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Nicola Manzan (Bologna Violenta)

Written by Interviste

Sta girando l’Italia in lungo e in largo per il tour legato al suo ultimo album. Si porta dietro un’esibizione live dal forte impatto emotivo. Dopo aver partecipato al concerto tenutosi a Torino, era inevitabile porsi delle domande su Uno Bianca. A domande fatte, Bologna Violenta (Nicola Manzan) risponde. Eccovi serviti.

Ciao Nicola, cominciamo dal principio. Com’è nata l’idea di Uno Bianca? Voglio dire, in Italia purtroppo si sono verificati un gran numero di fatti di cronaca nera. Come mai la scelta degli avvenimenti legati proprio ai fratelli Savi?
La scelta è ricaduta su questi fatti perchè si sono svolti in larga parte a Bologna e provincia (per quanto la banda abbia operato anche lungo la costa adriatica fino a Pesaro). Volevo fare un disco su Bologna, un po’ come era successo nel 2005 con il mio primo album. Lì era più una questione di istinto, di sensazioni trasformate in musica, filtrate attraverso l’immaginario dei film poliziotteschi degli anni Settanta (ma con sonorità moderne, ovviamente). Qui il lavoro è stato diverso, sentivo il bisogno di raccontare Bologna, ma volevo farlo partendo da una storia vera che secondo me ha sconvolto e cambiato sotto molti aspetti la città di Bologna e le persone che ci vivono.

Ti sei dovuto documentare molto per la realizzazione di questo album? Di che tipo di materiale ti sei servito per poter riscrivere in musica questa storia? Hai trovato difficoltà nel reperirlo?
Ho cominciato ad interessarmi a questa storia una decina di anni fa e quando mi sono messo al lavoro per scrivere e registrare il disco mi sono reso conto di avere parecchio materiale utile senza dover impazzire per reperire molte altre informazioni. Tengo anche a precisare che il mio intento è sempre stato, fin dall’inizio, quello di “sonorizzare” i peggiori crimini della banda, quindi la cosa fondamentale per me era capire come si erano svolti i fatti per poter poi creare una sorta di sceneggiatura che sarebbe diventata la struttura del pezzo. Quindi mi sono concentrato più che altro sulla ricerca di libri o documenti con fonti attendibili che raccontassero cos’era successo (o cosa si presume possa essere successo) e poco altro. Non mi è mai interessato affrontare tutte le questioni e le ipotesi riguardanti le azioni della banda (qui le teorie si sprecano), per me l’importante era mettere in musica dei momenti di follia e terrore.

Nelle tue esibizioni live di Uno Bianca la musica è accompagnata da immagini, scritte e video  essenziali, molto diversi da quelli che accompagnano le esibizioni dei tuoi precedenti pezzi. Una formula che aiuta a descrivere i fatti e a meglio comprendere la tragicità degli eventi, senza però far passare in secondo piano la musica. Più che un concerto i tuoi live sono una sorta di esperienza multisensoriale dal forte valore emotivo. Ci racconti com’è nata l’idea di un live di questo tipo?  
Devo innanzitutto dire che avrei voluto avere i visual anche per i tour precedenti, ma alla fine per un motivo o per un altro (a dire la verità sono tantissimi fattori messi insieme) non sono mai riuscito a mandare in porto questo aspetto dei live. Per questo disco, però, la questione “visual” non poteva essere ignorata. Non a caso anche nel disco si trova una guida all’ascolto in cui vengono raccontati i vari episodi, dando così la possibilità all’ascoltatore di poter capire cosa stia succedendo a livello musicale. Quindi ho deciso di creare un video per ogni pezzo del disco, ma non volevo fare dei videoclip veri e propri (anche perché le immagini di repertorio non sono comunque moltissime), mi interessava più che altro raccontare attraverso poche immagini, poche parole e alcuni simboli ricorrenti (come i flash degli spari e le croci). Se non ci fossero i visual penso che nessuno capirebbe cosa sto facendo durante i concerti, i pezzi sarebbero fini a se stessi e ci sarebbe addirittura il rischio che venissero ascoltati con le stesse “intenzioni” di quelli dei dischi precedenti, dandone una interpretazione grottesca e quindi sbagliata. I video della seconda parte del concerto (i cui suono appunto pezzi presi dai dischi precedenti) sono addirittura spesso più truci di quelli di Uno Bianca, ma tutto sommato vengono vissuti con più leggerezza dalla gente.

