Xiyu – Midnight; The Unfinished Suicide Tape

Written by Recensioni

Come amarsi attraverso l’automutilazione: l’angosciante addio di un transessuale.
[ 11.03.2020 | autoprodotto | post-industrial ]

Giovane musicista statunitense, Xiyu ha dimostrato nel giro di due anni una qualità non abituale una prolificità e produttività quasi bulimica.

“Facile”, dirà qualcuno ascoltando l’apparente casino amorfo di alcuni lavori precedenti: non è proprio pop mainstream e radiofonico quello che vi aspetta, e immaginiamo non richieda gli stessi tempi utili a mettere in piedi un album dei Tool. Power electronics e un casino di rumore: ecco questa botta d’allegria chiamata Midnight; The Unfinished Suicide Tape, l’ultimo grido di aiuto di un transessuale divorato dai suoi demoni.

Un lavoro ambiguo, sconvolgente nella resa, dove gli stili si avvicendano concedendo momenti più rilassati pur sempre con quell’aria funebre intorno: Midnight; The Unfinished Suicide Tape suona come un disco volutamente sospeso, come se la sua compiutezza ne rappresentasse la dipartita stessa e ciò da una sensazione sorprendente, come di un’ultima lunga e delirante lettera d’addio a cui non sappiamo se credere.

Le distorsioni sono uno dei protagonisti ma Xiyu non disdegna passaggi melodici appena accennati; eppure il tutto ha sempre qualcosa di non umano e l’incedere della musica dei sintetizzatori è il risultato di una meccanica precisa e ripetitiva in grado di produrre suoni cui non è richiesta alcuna manipolazione ulteriore affinché appaiano in alta fedeltà.

Oltre all’aspetto musicale/non musicale di questo delirio electroclash, per non alleggerire il suono e allentare la pesantezza del disco neanche per un secondo, Xiyu sceglie di parlarci di suicidio, odio contro se stessi e morte con una voce che sembra presa in prestito da qualche maniaco ermafrodito e un’efficacia che, se fossi dalle sue parti, chiamerei il 911.

Se avrete la pazienza di tradurvi alcuni brani in cui comunque le liriche sono ridotte all’osso, preparatevi a volgarità, sfacciataggine e testi diretti. Dunque un disco totalmente diy, crudo nel tema, nella resa e nella scelta stilistica e che ti lascia sprofondare nel suo stesso tormento sessuale, nella sua alienazione spaventosa ma in maniera dinamica e rabbiosa, senza quell’aria da vittima e martire da compatire.

Sono stato titubante sul consigliare o meno un disco così “tosto”, che parli apertamente di (tran)sessualità e suicidio ma proprio il modo con cui riesce a farlo, la scelta di usare certi suoni, con brani che a primo impatto sembrano da ballare più che da suicidio, e con questi trasportarti dentro il malessere, dentro la stessa psicologia al limite del malato di Xiyu, non può passare inosservato.

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Last modified: 5 Novembre 2020