Recensioni #13.2017 – Gomma / Margo Sanda / Parking Lots / Da Black Jezus

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Gomma – Vacanza
[ 2017 | V4V Records | Emo Core ]

(di Federico Acconciamessa)

vacanza_1440x1440A neanche un anno di distanza dalla pubblicazione del loro disco d’esordio Toska i Gomma tornano con un EP di quattro tracce,sempre sotto l’egida dell’etichetta abruzzese V4V Records. Dopo aver ben affrontato l’intenso tour primavera-estate il quartetto si è rinchiuso nel RedBull Studio Mobile per registrare con Andrea Sologni e Andrea Suriani i nuovi pezzi nati sul furgone tra una data e l’altra. La precoce band campana è stata abile nel non cadere nella ripetizione e nel rendere Vacanza un capitolo a sé stante della propria produzione artistica, senza subire la presenza del recente predecessore. L’EP mantiene il brio emo-core degli esordi ma si coniuga in nuove soluzioni melodiche che aprono spiragli di freschezza. L’omonimo brano che apre il disco è un climax di sonorità prima più Indie poi più Punk, sorretto dal violino di Nicola Manzan, mentre “Falò” e “Foresteria” esplodono come molotov e sprigionano quel sentimentalismo sprezzante insito ormai nella natura della band. Il tutto si chiude con una versione acustica di “Falò” cantata da Ilaria insieme a Luca Galizia, già membro dei Leute e dei Generic Animal. I Gomma vanno avanti così per la loro strada, insofferenti a compromessi e mediazioni ma dritti verso la propria idea di musica che stanno riuscendo a realizzare concretamente canzone dopo canzone.
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Margo Sanda – Delay
[ 2017 | autoprodotto | Alt Pop ]

(di Silvio “Don” Pizzica)

23155060_489793908048216_1637521499248696339_oIn pieno spirito DIY, Margherita Cappuccini da il via alla sua carriera solista con sei brani registrati in casa tra Firenze, Brescia e Roma e pochissimi mezzi a disposizione. Quello che viene fuori da questa sorta di racconto musicale del percorso artistico giunto fino al moniker Margo Sanda (non deve essere un caso che il nome richiami quello della protagonista parigina di “Così bella così dolce”) è Delay, sei brani minimali (curioso che Bresson, regista del film sopra citato, sia considerato un maestro del minimalismo) e non sempre musicalmente ineccepibili ma con molte buone idee all’interno, che cavalcano tanto quel cantautorato Lo Fi di nuovo millennio quanto un certo Electro/Dream Pop e Slowcore etereo e ammaliante, con una discreta attenzione all’aspetto più Soul Pop nelle melodie ma anche al Folk singing più romantico, il tutto avvolto in un’aura Ambient/Electro malinconica senza tristezza. Sei pezzi eleganti che mostrano tanto talento ma lasciano un po’ di amaro in bocca per quello che sarebbero potuti essere con maggiori mezzi a disposizione.
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Parking Lots – Parking Wizards
[ 2017 | Coypu Records | Indie Rock, Psych Rock, Slowcore ]

(di Claudia Viggiano)

23172648_1516745491740525_4626743720248693530_nÈ stata lunga la maturazione dell’album d’esordio dei Parking Lots, band fiorentina con alle spalle un solo EP – Sex of the Submarines, autoprodotto nel 2012. Parking Wizards è un salto in avanti grazie ad una attenzione compositiva che rende le chiare influenze anni 90 (ma anche 70) mai banali né monodimensionali.  È un dinamismo Indie Rock in cui le doppie voci supportano ed integrano una forte componente di psichedelia (di cui “Tibet” è il picco creativo) e quel gusto Lo-Fi/Noise rinato negli ultimi anni. L’ispirazione dei 90 torna anche con i richiami allo Slowcore dei Galaxie 500 in “A Night in the Woods” e nel singolo “Big Reaction”, in felice contrasto con brani di stampo più (Post) Punk in cui il basso di Alberto Mariotti (Samuel Katarro, King of the Opera) tiene i nervi tesi. Parking Wizards è un esordio ben decantato che mostra una direzione chiara nonché una dimestichezza compositiva rare negli esordienti, e a cui gli anni di incubazione hanno sicuramente giovato.
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Da Black Jezus – They Can’t Cage The Light
[ 2017 | Weapons Of Love | Black Folk, Nu Soul ]

(di Maria Pia Diodati)

Cover album Da BLACK JEZUSLa title-track apre l’esordio in long playing del duo siciliano mettendo subito le cose in chiaro: la terra di origine è lontana anni luce da queste nove tracce che trasudano blackness da tutti i pori. Dal minuto e mezzo di gospel di “They Can’t Cage The Light” si passa in rapida e fluidissima sequenza attraverso tante espressioni del Folk nero americano, maneggiato in modo sorprendentemente sapiente. Non suona mai stucchevole il sound a firma Da Black Jezus, ruvido e corposo, che rimbalza spigliatamente tra dualismi accattivanti, con una vena psichedelica simile a quella degli Algiers più Soul e apporti elettronici più garbati e mirati rispetto alla tendenza del Nu Soul internazionale. Il timbro di Luca Impellizzeri misto alle chitarre Folk Blues evoca Ben Harper, rauco e rotondo e appena adulterato in salsa Synth Pop. Tra momenti più ritmati e ballad polverose, They Can’t Cage The Light è una partenza in quarta, piena di personalità e senza passi falsi.
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Last modified: 20 Febbraio 2019