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Il Babau e I Maledetti Cretini – Il Cuore Rivelatore

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Non ascoltate questo disco, non guardate queste immagini, non leggete questa storia. Gettatelo nel fuoco prima che sia troppo tardi. Dio abbia pietà di noi.

Prende forma la Trilogia del Mistero e del Terrore, con questa seconda prova, Il Cuore Rivelatore, ancora una volta opera ispirata da un racconto del maestro Edgar Allan Poe. Il primo capitolo, La Maschera della Morte Rossa, è un racconto che narra di una pestilenza e delle vicende del principe Prospero, il quale si rifugia in un palazzo per evitare il contagio per poi essere raggiunto e ucciso insieme ai suoi invitati dalla Morte Rossa durante un ballo in maschera. Il secondo fonodramma riprende la stessa linea guida ma stavolta si basa su una narrazione ancor più nota dell’autore di Boston e, dalle precedenti atmosfere medievali e diaboliche, si passa a un contesto più inquieto e ansioso.

Sotto la produzione artistica di Roberto Rizzo, Il Babau e I Maledetti Cretini confezionano un’opera perfetta sotto ogni aspetto, a partire da una ricercata prefazione firmata Dr. M. Scheller e strutturata secondo un artificio noto in letteratura, per cui tale dottore (proprietario dell’etichetta Btf) avrebbe finalmente trovato il disco e la trilogia in un imprecisato futuro e abbia lasciato scritte alcune parole per ammonire chiunque a stare lontano da queste opere malefiche e maledette, come si trattasse di un cimelio oscuro. Anche il resto del libretto di quasi cinquanta pagine è di pregevole fattura con le illustrazioni di Gianni Zara ad alternarsi alle parole dei vari brani riportate sia secondo l’originale in inglese di Poe, sia con la traduzione italiana degli stessi artisti.

Per quanto concerne l’aspetto musicale, Il Cuore Rivelatore è di difficilissima catalogazione e valutazione. Il canto è quasi totalmente assente, visto che Franz Casanova si limita, per modo di dire, a recitare i testi con qualche divagazione più melodica e cori surreali di Andrea Dicò. Stessa cosa per melodia e forma canzone. Il resto del lavoro affidato alle sue tastiere, alla batteria di quest’ultimo e alle chitarre di Damiano Casanova, si risolve in un Progressive di avanguardia che tanto si rifà alle opere dei maestri del genere anni Sessanta e Settanta, con una notevole propensione per gli aspetti più psicotici e psichedelici e, alternativamente, a un sound minimale e aggressivo che, in talune reiterazioni ritmiche, ricorda anche le sperimentazioni degli Swans più nevrotici.

Come detto, la valutazione di questo disco è cosa in sostanza impossibile, se si vuole inserire in un ambiente prettamente discografico. Al di fuori dei confini non ha certo la forza, causa lingua italiana, per attecchire e sotto l’aspetto musicale tutto è forgiato per far si che le note rendano nel migliore dei modi le sensazioni date dal momento narrante, l’agitazione e la tensione crescente, senza distogliere l’attenzione dalle parole. Del resto, non siamo di fronte ad una serie di canzoni o a un semplice concept album ma a un vero e proprio fonodramma, la cui musica ha solo lo scopo predetto, senza fare troppi sforzi per agognare e individuare una stilistica davvero avanguardistica. Il Cuore Rivelatore è un disco/non disco che quasi non ha valore sotto l’aspetto musicale, o meglio, ne ha nei limiti del suo seguire le dinamiche standard del Prog, forgiato da una band che ha l’incredibile merito di aver riscoperto e reinventato la traduzione musicata di opere letterarie, scegliendo di concentrarsi sugli aspetti enigmatici, tetri ed estrosi di tali opere. In questo caso, forse anche più che nell’episodio precedente, l’obiettivo è stato raggiunto pienamente, con una grande cura per i dettagli, musicali e non, esecuzioni impeccabili, eccellente resa sonora della fluidità del racconto e ottima capacità recitativa. Basta questo per definire Il Cuore Rivelatore un grandissimo album.

