Siamo stati alla prima edizione del Siren Festival, a Vasto dal 24 al 27 luglio 2014

Written by Live Report

Se un punto di vista non vi basta qui ne troverete persino due. Se per pigrizia intellettuale avete la necessità di  categorizzare ad ogni costo potrei venirvi incontro dicendo che i due pareri in questione appartengono rispettivamente a una donna con troppo entusiasmo e a un uomo con molto piglio critico, ma non prendetele troppo sul serio queste definizioni perché i tipi in questione si riservano spesso il diritto di cambiare personalità.

(di Maria Pia Diodati e Angelo Violante)

Geolocalizziamo: Vasto è una cittadina a picco sull’Adriatico abruzzese. Da queste parti i luoghi che profumano di storia e anche di mare si contano sulle dita di una mano. Il contenitore del Siren Festival è una splendida cittadina dagli spazi di concezione rinascimentale incollati su uno sfondo azzurro mare. Lasciate da parte gli stivali di gomma per quando andrete al Sziget. Sono in compagnia di un tipo che oltre ad essere frequentemente mio compagno di concerti è anche un ironico cantautore che da un po’ di tempo bazzica la scena musicale indipendente del centro Italia. Io ed Angelo, noto ai più come Borghese, ci siamo fatti una chiacchierata su quello che a conti fatti ha tutta l’aria di diventare un appuntamento fisso dell’estate musicale italiana, e non solo per noi abruzzesi.

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MP _ Veniamo subito al sodo: The National, headliner di venerdì sera. Sì, ho saputo che hai avuto parecchio da ridire sulla qualità dell’audio, e sono d’accordo con te, per rendersene conto era sufficiente avere un paio di orecchie, ed io avevo anche due loro recenti concerti alle spalle, peraltro gli stessi che hai tu in curriculum. Qual è stato il problema secondo te?

A _ Premettendo che il suono dei National è così, un mix di melodia, ritmo e imprecisioni che ne costituiscono in maniera consapevole e costruita una buona metà del fascino, stavolta mi sono incazzato perché fondamentalmente il live è stato spento rispetto alla media, come hai potuto notare tu e chiunque li avesse già visti. Questo perché a mio parere l’acustica del palco doveva essere simile o comunque deficitaria come quella della platea: questa cosa genera una reazione a catena emotiva che finisce per abbassare il grado di coinvolgimento reciproco tra artista e pubblico. Se il pubblico sente male risponde meno, l’artista lo recepisce, e se il ritorno sul palco è scarso suonare diventa pesante. Quando suoni in queste condizioni non riesci nemmeno a farti trascinare oltre le tue difficoltà di palco dal calore del pubblico. Un audio pessimo genera una reazione di eventi che non ha nulla a vedere con la voglia di suonare dell’artista e dalla voglia di divertirsi del fan: è così e basta e succede in un live club così come in uno stadio. È come sentire un disco con dei cuscini sulle casse o con le cuffie che ronzano, o suonare un piano con i cuscini dentro la cassa armonica: ti scazzi e basta.

thenational

MP _ Mi consenti però di spezzare un paio di lance a favore dei miei adorati? Davanti a un live sicuramente meno energico del solito, la prima cosa che mi viene da dire è che mi sono sembrati stremati, col promo tour di Trouble Will Find Me che dura ormai da più di un anno e mezzo. Poi, da profana, mi domando quanto sia complicato gestire il suono se quello che devi fare è incastrarlo letteralmente dentro le architetture di un centro storico. Sempre da profana, mi rispondo che forse le variabili si riducono, o diventano quantomeno più prevedibili, quando si tratta di spazi liberi come il Forum del Mar, tanto per confrontare la performance di venerdì sera con l’ultima dei National che abbiamo visto insieme al Primavera Sound.

A _ Sì, lo spazio non era apertissimo e quindi anche difficilmente gestibile se si puntava ad avere volumi da palasport. C’è da dire però che i concerti del giorno dopo hanno presentato un audio buono, quindi il fatto che nel main event della prima sera non si riuscisse da più punti a percepire nemmeno le note della linea vocale è stato un disguido piuttosto consistente. Mettici anche che probabilmente Berninger stavolta era sbronzo per davvero e ha reagito come tutti gli ubriachi strascinandosi fino alla fine… Che il vino abruzzese fosse forte e poco gentile forse non glielo avevano spiegato. Questa volta a poco sono serviti  gli ultimi tre pezzi in cui come di consueto si lancia tra il pubblico: se il concerto è figo il cantante che cerca il contatto è da acclamazione, ma se non lo è sembra l’imitazione di sé che si ripropone per cliché forzato.

