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Management del Dolore Post Operatorio – McMao

Written by Recensioni

Che la grande burla abbia inizio! L’ilarità dei Management del Dolore Post Operatorio la noterete sicuramente già dalla copertina (e dal titolo) del cd dove si prendono gioco del grande Mao Tse Tung. Qualcuno di voi, poi, probabilmente ricorderà il gruppo per l’esibizione in Piazza San Giovanni a Roma in occasione del concertone del Primo Maggio, dove Luca Romagnoli (il cantante) impugnò un preservativo come fosse un’ostia raccomandandone l’uso corretto a tutti. Fosse solo questo, fin qui nulla di così strano per chi li conosce, ma quando poi lo stesso ha deciso di calarsi le braghe davanti a tutti i presenti sono arrivati non solo la censura da parte della Rai (che riprendeva il concerto) ma anche la menzione sull’autobiografia di Piero Pelù dei Litfiba uscita da poco in libreria. I Madedopo hanno tuttavia molto di più da offrire al proprio pubblico, soprattutto sul versante incisioni in studio. Chiariamoci: molti li definiscono una band da vedere assolutamente live, io preferisco invece ascoltare i loro album. In McMao c’è stato anche un avvicendamento nella formazione: Luca Di Bucchianico ha sostituito il dimissionario Andrea Paone al basso; un cambio per fortuna paritario che non ha fatto perdere lo smalto e la grinta presenti già in Auff!. Si dice sempre che il secondo lavoro per una band sia il più difficile, ma già dal primo singolo estratto “La Pasticca Blu” è stato chiaro che il percorso tracciato da Auff! ha trovato in McMao un degno successore. La band lancianese cambia di nuovo pelle contaminando ancora di più la sua musica rispetto al disco che li ha lanciati. Ciò che appare chiaro è anche una maggiore attenzione ai testi, più curati seppur sempre molto diretti. Si parte con “La Scuola Cimiteriale” in cui l’elettronica un po’ english va a fare da contraltare all’attitudine Rock dei Madedopo, con qualche spunto alla Franz Ferdinand. Svettano fra tutte le tracce “Coccodè” e “Requiem Per Una Madre”, sempre a metà fra il Rock americano degli Weezer e la New Wave dei Devo.

Il brano più convincente è “Il Cinematografo”, in cui le chitarre liberano tutto il loro impeto travolgente dopo un inizio più soft ed introspettivo. Per quanto ci riguarda possiamo solo dire che è forse poco riuscita la cover di “Fragole Buon Buone” di Luca Carboni. Inevitabile forse perdere il confronto con l’originale, anche se rimane apprezzabile il tentativo di rendere la canzone più “moderna” e fruibile per un pubblico Indie Rock con suoni ben lontani dalla versione del cantautore bolognese. Inoltre, forse al posto del singolo di lancio “La Pasticca Blu” avrei scelto “James Douglas Morrison”, omaggio all’indimenticato leader dei The Doors, dai contorni più radiofonici, ma sono veramente piccoli dettagli in un contesto musicale veramente riuscitissimo. I Madedopo sono ormai una splendida realtà nella scena Indie Rock italiana e conquistano, per quanto mi riguarda, il podio con I Cani e i Gazebo Penguins. Starà a loro in futuro confermare quanto da me scritto, ma se ascolterete i ritmi ossessivi e ripetitivi de “La Scuola Cimiteriale” non potrete che darmi ragione. Guai a inserirli ancora nelle nuove leve! La nuova rivoluzione musicale è

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Management del Dolore Post Operatorio (+ Borghese) 28/03/2014

