativa si inserisce nella serie di iniziative che L’AltopArlAnte sta effettuando dall’inizio di questo suo decimo anno di attività. Ci sono stati numerosi minifestival con molti artisti coinvolti (a Casa Italia durante il Festival di Sanremo, al MEI, al salone internazionale del libro, ai festival Collisioni di Barolo, Astimusica, Paratissima di Torino, PoPistoia …), il volume 4 sul numero di aprile di XL di Repubblica, la targa di riconoscimento al MEI, e altre iniziative sono ancora in corso in questa chiusura di anno.
Ricordiamo che la Compilation fu premiata nelle sue prime edizioni al Super Sound di Faenza e che nel nuovo volume presenta ben 32 tracce selezionate tra i brani indie promossi in radio proprio da L’AltopArlAnte in questi 10 anni.
Di seguito la tracklist:

01. Andrea Mirò e Dargen D’Amico – Senza che nulla cambi
02. Capone e Bungtbangt vs Daft Punk Rmx – Around The World
03. Cinzia Fontana & Franco Battiato – Svegliami domani
04. Il Parto delle Nuvole Pesanti e Roy Paci – Magnagrecia
05. Dente e Il Genio – Precipitevolissimevolmente
06. Cockoo – Le distanze (solo lamenti)
07. Il Genio – Pop Porno
08. Calibro 35 e Dellera – Il beat cos’è
09. Combass e Caparezza – Megaparty
10. Dellera – Le parole
11. Enrico Ruggeri – Diverso dagli altri
12. Enzo Avitabile e Bob Geldof – Suonn’ a pastell’
13. Freak Antoni, Alessandra Mostacci & Luca Carboni – Però, quasi
14. Giorgio Faletti – Nudi
15. Giovanni Nuti canta Alda Merini – Il depresso
16. Guignol & Cesare Basile – 12 marmocchi
17. Giulio Casale – Fine
18. I.P.E.R. (Piotta, 99 Posse, Roberto Angelini, Pierpaolo Capovilla, Enrico Capuano, Cisco, Combass, Dellera, Dj Aladyn, Lacuna Coil, Le Braghe Corte, Lemmings, Erica Mou, Federico Poggipollini, Eva Poles, Quintorigo, Sud Sound System, Velvet)– Ancora in piedi
19. Lou Dalfin & Roy Paci – Rota d’amont
20. Management Del Dolore Post-Operatorio – La pasticca blu
21. Marco Notari – Io non mi riconosco nel mio stato
22. Mau Mau – Mare Nostrum
23. Daniele Ronda & Davide Van Den Sfroos – Tre corsari
24. Simone Cristicchi – Il cane
25. Nicolò Carnesi & Brunori Sas – Mi sono perso a Zanzibar
26. Nobraino – Bademeister
27. Pino Scotto & Club Dogo – Pino … occhio
28. Quintorigo & Juliette Lewis – How Does It Feel?
29. Rubens & Sud Sound System – Mai come ora
30. Sikitikis – Le belle cose
31. Spacca il silenzio & Lucio Dalla – Da questo muro
32. Zibba, Almalibre & Tiromancino – Una parte di te

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Luca Mancino – Libera

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Il dubbio su Luca Mancino e il suo ultimo album Libera mi è venuto già alla lettura del comunicato stampa che lo accompagnava: “…un concentrato di semplice tradizione pop-rock italiana, che non si risparmia di percorrere strade giù [sic] battute […]Ecco l’esordio di Luca Mancino, cantautore molisano che fa il suo ingresso nel mercato discografico con un lavoro che ha tanto da dire, con la semplicità e l’ingenuità di chi non ha la presunzione di inventarsi e di voler stupire”.

Al che mi chiedo: è davvero presunzione, voler inventare, o inventarsi (?), o voler stupire? Non è ciò che ha spinto la musica, anno dopo anno, disco dopo disco, sogno dopo sogno? Sono troppo idealista, forse, e dovrei leggere questo disco per quello che è: un prodotto commerciale (nel senso proprio della parola: destinato alla vendita). Ma perdonatemi, ho una certa impostazione mentale che, purtroppo, non me lo permette. Di certo non è l’unica possibile, e forse non è neanche quella giusta, ma è la mia, e sono condannato ad utilizzarla ogni qualvolta mi capiti di dover dare una sbirciata al mondo.

E quindi: Libera è un disco prodotto egregiamente dal certamente capace Domenico Pulsinelli, e si snoda in nove canzoni di un Pop-Rock italiano dei più triti mai sentiti. Fantasmi vari infestano le tracce di questo disco, soprattutto nel timbro e nell’uso della voce (Ligabue, Negrita, Enrico Ruggeri). Poco, pochissimo, riesce ad aggrapparsi e a farsi ricordare, in particolar modo nei testi, che non brillano certo per originalità.

In sostanza, e senza perderci troppo tempo: un’operazione del genere ha senso se è il mezzo per dare spazio ad un performer eccelso, istrionico, eccentrico, che si appoggia sul già sentito per stracciare sul loro campo altre realtà dello stesso tipo, passate e non, che hanno già dimostrato di saper dare qualcosa. Purtroppo non mi sembra che Luca Mancino abbia queste qualità: se avesse cercato di crearsi un suo spazio sarebbe di certo risultato più interessante. Ma, a quanto pare, non ha la presunzione di inventarsi, e quindi rimane la copia sbiadita di altri cento identici prodotti.

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“FRANKENSTEIN” di ENRICO RUGGERI

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Dal 7 maggio 2013 è disponibile nei negozi di musica e su iTunes il nuovo disco e libro di Enrico Ruggeri, FRANKENSTEIN.
“E’ il progetto più complesso e ambizioso della mia vita”, così esordisce Enrico Ruggeri parlando del suo FRANKENSTEIN: un album concept sul grande romanzo di Mary Shelley.
In 13 canzoni Enrico ne racconta la storia, mostrandone l’attualità. E nel farlo, vengono trattati temi come l’ambizione sfrenata, la bioetica, la voglia di restare giovani sfidando le leggi del tempo, la paura della diversità, la necessità di amare, l’odio e l’incontro con la trascendenza, e molto altro ancora. Inoltre, Ruggeri integra il tutto con il suo nuovo romanzo, un’avventura surreale nella quale uno strano personaggio affronta gli stessi temi duecento anni dopo. L’opera diventa così un libro + cd. “Tutti i tasselli si dovevano inserire al posto giusto, ecco perché ho lavorato così tanto tempo”. Alla fine di questo complicato e affascinante percorso ogni canzone potrà essere letta come opera a sé stante, come integrazione alla storia di Frankenstein e come commento a “L’uomo al centro del cerchio”, il nuovo romanzo di Enrico Ruggeri.
La sfida è molto impegnativa, soprattutto in un periodo in cui la musica è tutta incentrata sul concetto di singolo, rendendo spesso la canzone un leggero intermezzo “usa e getta”.
“Potrebbe essere il mio ultimo album, nel senso che io intendo dare a questa parola”.
Un’opera rock nella quale la musica ci mostra un artista coraggioso e creativo che non rinuncia neanche stavolta al fascino della parola, della poesia, dell’emozione.

Il primo singolo estratto dall’album è “Diverso dagli altri” con relativo video:

 

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