Uno Bianca è stato oggetto di critiche per una sbagliata interpretazione dei tuoi intenti; se ne è parlato molto sul web. Te l’aspettavi una cosa del genere? Cosa hai pensato quando hai letto l’articolo in questione su “Il Resto del Carlino”?
Ho pensato che a questo mondo non c’è proprio speranza… L’articolo (quello che ho condiviso su Facebook è solo uno dei tre usciti anche sul cartaceo) è stato scritto dopo essere stato un’ora al telefono con uno dei loro giornalisti a cui ho spiegato per filo e per segno tutto di me, del mio progetto e di quello che ho fatto nella vita, giusto per non lasciare delle zone d’ombra. Però niente da fare, evidentemente avevano già deciso tutto prima di contattarmi e nonostante io abbia mandato il disco alla redazione del giornale, è palese che l’articolo fosse in pratica tutto già scritto prima ancora di contattarmi. Come è palese che nessuno ha ascoltato gli mp3 che ho mandato. Questi articoli poi hanno sollevato degli strascichi di polemiche molto fastidiose, a dirla tutta. Io ho solo raccontato in musica una storia, ma evidentemente questa cosa non si può fare. Davvero non capisco.

Questa è una domanda personalissima, o forse no. Nelle tue produzioni musicali ti sei quasi totalmente discostato dal concetto di “canzone”. In Uno Bianca i testi sono quasi del tutto assenti. Tuttavia ho sempre avuto difficoltà a scollegare totalmente la tua musica dalle parole, perché non immagini la quantità di parole che viene fuori dalla mia penna dall’ascolto di Bologna Violenta. Come la mettiamo con questo aspetto della tua musica?
Eh… bella domanda… Penso che il tutto nasca dal fatto che sono cresciuto con la musica classica, soprattutto quella sinfonica e da camera (quindi molto poco cantata) e non sono mai stato molto legato ai testi delle canzoni. Mi sono sempre perso nell’ascolto dei suoni più che nel capire il significato dei testi. Quando devo fare musica mia non mi viene mai l’idea di metterci una voce o un testo per così dire “tradizionali”. Non amo cantare (e non riesco a ricordare i testi delle canzoni), ma mi piace mettere delle piccole parti parlate per dare un senso più compiuto a ciò che sto cercando di comunicare (vedi ad esempio “Morte” o “Maledetta del Demonio). Nell’ultimo disco ci sono poche parole, ma c’è la guida all’ascolto che è comunque una parte fondamentale dell’intero lavoro. Come dire, di testi ce ne sono, a volte sono poche parole, ma devo dire che spesso celano dei mondi molto più grandi di quello che può sembrare. Forse è semplicemente perché nella vita tendo ad essere logorroico, quindi nella mia musica cerco di essere sintetico.

Forse è troppo presto per parlare di bilanci, Uno Bianca è uscito da poco e tu sei a metà del Tour di promozione. In ogni caso, te la senti di dirci come sta andando? Si tratta di utopie o di piccole soddisfazioni?
Penso di poter tranquillamente parlare di grandi soddisfazioni. Il disco, pur nella sua complessità, piace molto alla gente e i concerti sono un momento molto forte, in cui il pubblico se ne sta in silenzio per quasi un’ora a guardare con attenzione e a subire la violenza che esce dall’impianto. Spesso a fine concerto scattano dei lunghi applausi a cui non sono davvero abituato e questo mi fa pensare di aver fatto un buon lavoro, che nonostante sia lontano da quello che la gente ascolta normalmente, riesce comunque ad arrivare al cuore di è presente al concerto.