MP _ In realtà forse la line up di venerdì ci ha riservato molte più sorprese altrove. A me è piaciuta molto Anna Von Hausswolff, complice la cornice suggestiva del Cortile D’Avalos. Vedere un edificio storico allestito per accogliere un set di musica Elettronica è una cosa consueta un po’ dappertutto tranne che in Italia, noi che in quanto a location abbiamo l’imbarazzo della scelta nella maggior parte dei casi evitiamo di profanare i luoghi d’arte con altre forme espressive contemporanee. La sua voce cristallina e solenne mi ha ricordato da subito il timbro di Tori Amos, ma le doti e l’estensione si sono poi rivelate sorprendentemente più ampie. Si nota l’impostazione classica, sapientemente convertita in sintetico, e completa lo show l’aspetto nordico ed etereo di Anna, che a vederla così angelica non immagineresti che possa celare una voce in grado di prodursi in acuti così sinistri e magnetici.

anna

A _ Per me il live decisamente più accattivante è stato quello dei Soft Moon. Non li conoscevo prima e non mi sono per nulla documentato in anticipo. Del resto penso che il fascino dei festival sia proprio quello di poter scoprire band nuove direttamente nella dimensione che dovrebbe essere normale: il live. Ascoltarli dopo, quando sono tornato a casa, non mi ha entusiasmato come dal vivo e probabilmente se li avessi ascoltati prima del festival avrei scelto di sentire qualcun altro. Invece dal vivo i Soft Moon sono stati una cascata di New Wave d’autore, con quel miscuglio davvero azzeccato di elettrico e di elettronico, con quei pattern ritmici della batteria sempre a metà tra il freddo e il caldo, tra pad senza dinamica e rullante pestato. Al termine della performance li hanno richiamati fuori e hanno aggiunto meritatamente quasi un’altra mezz’ora di puro delirio.

softmoon2

MP _ È stato un peccato che siano saltati i piani del pomeriggio di sabato. Tutti i set previsti alla Rotonda di Vasto Marina sono stati annullati causa condizioni meteo avverse. Se non ci fosse stato quel pranzetto a base di frutti di mare a consolarmi la depressione avrebbe avuto il sopravvento. In fondo è questo quello che ha reso il Siren una manifestazione meritevole di interesse: il fatto di aver coinvolto tutta la città che l’ha ospitato e di aver lasciato spazio anche a molte altri eventi oltre a quelli strettamente musicali.

Anche all’Arena delle Grazie le performance hanno subito qualche ritardo rispetto alla scaletta prevista ma tutto sommato finita la pioggia sono finiti anche i problemi. I Might at Night sono stati un piacevole aperitivo. Vastesi loro stessi, hanno potuto contare su una bella fetta di supporter ai piedi del palco, ma mi è sembrato che questo duo synth e voce sia stato coinvolgente anche per chi come me li conosceva poco, anche grazie ai frequenti ammiccamenti al sound di The XX.

A _ La serata è partita sul serio solo con Tycho. È un progetto che dal vivo ti godi tutto, atmosfere molto rilassate, arpeggi di chitarre Post Rock e synth con delay spaziosi e luminosi. Ritmi da dancefloor e melodie eteree, senza nemmeno una parola cantata. Io l’avrei fatto suonare sul main stage a strapiombo sul mare e avrei spento le luci costringendo la gente a sdraiarsi.

MP _ A proposito degli show in Piazza del Popolo, John Grant è stato strepitoso in entrambe le sue versioni. L’alternarsi di ballad melodiche e bombe elettroniche ha scaldato per bene il pubblico prima dell’arrivo degli attesissimi scozzesi. A proposito, per risolvere la questione della cena prima dei Mogwai e non perdercene neanche un minuto abbiamo finito per barattare il live dei Fuck Buttons per un panino alla salsiccia radioattiva. Pivelli.

A_ John Grant e Mogwai sono piaciuti a tutti e io non ho nulla da eccepire: scelta ottima del festival e performance da primi della classe. Se per i secondi era prevedibile e comprovato da vent’anni di attività su standard di altissimi livelli, il primo invece almeno per me è stata una sorpresa. Oltre che per sostenere un festival delle mie parti, al Siren ho voluto esserci soprattutto per vedere lui, dopo che al Primavera mi era sfuggito a causa di un pioggia improvvisa e di certo non provvidenziale che mi aveva costretto sotto una tettoia per un’ora abbondante.

johngrant

MP _ Quella tempesta tropicale ci rovinò metà giornata. In quanto a meteo due sono le cose: o porti sfiga tu o la porto io. Anche prima dei Mogwai qualche goccia ha fatto temere il peggio, e invece in quel caso nessuna sfortuna. Come di consueto, ipnosi collettiva ai piedi del palco e boati orgasmici laceranti da parte loro. La signora del primo piano a cui la sera prima Matt Berninger ha fatto la serenata stavolta ha pensato bene di sbarrare le persiane, il servizio buono di bicchieri di cristallo non avrebbe retto l’impatto…

mogwai

Sorpresa. In fin dei conti questa prima edizione del Siren Festival è riuscita a metterci d’accordo. Partita con una line up massiccia e col coinvolgimento di molte realtà, locali e nazionali, è stata una grossa scommessa che l’organizzazione ha decisamente vinto. La formula collaudata delle grandi rassegne musicali internazionali ha trovato il suo angolino italiano dove poter attecchire. Ci aspettiamo tutti grandi cose dal Siren 2015.

Last modified: 22 Febbraio 2019

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