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Il Babau & i Maledetti Cretini – La Maschera della Morte Rossa

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Campanacci e muggiti e poi cupe note che ricordano le più angoscianti soundtrack dei Goblin miscelate all’asprezza di Tubular Bells, il tutto in chiave ancor più tenebrosa, tetra e languida. C’è questo a introdurci nella nuova, sorprendente opera de Il Babau & i Maledetti Cretini. Rincorrono note elettroniche che paiono razziate alle avanguardie italiane d’inizio settanta e la “Danza Macabra” si compie in un sanguinolento volteggiare di note Prog, tutto risolutamente in chiave strumentale in attesa del fonodramma vero e proprio che ci narra la storia che fa da soggetto all’intero album. Il Babau & i Maledetti Cretini è un progetto artistico che mette insieme musica, teatro e letteratura e che vede la compartecipazione di Damiano Casanova (chitarre, synth, tastiere, composizione e direzione musicale), Franz Casanova (voce narrante, synth, tastiere, carabattole varie) e Andrea Dicò (batteria, percussioni, rumorismi). La formazione sorgeva a Milano a inizio millennio e inizialmente si autodefiniva quartetto di Rock regressivo e musica da cameretta il cui nome è francamente rubato a un quadro a fumetti di Dino Buzzati. Dopo le prime fasi, Il Babau diviene un duo composto dai soli fratelli Casanova. La trasformazione trasforma radicalmente anche lo stile che abbandona la canzone e si spinge verso la riscoperta del fonodramma. Da quel momento la compagine sviluppa un personale percorso artistico che la porterà all’attuale stabilità e a questo La Maschera della Morte Rossa.

La Maschera della Morte Rossa è un racconto di Edgar Allan Poe che narra di una terrificante pestilenza, la Morte Rossa appunto e delle vicende del principe Prospero, il quale insieme con amici e cortigiani, si rifugia in un palazzo per evitare il contagio. Trascorsi cinque mesi festosi e tranquilli il principe decide di indire un ballo in maschera in sette stanze allestite ciascuna di un colore diverso. Nell’ultima stanza, di tinta nera, compare però un invitato che veste un sudario macchiato di sangue e una maschera che raffigura il volto di un cadavere. La figura attraversa tutte e sette le stanze tra lo sconcerto dei presenti che si fanno da parte per evitare di toccarla. Quando ha finito la sua passeggiata, Prospero, ripresosi e oltraggiato da quello che crede un orribile scherzo, corre incontro al nuovo venuto con l’intenzione di ucciderlo ma prima di raggiungerlo cade a terra senza vita. Solo allora gli astanti riescono a togliere il costume al misterioso ospite, ma si accorgono che sotto di esso non c’è niente: è la Morte Rossa, riuscita a entrare nel palazzo. Gli occupanti cadono morti uno dopo l’altro e la Morte Rossa stabilisce il suo regno sull’edificio ormai buio e desolato.

Questa storia, ancor oggi inquietante, è messa nero su bianco nel libretto che adorna l’album, in quarantotto pagine a colori, con testo originale e tradotto, più alcune bellissime illustrazioni di Siro Garrone. Soprattutto, però, questa storia è narrata da Il Babau & i Maledetti Cretini attraverso le sei tracce che compongono l’album non a guisa di semplice reading letterario o, ancor peggio, banale e indigente audiolibro ma come se la musica che adorna e circonda la narrazione facesse da colonna sonora alla vicenda, tanto da sottolinearne i momenti più intensi e valorizzando i crescendo emotivi di cui si forgia il racconto stesso. Se dunque la traccia iniziale tutta strumentale, di cui abbiamo accennato all’inizio, ci introduce perfettamente nell’atmosfera pestilenziale di una contrada medievale, il motivo portante del brano diventa il sottofondo, quasi come una colonna dorsale, delle restanti tracce. Sostrato che miscela il Progressive al Folk, l’avanguardia alla psichedelia, arricchendo tutto con una serie di campionamenti e inserti sonori atti a ricreare l’atmosfera ideale. La grandezza del lavoro de Il Babau & i Maledetti Cretini, che oltretutto è solo il primo atto di una trilogia dedicata i Racconti del Mistero e del Terrore del genio britannico, sta non soltanto nella capacità di sviluppare la strada dello Spoken Word senza ridurre la musica a un ruolo marginale, non unicamente nel riuscire perfettamente a dare l’idea di momenti festosi o tragici secondo il minuto trattato ma soprattutto nell’attitudine a usare un’armonia guida come il tronco di un albero dal quale si dipanano le diverse ramificazioni soniche; riesce a tenere ferma l’attenzione su di sé, tanto che anche dopo diversi ascolti, il trasporto indotto proprio dalla musica, tenderà a distrarci da quello che è il significato letterale del racconto di Poe. La cosa fornisce ancor più valore all’opera perché non solo invoglia ad ascoltare più volte, ma fornisce anche diverse chiavi di lettura, difformi punti di vista dai quali ascoltare e fare proprio l’album.

La Maschera della Morte Rossa è dunque un’opera di pregevole fattura che forse poco ha da dire sotto l’aspetto prettamente stilistico e musicale, ma rappresenta anche un modo alternativo e particolarmente apprezzabile di proporre cultura, ancor più se se ne potesse godere dal vivo e se è vero che la musica è la più nobile delle arti, anche perché quella che mette più in moto il cervello nelle sue diverse parti, pensate cosa deve essere quando legata alle parole immortali di un maestro come Poe.

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