Written by Live Report

A noi abruzzesi piace molto vantarci del fatto che abbiamo mare e montagna a pochissima distanza l’uno dall’altra. Salvo poi dover arrivare nel giro di mezz’ora da L’Aquila alle estreme propaggini settentrionali del teramano, che saranno anche poche decine di chilometri ma il percorso da affrontare è una specie di videogame, con tunnel che squarciano il Gran Sasso, pieni di uscite di sicurezza di quelle belle grandi da cui da un momento all’altro spunterà il mostro da sconfiggere per passare al livello successivo, e poi curve a gomito, buche, segnaletica vaga e traditrice. Come se non bastasse, sprezzanti di ogni pericolo io e la Bionda (noto personaggio del circuito underground della provincia di Pescara, la chiameremo così per tutelarne la privacy) decidiamo di partire senza l’ausilio di quelle piccole grandi tecnologie che sono oggi alla portata di tutti. Leggasi navigatore satellitare. Prima però che mi immaginiate come una specie di Indiana Jones coi tacchi alti a bordo di una Panda, taglio corto e confesso che il mio smartphone era completamente scarico, perché delle due io sono quella sfigata, mentre lei ha impiegato l’intero tragitto a capire come usare il suo, perché lei è quella bionda e il cliché vuole sia quella scema.

Stasera si gioca in casa. Palco abruzzese, artisti abruzzesi. La Bionda è molisana ma non stona, ‘che tanto al nord sono ancora convinti che siamo un’unica regione. Parlare di irriverenza per descrivere l’evento è quasi un eufemismo. Gli headliner sono una band che per l’artwork del proprio ultimo album ha scelto un’opera di un artista che raffigura Mao Tse Tung truccato da Ronald McDonald. Come se non bastasse, l’opening act è affidato a un cantautore che ha rivisitato in chiave grottesca ma tristemente attuale l’inno partigiano per eccellenza. Eccolo McMao, in bella vista sullo stage del Dejavù. Artisti e realtà live di Marche e Abruzzo sono in crescita costante e proporzionale. Insomma, da queste parti vale sempre la pena affrontare un paio di chicane se alla fine del circuito vi aspetta un live show. Il pubblico è in trepidante attesa dei MaDeDoPo ma Borghese, per l’occasione con un set minimalelectro, cattura l’interesse con i brani del suo esordio, L’Educazione delle Rockstar. Su una insolita versione Elettro Rock di “Ma che Freddo Fa” le ragazze iniziano persino a ballare. Una di loro accanto a me dopo un minuto di ascolto esclama entusiasta rivolta all’amica “Aaahh sì! Quella dei Modà!”, ma questa è un’altra (triste) storia. “Bella Ciao” in chiusura genera le reazioni contrastanti già manifestatesi tra i commenti su Repubblica XL dopo l’uscita del videoclip in anteprima un paio di mesi fa: chi ne coglie l’amara ironia al primo ascolto già intona il ritornello, mentre un tipo grida indignato i versi dell’originale. Ironico che un fraintendimento tanto reazionario nasca in difesa del movimento partigiano.

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Un rapido cambio e sul palco arrivano i Management. L’euforia con cui li accolgono la dice lunga su quanto ormai siano indubbiamente una delle più grosse novità del panorama musicale nostrano. Merito di questo secondo disco (McMao) o della trovata di Luca Romagnoli di tirarsi giù i pantaloni in mondovisione a una manciata di minuti a piedi da Città del Vaticano? Per stasera mi tengo il beneficio del dubbio e mentre ci penso mi godo lo show di un tipo che sembra nato per essere un frontman, qualunque sia la cosa che gli sta alle spalle. Un timbro vocale che poco ha a che vedere con l’intensità del cantautorato italiano, ma che traina il pubblico come un performer di quelli con un paio di greatest hits all’attivo: qui si poga già dal primo pezzo (“Il Cinematografo”, anche gli astuti MaDeDoPo sulla scia del clamore dell’Oscar a Sorrentino), e cantano proprio tutti. Il che non è così scontato. Ai concerti di Vasco Brondi cantano solo le donne, per dire. I quattro proseguono a ritmo serrato intervallando brani di Auff!! ai nuovi, “Marilyn Monroe” e poi “Hanno Ucciso un Drogato”, introdotta da una invettiva contro le forze dell’ordine – molto più probabile che Romagnoli li abbia chiamati sbirri – che quanto pare è una tematica ricorrente (anche in Auff avevano un paio di cose da dire ad un “Signor Poliziotto”) e i presenti sembrano condividere appieno e lo dimostrano prendendosi a spallate più convinte.

