Converge Tag Archive

Best of 2010’s – Il meglio della musica internazionale dal 2010 al 2019

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“Ma come cazzo fai a lasciare fuori Nick Cave, su!”
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‘Chi suona stasera?’ – Guida alla musica live di ottobre 2017

Written by Eventi

Godspeed You! Black Emperor, Klimt 1918, Melvins, The Dream Syndicate… Tutti i live da non perdere questo mese secondo Rockambula.

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‘Chi suona stasera?’ – Guida alla musica live di marzo 2017

Written by Eventi

Julie’s Haircut, Umberto Maria Giardini, Russian Circles… Tutti i live da non perdere questo mese secondo Rockambula.

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Recensioni | maggio 2016

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Jenny Penny Full – Eos (Dream Pop, Folk, Psych) 7/10
Misurati e cullanti come la migliore delle ninne-nanne. Un’incantevole voce femminile e tappeti sonori che stregano senza mai eccedere, forse peccando, qui e là, di troppa linearità, ma recuperando altrove in piccole fughe eteree, fumose ascensioni improvvise. Prodotto dalla Vaggimal dei C+C=Maxigross, Eos è un debutto sussurrato, ma convincente.

[ ascolta “Far Continents” ]

Echoes of the Moon – Entropy (Doom Metal, Ambient, Post Rock) 4,5/10
Prolisso e noiosetto concentrato di batterie finte, distorsioni acide, urla distanti e cupezza senza fine. Troppo immerso nei cliché per poter sostenere brani da 10 minuti senza evocare sbadigli o prurito al tasto “skip”. Solo per fan del genere, sfegatati al punto da sfiorare il masochismo (ce ne sono).

[ ascolta “Entropy” ]

Foxhound – Camera Obscura (Alt Pop, Funk) 7/10
L’ex quartetto torinese sembra muoversi con più disinvoltura in questo EP, che in cabina di regia ospita Mario Conte (Meg, Colapesce). Rimasti in tre, i Foxhound continuano a muoversi in territori Funk ma si lasciano andare a sperimentazioni analogiche che li rendono soffici e gradevolmente retrò. Ora che la nuova rotta è fissata e funziona attendiamo la prova in long-playing.

[ ascolta “My Oh My” ]

Blackmail Of Murder – Giants’ Inheritance (Metalcore) 6/10
I bresciani, freschi di contratto con la label Indiebox, ci presentano il loro secondo disco: Metalcore indiavolato come da tradizione Killswitch Engage, Caliban e compagnia bella. Il confronto con i mostri sacri del genere regge bene, compresa la ballata “Whisper”, unica variante di un lavoro che ha come punto debole la troppa somiglianza tra i singoli pezzi, risultando, alla fine, impossibile distinguerne uno dall’altro.

[ ascolta “Never Enough” ]

Oaken – King Beast (Dark Ambient, Post Hardcore) 5,5/10
Gli Oaken da Budapest hanno il coraggio di osare, influenzando il Death Metal con una massiccia dose di Dark Ambient e degli inserti Melodic Hardcore. Immaginatevi dei Converge fatti andare a briglia sciolta e calmati con forti scosse elettriche. I brani sono solo quattro ma durano un’eternità, allungati da contaminazioni a profusione. Si salva la voce femminile che impreziosisce “The Hyena” e poco altro.

[ ascolta “The Hyena” ]

Kai Reznik – Scary Sleep Paralysis (Elettronica, Ambient) 4,5/10
Dalla Francia, un’elettronica cupa e retrò che non stupisce per ricerca sonora né per maestria compositiva, tra arpeggiatori ossessivi e synth poco a fuoco. Un poco più interessanti le voci di Sasha Andrès degli Heliogabale su “Post” e “Nails & Crosses”. Se le atmosfere claustrofobiche sono volute, ci sarebbe da lavorare sui suoni per renderle masticabili e non distrarci troppo con gli spigoli grossolani dell’impianto strumentale.
[ ascolta “Post” ]

HUTA – How To Understand Animals (Alternative, Post-Grunge, Shoegaze) 6/10
Un mix saporito di sporcizia echeggiante attitudine Grunge e tappeti sonori e rumoristici da trip oscuro e nervoso. Il trio di Cuneo sforna un album che non delude dal punto di vista strumentale, abbastanza muscolare e ipnotico da convincere nonostante la voce non eccelsa e i suoni a cavalcioni del confine tra frizzone Noise controllato e amalgama poco riuscito, ribelle, fastidioso. Un equilibrio in bilico che mette in luce una qualche potenzialità senza però esplicitarla compiutamente.

[ ascolta “Hone” ]

Guns Love Stories – The Beauty of Irony (Alt Rock) 6/10
Unite il cantante degli Hardcore Superstar ad una qualsiasi band del filone Emocore stile Silverstein o Emery, per fare due nomi a caso, e avrete ben presente come suonano gli svizzeri Guns Love Stories. L’album gode di una produzione ottima che tira a lucido dieci canzoni ad alto tasso di infiammabilità. Eppure, nonostante ciò, il senso di incompiuto è perennemente dietro l’angolo.