C’è un’esibizione live che più ti ha emozionato finora o alla quale tieni particolarmente?
Questa è una domanda difficile… Ogni data è speciale per molti motivi e devo dire che questo tour mi sta portando anche in posti dove non avevo mai suonato, trovando un forte riscontro di pubblico anche nelle serate nei posti meno tradizionali. Le prime date, quelle all’interno del Woodworm Festival sono state molto impegnative da un punto di vista emotivo, almeno per me, visto che non sapevo assolutamente cosa avrebbe recepito il pubblico e se sarebbe piaciuto il nuovo spettacolo.

Rileggendo una tua intervista di un paio d’anni fa su Rockambula, ho sorriso di fronte alla tua risposta alla domanda “La tua paura più grande?” (Cito:  Ho paura che tutto possa cambiare da un momento all’altro e dover ripartire. Di nuovo (…) Vorrei un po’ di tranquillità). Sei riuscito a trovare la tranquillità che ti eri augurato qualche tempo fa?
Ricordo quell’intervista e ad oggi non mi sembra che le cose siano molto cambiate. C’è da dire che sto lavorando molto, quindi il periodo è assolutamente positivo, ma ho anche capito che quel tipo di tranquillità che ricercavo un paio di anni fa non è ancora così vicino come pensavo. Però molte cose sono cambiate nel frattempo, ho un’idea più chiara di chi sono e di cosa voglio e posso fare nella vita, quindi sono più tranquillo da questo punto di vista. Mi sono anche reso conto che le ripartenze fanno parte della mia vita (e penso anche di quella di molti), quindi ogni volta vado avanti senza pensare troppo al passato o a quello che è stato e cerco di dare il meglio ogni giorno.

Hai già nuovi programmi per il “post” Uno Bianca? Ci sono già dei progetti futuri in ballo?
Ho sempre molte idee che mi girano in testa, e sto anche pensando al “post” Uno Bianca, ovviamente. Attualmente sono impegnato su parecchi fronti, collaborando con vari artisti come arrangiatore, violinista o produttore, quindi tra il tour e questi vari lavori non ho molto tempo per pensare al futuro di Bologna Violenta, ma sto già cominciando a raccogliere materiale per quello che potrebbe essere il prossimo disco.

Grazie mille Nicola. Per concludere, c’è qualcosa che non ti ho chiesto, alla quale ti sarebbe piaciuto rispondere?
Grazie mille a te per lo spazio che mi hai concesso. Tengo solo a precisare che non uso synth e tastiere varie per ricreare il suono degli archi. Faccio delle lunghe session di registrazione in cui registro tutti gli strumenti. Giusto perché qualcuno parla di “tastiere” riferendosi agli archi…

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Il Video della Settimana: Bologna Violenta – 23 dicembre 1990 – Bologna: Assalto Campo Rom

Written by Senza categoria

“23 dicembre 1990 – Bologna: assalto campo Rom” è il primo video tratto da Uno Bianca, il concept di Nicola Manzan alias Bologna Violenta sulla Bologna insanguinata dalle gesta della famigerata banda comandata dai fratelli Savi. Dopo le tante recensioni positive su questo disco, non mancate alcune critiche, tra cui quelle aspre e probabilmente gratuite lanciate sulle pagine del portale web de Il Resto del Carlino.

Per Rockambula, Uno Bianca resta un album pregevole, che commemora aiutando a ricordare e senza mai offendere la memoria di nessuna delle vittime. La nostra scelta della settimana è la conferma del nostro pieno apprezzamento. Il video di “23 dicembre 1990 – Bologna: assalto campo Rom” è disponibile di seguito e in homepage fino a sabato prossimo.