La realtà è che ad essere convincente è l’intero progetto MaDeDoPo. Strampalati ad ogni costo, si beffano della normalità, o per meglio dire della presunta tale, bocciano ogni forma di futuro prossimo e anteriore e lo gridano forte, ma l’astuzia sta nel farlo con un sound easy e immediato. Miscelalo con una sezione ritmica martellante, aggiungi testi sfrontati, non scontati e ben mirati a ficcarsi nelle teste dei più, avvolgi il tutto con quell’aria goliardica da Punk pagliacci vestiti da hipster, ed ecco che hai messo tutti d’accordo. Sì, un paio di punti li conquista per loro il batterista con la sua felpa rossa con motivo paisley: il mio obiettivo nella vita da domani sarà averne una uguale. La dimensione live è senza dubbio quella in cui i Management danno il meglio. Quando parte “Sei Tutto il Porno di cui Ho Bisogno”, l’anthem è un boato unanime, ma anche brani di McMao come “La Pasticca Blu” e “James Douglas Morrison” sono già celebri tra i seguaci. Il Deja Vu è così pieno che scoppia, la zona mixer è praticamente sotto assedio, ed ecco che l’impianto salta. Un vero frontman sa che non bisogna concedersi tempi morti, ed ecco che Luca coglie l’attimo di silenzio per lanciarsi in aria in uno stage diving che neanche Iggy Pop nella sua forma migliore, e dico in aria perché il palco è in realtà una pedana di venti centimetri e a Iggy non sarebbe mai venuto in mente.

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Le brevi interruzioni sono solo quelle tecniche, per il resto i ragazzi non si risparmiano. “La Rapina Collettiva”, “Auff” e anche “Fragole Buone Buone”, che è proprio quella di Luca Carboni, una insolita scelta coverizzata e inclusa in McMao a sottolineare il fatto che non bisogna pensare di aver capito di che pasta sono fatti i Management, arriverà sempre una mossa che non ti aspetti. Mentre navigo tra la folla verso il fondo della sala in cerca di una birra sulle note di “Norman”, mi sorprendo in una bizzarra connessione mentale e ricordo un aforisma di Nietzsche sull’espressione “prendere sul serio”. Tre parole correntemente messe in fila che così disposte veicolano un insano pregiudizio circa l’impossibilità di ridere e pensare contemporaneamente. Che speranza abbiamo di sopravvivere al quotidiano senza l’arma dell’ironia? Conquisto una 0.2 e resto in ascolto nelle retrovie. Questo Alt Rock impegnato nei temi e paraculo nei modi mi appare la lingua migliore che rimane alla generazione di quelli cresciuti con tutto, e con la convinzione che lo avrebbero avuto per sempre, per poi ritrovarsi adulti nell’epoca in cui ogni cosa è inevitabilmente a termine.

Lasciateci cantare il nostro scazzo esistenziale mentre ci divertiamo a saltellare sugli stilemi del Rock, conditi di elettronica ma neanche troppo, giusto quel tanto che ci faccia sentire europei. Possibilmente con della birra a portata di mano. E che Nietzsche mi perdoni per averlo tirato in ballo nel raccontarvi di un concerto in provincia di Teramo.

Pics by Ilaria | Jela photo | https://www.facebook.com/pages/Jela-photo/317280911635779?fref=ts

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Managemente del Dolore Post Operatorio a Torino

Written by Senza categoria

Prosegue il tour del Management del Dolore Post Operatorio. I ragazzi più irriverenti del Rock nostrano si esibiranno allo Spazio 211 di Torino il 28 dicembre. I cancelli apriranno alle 22 e il prezzo del biglietto è di 8€. Non mancate!