[ ascolta “Predigested Hollywood” ]

Xayra – Resilience Blues (Pop) 5,5/10
Se questo disco fosse stato pubblicato più o meno vent’anni fa si sarebbe potuto tranquillamente gridare al miracolo: sarebbe stato un mix perfetto fra Silencers, Smashing Pumpkins, Ellis, Beggs and Howard e il primo Brit Pop. 
Tuttavia la musica negli anni si è evoluta ed è forse giunto il momento per gli Xayra di aggiornarsi e di adeguarsi ai giorni nostri. Certamente un bel lavoro ma fuori tempo massimo.
[ ascolta “Worries+Faults” ]

Filippo Dr Panico – Tu Sei Pazza (Punk, Cantautorato) 6,5/10
Si può descrivere il rapporto di coppia in musica senza mai delineare troppo il confine tra Punk e Cantautorato? Per Filippo Dr Panico è impresa fin troppo facile. Il suo valore lo aveva già dimostrato con il precedente lavoro, ora però ascoltatevi con attenzione “Bravo a Parole” e la title track meditando sui testi, chissà che non vi identifichiate nelle medesime situazioni. Da segnalare inoltre “Ci Vorrebbe Una Notte”, scritta assieme a Calcutta.

[ ascolta “Ogni volta che te ne vai” ]

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Deathwood – And if It Were True?

Written by Recensioni

Reduci da un mini tour che li ha visti scorazzare in terra tedesca, gli horror punker abruzzesi hanno recentemente presentato il nuovo lavoro And if It Were True? con un’esibizione mozzafiato al Garbage Live Club di Pratola Peligna (AQ) in compagnia dei Whip Hand, band di tutt’altra estrazione ma ugualmente valida. Messi da parte gli elogi per un contesto che è palesemente il palcoscenico più adatto alle loro canzoni, quello che resta è un disco che, se non nelle intenzioni, di certo nel risultato è una prova di maturità decisa o forse piuttosto una dimostrazione di consapevolezza dei propri mezzi.

And if It Were True? è, prima di tutto, un lavoro attento a ogni piccolo dettaglio, e in questo fondamentale è stato l’apporto dello studio Acme Rec. di Davide Rosati che ha prodotto, registrato e missato le nove canzoni così come quello di Nick Zampiello (AgainstMe!, Agnostic Front, Converge) che ha masterizzato il tutto ai New Alliance East Mastering Studio in Usa ma anche di Eeriette, l’artista che ha messo mano a cover e artwork. And if It Were True? è prima di tutto un disco Punk, un disco Horror Punk meglio, e potete immaginare da soli cosa possa significare suonare Horror Punk in Italia nel 2016. C’è solo da andare a sbattere la testa nella persistente reiterazione eppure i nostri quattro ragazzi scelgono una strada che riuscirà a dare loro la giusta convinzione e a finire per convincere anche noi ascoltatori.

And if It Were True? racconta delle storie, ovviamente spaventose, terribili, di cadaveri e fantasmi ma riesce a farlo con una sorta di velo d’ironia unico nel suo genere accarezzando trasversalmente le vicende dei singoli componenti della band ma anche le diverse leggende locali abruzzesi, affrontate con un misto di serietà e spasso che ci mette al riparo da ogni possibile critica su quanto stiamo ascoltando (non perdetevi il gioco di società inserito all’interno del libretto, che siate abruzzesi o no). In tal senso, assolutamente rappresentative le canzoni che compongono la trilogia di Quaglia Lake (“The Legend Is True”, “Lake of the Undead”, “The Day Is Over”) ispirata alle tante storie che si raccontano da generazioni sul piccolo lago La Quaglia. Ascoltare con attenzione ogni singolo brano, cercando di scavare più a fondo delle semplici note, è come stare nel bosco, attorno al falò, ad ascoltare i racconti di un vecchio incontrato per caso cercando di prestare attenzione mente la coda dell’occhio scruta l’oscurità degli alberi. Questo ci suggerisce la stessa copertina di And if It Were True? eppure la sensazione è che la metafora di quest’opera sia tutt’altra. L’Horror Punk dei Deathwood è un Horror punk che sa prendersi gioco tanto dei cliché del mondo che ruota attorno all’horror, inteso sotto l’aspetto artistico cinematografico, quanto dei cliché del Punk, qui proposto in tutta la sua semplicità, con coretti, chitarre taglienti e i giri semplici, sezione ritmica basilare e potente, voce poco attenta allo stile, ritornelli che invitano all’urlo di gruppo e, allo stesso modo, delle tradizioni del territorio da cui arrivano, spesso rilevate nei testi e nell’estetica (vedi i vari riferimenti al Parco Nazionale, agli orsi che popolano l’Abruzzo, ecc…). E se fosse vero?, si chiedono i Deathwood. Se lo chiedono come chi ti ha appena detto una stronzata, facendovi sbellicare dalle risate, ridendo con voi mentre faceva finta di volervi spaventare ma poi torna serio quando, prima di sparire nel nulla, vi ficca un dubbio nel cervello. E se fosse vero? Ed è quello che ci fotte, alla fine, il dubbio; ci rende liberi davanti al mondo e schiavi della nostra afflizione al tempo stesso. Che sia questo il mostro più temibile dentro la rassegna horror movie firmata Deathwood?

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