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Bologna Violenta – Uno Bianca

Written by Recensioni

Con l’uscita, nel 2012, di Utopie e Piccole Soddisfazioni, Nicola Manzan, in arte Bologna Violenta, ha fissato per sempre i paletti della sua espressione stilistica, permettendoci di distinguerlo al primo ascolto, anche in assenza quasi totale della voce, sua o di chi altri. Con quel terzo disco, il polistrumentista già collaboratore di Teatro Degli Orrori, Non Voglio Che Clara, Baustelle, sembrava gridare all’Italia la sua ingombrante presenza, divenendo poi uno dei punti fermi (grazie anche alla sua etichetta, Dischi Bervisti) di tutta la scena (ultra) alternativa che non si nasconde ma si offre in pasto a ogni sorta di ascoltatore, dai più incalliti cantautorofili, fino agli inguaribili metallari. Nicola Manzan non colloca alcuna transenna tra la sua arte e i possibili beneficiari e allo stesso modo non pone freno alla sua creatività, fosse anche spinto dal solo gusto per il gioco e l’esperimento divertente magari senza pensare troppo al valore per la cultura musicale propriamente detta. Arriva perfino a costruire una specie di storia della musica, riletta attraverso quaranta brani che sono rispettivamente somma di tutti i pezzi composti da quaranta differenti musicisti. Dagli Abba ad Alice in Chains passando per Art of Noise, Barry White, Bathory, Bee Gees, Black Flag, Black Sabbath, Bob Marley, Boston, Carcass, Charles Bronson, Dead Kennedys, Death, Donna Summer, Eagles, Faith No More, Genesis, Jefferson Airplane, Kansas, Kyuss, Led Zeppelin, Michael Jackson, Negazione, Nirvana, Os Mutantes, Pantera, Pink Floyd, Queen, Ramones, Siouxsie and the Banshees, T. Rex, The Beatles, The Clash, The Doors, The Police, The Velvet Underground, The Who, Thin Lizzy e Whitney Houston. Ogni traccia è il suono di tutti i frammenti che compongono la cronaca musicale di quell’artista. Poco più di una divertente sperimentazione che però racconta bene il soggetto che c’è dietro.

Dopo questo esperimento sonico per Bologna Violenta è giunta finalmente l’ora di far capire a tutti che non è il caso di scherzare troppo con la sua musica e quindi ecco edito per Woodworm, Wallace Records e Dischi Bervisti ovviamente, il suo quarto lavoro, Uno Bianca.  Se già nelle prime cose, Manzan ci aveva aperto le porte della esclusiva visione cinematografica delle sue note caricando l’opera di storicità, grazie a liriche minimali, ambientazioni e grafiche ad hoc, con quest’album si palesa ancora più la valenza fortemente storico/evocativa della sua musica, in contrapposizione ai cliché del genere Grind che lo vedono stile violento e aggressivo anche se concretamente legato a temi pertinenti politica e società. La grandezza di Uno Bianca sta proprio nella sua attitudine a evocare un periodo storico e le vicende drammatiche che l’hanno caratterizzato, attraverso uno stile che non appartiene realmente all’Italia “televisiva” di fine Ottanta e inizio Novanta. Il quarto album di Manzan è proprio un concept sulle vicende della famigerata banda emiliana guidata dai fratelli Roberto e Fabio Savi in attività tra 1987 e 1994, che ha lasciato in eredità ventiquattro morti, centinaia di feriti e strascichi polemici sul possibile coinvolgimento dei servizi segreti nelle operazioni criminali. Un concept che vuole commemorare e omaggiare la città di Bologna attraverso il racconto di una delle sue pagine più oscure, inquietante sia perché i membri erano appartenenti alla polizia e sia perché proferisce di una ferocia inaudita. Il disco ha una struttura categorica che non lascia spazio a possibili errori interpretativi e suggerisce la lettura già con i titoli dei brani i quali riportano fedelmente data e luogo dei vari accadimenti. Per tale motivo, il modo migliore di centellinare questo lavoro è non solo di rivivere con la memoria quei giorni ma di sviscerare a fondo le sue straordinarie sfaccettature, magari ripassando con cura le pagine dei quotidiani nei giorni prossimi a quelli individuati dalla tracklist, perché ogni momento del disco aumenterà o diminuirà d’intensità e avrà un’enigmaticità più o meno marcata secondo il lasso di tempo narrato o altrimenti attraverso la guida all’ascolto contenuta nel libretto.