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Management Del Dolore Post-Operatorio

Written by Interviste

Definiti i CCCP del nuovo millennio, suppongo soprattutto per il modo di cantare del frontman Luca Romagnoli, il Management del dolore post-operatorio sta azzeccando, sin dall’ uscita del loro primo album in studio, Mestruazioni, tutte le mosse giuste per uscire dalla cantina e farsi sentire. È Auff!!, però, a consacrali definitivamente nel Walhalla delle band indipendenti nostrane, grazie soprattutto alla scelta dell’uscita ufficiale del disco tramite streaming sulle pagine web di Rockit.it. Incazzati, con gli occhi ben aperti sul grottesco e le brutture di una società consumistica e consumata, rifuggono quell’atteggiamento oppresso-depresso che è diventato emblematico in una certa produzione rock italiana (penso ai Ministri e al Teatro degli orrori soprattutto, che rispetto al MaDe DoPo sono ben più crepuscolari e riflessivi) e guardano con una risata a quanto sta loro intorno. I quattro ragazzi di Lanciano sono tanto inseriti nella loro realtà, quanto lontani dalla stessa, così consapevoli di quello che ci circonda da scrivere canzoni che, di volta in volta, sembrano più essere una motivazione per tenersi fuori da tanta melma che non un racconto di vita vissuta o una riflessione. Nessuna filosofia spiccia, nessun commento politico esplicito: nella rabbia della band c’è un’esortazione alla vita che ha un sapore anarchico sicuramente anacronistico e utopico, ma che sembra però essere l’unica soluzione per sopravvivere senza farsi schiacciare. Dalla corruzione politica, sociale e morale, dagli obblighi imposti dall’esterno, dai doveri che guardano più all’apparenza che non alle proprie inclinazioni personali, dal perbenismo e dalla mediocrità che, accontentando tutti, dilaga come la peggiore epidemia. Come hanno detto in un’intervista di qualche tempo fa: «Giovanni Lindo Ferretti diceva “No future“… va bene, eh, ma noi vogliamo vivere».

Nell’ intervista a Genio Tv che gira su YouTube, avete detto che il Management del dolore post-operatorio è la gestione del trauma della nascita, definizione che ho trovato decisamente affascinante. Voi non mi sembrate però dei profeti che dispensano consigli, quanto piuttosto quattro ragazzi che hanno trovato la loro personalissima formula. Qual è l’ingrediente principale, allora, la musica o la rabbia?
“L’inconveniente di essere nati”, un grosso problema.Oh no, i consigli li lasciamo a chi crede di avere sempre ragione, ovvero agli stupidi.Abbiamo trovato una formula un po’ ridicola = lasciare ad ogni giorno il suo destino, ed abbiamo fatto dell’incoerenza la nostra virtù,anche perché molte delle cose che si dicono (che abbiamo detto) non sono state capite a fondo, il che vuol dire che ognuno le ha carpite a modo suo.

Ironizzando, avete detto «Siamo un teatro degli errori più che un Teatro degli Orrori». Che aria si respira nel panorama indie italiano adesso? Si è più incazzati o più depressi? C’è competizione oppure c’è spazio per tutti?
Non c’è un gruppo che si ci sembri un gruppo. Chi è troppo giovane, chi è troppo vecchio, chi non suona per niente e chi troppo. Chi fa troppo teatro e poco spettacolo e chi troppo spettacolo e poco teatro. Chi suona musica per vendere e chi si vende per suonare.Noi non siamo in competizione con nessuno. Perché non ci interessa il successo degli altri né più né meno di quanto ci interessi il nostro. Il tutto non vale niente.

Quali sono, quindi, gli errori che più volete rappresentare nel vostro teatro e da quali volete fuggire primariamente?
L’unico errore che vogliamo fuggire è la stupidità. La salvezza è qui dentro (nel cervello). Ma il credere di non essere stupidi è già il primo grosso errore. Vogliamo fuggire la stupidità con la piena consapevolezza di averla sempre attaccata al collo.

Norman sembra una risposta ante litteram a certe uscite di certi nostri ministri su certi ragazzi choosy. Seriamente: cosa ne pensate della politica?
Che dovremmo tagliare tutte le teste di tutti i fantocci. Ci ho pensato a lungo, è triste ma è così. Niente lotte coi poliziotti, niente manifestazioni, solo attacchi precisi e mirati per eliminare completamente la classe politica. Come nella rivoluzione francese = migliaia e migliaia di teste tagliate, la nobiltà decimata.

Parlando di Amore borghese… Ci sono immagini di una vivacità davvero suggestiva, ma una frase mi ha colpito particolarmente: “Se ti tengo in mano sei una mela marcia e se ti lancio brilli come una cometa”. Sembra una canzone di guerra, più che di amore…
In realtà questa frase è di un poeta abruzzese sconosciuto e magnifico, autodidatta e pecoraro, di una forza sublime. Questa frase in particolare si riferisce alla poesia e mi piace pensare che sia il risvolto di un’arte venduta, che brilla di una luce non sua, una luce accesa dalla danza delle persone che contano (i soldi).

“Porno” è una parola che ha una certa ricorrenza nei vostri testi. L’edonismo e la ricerca del piacere, anche fisico, sono parte della gestione del trauma post partum? Nel nostro migliore dei mondi possibili, un pornobisogno è davvero il migliore dei romanticismi possibili?
Il porno inteso come soluzione , come perversione, è una soluzione un po’ squallida ai nostri occhi. Il porno come mezzo, come unica verità, come unico modo e mezzo sincero è un altro discorso. Il porno è la sincerità delle telecamere, che ci raccontano la verità. Le telecamere sono i nostri angeli custodi, registrano quello che non si può smentire. L’erotismo invece è la tiritera delle bugie televisive.

Marylin Monroe, è, nella vostra canzone, il simbolo di una bellezza genuina ormai persa, sacrificata all’omologazione e ai consumi. Mi viene in mente il tema di un Salone del Libro di Torino di qualche anno fa, “Ci salverà solo la bellezza”. Sparita questa, cosa ci può salvare?
Al contrario, riteniamo che la bellezza e la natura siano troppo ingiuste. Riteniamo che sia un po’ troppo antidemocratico nascere belli o brutti e sperare in caso nefasto che ci salvi la personalità. E’ ingiusto. Al talento preferiamo di netto il sudore del lavoro e un certo tipo di intelligenza empirica. In un certo senso la nostra preferenza si butta nettamente sulla chirurgia plastica piuttosto che sulla bellezza naturale. Il problema è che la chirurgia dovrebbe essere accessibile a tutti; e coloro che ne fanno uso dovrebbero avere un poco di fantasia piuttosto che ispirarsi ai soliti , noiosi, modelli televisivi.

Voci di corridoio dicono che Luca si sia tirato fuori il membro durante un concerto. Innanzitutto: è vero? E poi: è egocentrismo onanista o mera attitudine punk da sfoggiare su un palcoscenico?
Parlavamo di San Francesco. San Francesco si è spogliato davanti al vescovo per dimostrare la forza dell’amore e della povertà. Ci siamo ispirati a lui, in tempi di crisi.

Qual è la cosa più bella che vi sia capitata durante il tour di Auff!!?
Fare l’amore con più ragazze nello stesso letto.

Domanda banale ma necessaria: finito questo tour molto impegnativo, quali saranno le prossime mosse per l’amministrazione del dolore d’essere vivi?
Scrivere suonare e cantare musica piuttosto che promuovere e parlare di musica.

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