Sotto l’aspetto musicale, Manzan non concede nessuna voluminosa novità, salvo mollare definitivamente ogni legame con la forma canzone che nel precedente lavoro era ancora udibile in minima parte ad esempio nella cover dei Cccp; i brani sono ridotti all’osso e vanno dai ventuno secondi fino al minuto e trentuno, con soli due casi in cui si toccano gli oltre quattro minuti. Il primo è “4 gennaio 1991 – Bologna: attacco pattuglia Carabinieri” che racconta l’episodio più feroce e drammatico di tutta la storia dell’ organizzazione criminale; la vicenda delle vittime, tre carabinieri, del quartiere Pilastro. La banda era diretta a San Lazzaro di Savena per rubare un’auto. In via Casini, la loro macchina fu sorpassata dalla pattuglia e i banditi pensarono che stessero prendendo il loro numero di targa. Li affiancarono e aprirono il fuoco. Alla fine tutti e tre i carabinieri furono trucidati e finiti con un colpo alla nuca. L’assassinio fu rivendicato dal gruppo terroristico “Falange Armata” e nonostante l’attestata inattendibilità della cosa, per circa quattro anni non ci furono responsabili. Il secondo brano che supera i quattro minuti è “29 marzo 1998 – Rimini: suicidio Giuliano Savi”, certamente il più profondo, il più tragico, il più emotivamente violento, nel quale è abbandonata la musica Grind per una Neoclassica più adatta a rendere l’idea di una fine disperata, remissiva e da brividi. L’episodio che chiude l’opera è, infatti, il suicidio del padre dei fratelli Savi, avvenuto dentro una Uno Bianca, grazie a forti dosi di tranquillanti e lasciando numerose righe confuse e struggenti.

Come ormai abitudine di Manzan, alla parte musicale Grind si aggiunge quella orchestrale e a questa diversi inserti sonori (a metà di “18 agosto 1991 – San Mauro a Mare (Fc): agguato auto senegalesi” sembra di ascoltare l’inizio di “You’ve Got the Love” di Frankie Knuckles ma io non sono l’uomo gatto) che possono essere campane funebri, esplosioni, stralci radiotelevisivi, rumori di sottofondo, e quant’altro. Tutto serve a Bologna Violenta per ricreare artificialmente quel clima di tensione che si respirava nell’aria, quella paura di una inafferrabile violenza. Ora che ho più volte ascoltato i trentuno minuti di Uno Bianca, ora che ho riletto alcune pagine rosso sangue di quei giorni, comincio anche a ricordare meglio. Avevo circa dieci anni quando cominciai ad avere percezione della banda della Uno bianca e ricordo nitidamente nascere in me una paura che mai avevo avuto fino a quel momento. Il terrore che potesse succedere proprio a me, anche a me, inquietudine di non essere immortale, ansia di poter incontrare qualcuno che, invece di difendermi giacché poliziotto, senza pensarci troppo, avrebbe potuto uccidere me e la mia famiglia non perché folle ma perché uccidermi sarebbe servito loro a raggiungere lo scopo con più efficacia e minor tempo. Ricordo che in quei tempi, anche solo andare in autostrada per raggiungere il mare era un’esperienza terrificante, perché l’autostrada è dove tutto cominciò. “19 giugno 1987 – Pesaro: rapina casello A-14”, qui tutto ha inizio; una delle storie più scioccanti d’Italia e uno degli album più lancinanti che ascolteremo quest’anno.

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Ecco le nuove uscite più attese del 2014!!! Prendete carta e penna…

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TEMPLATE2014

Evitando di farci prendere da facili entusiasmi, dai nostri desideri e di farci trascinare nel vortice delle “voci di corridoio”, cerchiamo di fare il punto su quelle che saranno solo alcune delle uscite più interessanti previste per il 2014, sia album che singoli ed Ep.  Dopo due anni o poco meno tornano i Maximo Park con il nuovo album Too Much Information in uscita a febbraio, insieme ai Tinariwen con Emmaar, a The Notwist e a St. Vincent. Ci sarà da aspettare molto meno invece per Metallica e il loro film documentario Through the Never e il nuovo full length Pontiak, INNOCENCE (28 gennaio), cosi come per il grande Mike Oldfield che dopo il non entusiasmante remix del suo capolavoro torna con Man on the Rocks (27 gennaio). Tra le tante raccolte che ci accompagneranno, da non perdere Original Album Series (24 gennaio) di Kevin Ayers e The Beatles con The U.S. Albums (21 gennaio).

Ci attende una svolta stilistica non indifferente e che non vogliamo anticiparvi, nel nuovo Alcest mentre segnatevi da qualche parte la data del 21 gennaio perché in uscita c’è il nuovo Ep di Glenn Branca, Lesson No. 1. Ci sarà non troppo da aspettare anche per vedere e leggere la recensione di Rave Tapes dei Mogwai mentre gli amanti dell’Idm si preparino al nuovo singolo targato Moderat cosi come i fanatici Ambient non dovranno aspettare molto per ascoltare  bvdub, già uscito nel 2013 (in coppia con Loscil) e prontissimo con un nuovo lavoro. Poche aspettative (eppure siamo molto curiosi) per il nuovo dei folli giapponesi Polysics, Action!!! (15 gennaio) mentre molte di più sono quelle per i Sunn O))) (che usciranno, quest’anno anche con Terrestrials, insieme agli Ulver) LA Reh 012 (13 gennaio). Per i fan più accaniti, annunciamo anche l’imminente uscita di Bruce Springsteen con High Hopes (10 gennaio) mentre proprio da due giorni è disponibile uno dei lavori più attesi, da noi amanti del Neo-Gaze, Cannibal singolo dei Silversun Pickups. Quasi dimenticavo anche l’ex Pavement, Stephen Malkmus & The Jicks con l’album Wig Out at Jagbags e poi Present Tense dei Wild Beasts.

Lasciamo per un attimo il panorama internazionale e guardiamo che succederà in casa nostra. Dente con Almanacco del Giorno Prima è pronto per gennaio. Con lui anche i Farglow, Meteor Remotes e gli Hysterical Sublime con Colours Ep. Tornano i Linea77 e speriamo che C’Eravamo Tanto Armati ne possa risollevare almeno un po’ le sorti. Quasi certa la prossima uscita per la ristampa di Da Qui dei Massimo Volume. Tra i lavori italiani più attesi non può mancare L’Amore Finché Dura, dei Non Voglio Che Clara mentre penso che si potrà fare a meno di ascoltare Omar Pedrini e il suo ultimo Che ci Vado a Fare a Londra, anche se un minuto di attenzione non si nega a nessuno. Paolo Fresu è in uscita con Vino Dentro mentre farà parlare, sparlare e litigare Canzoni Contro la Natura degli Zen Circus cosi come Brunori Sas e il suo Vol.3, Il Cammino di Santiago in Taxi. Nel frattempo ho già iniziato l’ascolto di Uno Bianca, il concept album di Bologna Violenta, in uscita il prossimo 24 febbraio.

Mettiamo da parte le uscite certe per questi primi mesi dell’anno e diamo ora uno sguardo più lontano nel tempo. Pare che Damon Albarn, leader di Blur e Gorillaz sia pronto per un album solista ma molto più atteso, almeno per quanto mi riguarda, è il nuovo album degli Have a Nice Life. Poi sarà certamente l’anno del nuovo U2, dei Foo Fighters e di Lana del Ray. Sale l’attesa per il nuovo di Beck, la cui uscita sembra quasi certa per il finire di febbraio, mentre ancora tutto da chiarire per quanto riguarda le nuove fatiche di Tool, Pharrell, Frank Ocean, Mastodon, Burial, Giorgio Moroder, Brody Dalle, Cloud Nothings, Flying Lotus, Grimes e The Kills.

Io mi segno almeno una decina di nomi, per gli altri vedremo. Nel frattempo speriamo che il 2014 ci regali qualche sorpresa in più rispetto a queste anticipazioni perché i nomi, nel complesso, non lasciano certo sperare in un’annata da ricordare. Comunque, ci sono sempre gli esordienti, magari ancora sconosciuti, da tenere in considerazione. Saranno loro a farci sognare, non ne dubito.

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