Un rapper che ha nel cuore i digitalismi rock: intervista a 86callo

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Abbiamo fatto alcune domande al giovane artista fresco dell’uscita di un nuovo pezzo a tinte eighties.

(di Alessandro Tarasco)

Contaminazioni sonore e culturali, liquidità melodica e linguistica: in Us, nuovo pezzo di 86callo, c’è tanto da scoprire.

Innanzitutto osserviamo lo stile di un artista in bilico tra diversi generi musicali, tra diverse influenze e approcci, così bravo da unire le diverse sfere da risultarne perfettamente in equilibrio, a suo agio e “giusto”. Giusto perché dimostra di saper gestire più aspetti della sua produzione musicale, non stravolgendosi ma rinfrescandosi ed esplorandosi. Esplorazione interiore che parte da un’idea, quella della malinconia, da sfruttare attraverso “vibez” 80’s e di matrice digitale, un pop elettronico già sperimentato ma pur sempre in grado di regalare sorprese.

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86callo è un rapper che ha nel cuore i digitalismi rock dei Tame Impala e le barre d’oltreoceano, e per questa sua nuova traccia sceglie di non utilizzare il bilinguismo, sua notevole cifra stilistica, per affidarsi appunto solamente alla lingua italiana: una sfida che si avvale del concetto di reminiscenza, interessante spunto di 86callo.

In questo nuovo lavoro sono infatti gli anni 80 a farla da padrone con synth nostalgici e citazioni, con una rivisitazione del passato storico, personale e artistico come chiave di crescita, una sorta di rewind su culture e stili già approfonditi in passato e da cui trarre nuovi stimoli e spunti. Notevole, in ultima analisi, la capacità di 86callo di spaziare tra i generi: una dote importante, in un mercato così variopinto, a testimonianza del fatto che mai come in questo periodo un taglio mutevole e fresco della propria proposta indica grandi capacità di adattamento.

Dunque, us: un nuovo pezzo che ricama intorno ad un testo intimo e vellutato una tela in tinte eighties. Abbiamo fatto alcune domande a 86callo.

In un periodo così strano trovo difficile, o quantomeno poco scontato, abbandonarsi alla creatività ed alla sperimentazione, cosa che invece hai fatto alla grande. Sfrutto dunque subito il parallelismo con gli USA e la lingua inglese chiedendoti di presentarmi la tua nuova canzone con quattro delle WH question: mi interessa capire quando hai iniziato a la-vorare su questa traccia, come è nata questa idea, con chi l’hai realizzata e perché hai scelto di abbracciare queste nuove sonorità… When, How, Who, Why?

L’idea del brano è nata mentre ero in Toscana in trasferta con un paio di amici verso fine ottobre. Ho iniziato con la produzione del brano utilizzando i miei synth analogici, sapendo di voler creare un vibe malinconico. Il tutto è stato realizzato da me unicamente, e in realtà le sonorità non sono nuove. Ho già sperimentato con il genere pop elettronico quest’estate con la creazione di Disco Dreams insieme al mio caro amico, nonché guru, Tito Ferrari, il quale mi ha portato a concepire l’importanza del genere negli anni ’80.

Ascoltando il “vecchio” 86callo si nota subito che in us c’è una differenza di stile, di approccio e di sonorità: ci dobbiamo preparare ad una produzione totalmente di rottura rispetto al tuo passato musicale?

Come appena accennato, io non credo che us sia un grande passo avanti rispetto alle precedenti sperimentazioni con il genere pop. Penso che la mia qualità in quanto artista sia quella di alterare spesso le aspettative per i progetti a venire, e sono sicuro che la prossima uscita sarà una sorpresa a tutti. Dunque non sarà una rottura vera e propria, ma piuttosto una sorpresa.

Il parallelismo tra la lingua italiana e quella inglese è sicuramente uno dei caratteri più particolari e riusciti nelle tue canzoni: perché nel tuo nuovo pezzo non hai utilizzato la doppia lingua?

Il nuovo brano è stato più una sfida per me. Ho pensato di voler creare un vibe diverso, ma non volevo limitarmi alla produzione, bensì un lavoro più accurato al testo. Nel prossimo progetto ho deciso generalmente di voler dare una chance al testo italiano, ma le mie radici rimangono sempre solidali alla caratteristica del bilinguismo a cui tengo molto.

Nel testo citi Twin Peaks… Sono curioso di chiederti come nutri la tua creatività, dove trovi ispirazione e cosa scegli, del tuo bagaglio culturale, di mettere nelle tue canzoni: non capita a tutti di avere mischiate nel sangue la cultura del vecchio e del nuovo Mondo.

Banalmente nutro la mia creatività di vita quotidiana. Se provo qualcosa di forte, o vivo qualcosa di nuovo e diverso, cerco di prendere sempre tutto come spunto. Diciamo che mi sono piano piano appassionato sempre di più alla cultura degli anni 80, e questo mi ha aiutato a capire che la reminiscenza è la chiave per modernizzare continuamente il proprio stile e soprattutto per prendere uno spunto.

Rimarco questo concetto del bagaglio culturale perché sentirti rappare in due lingue acquisisce un senso completo, riesci ad unire due mondi distanti tra loro e a dargli un senso d’insieme, appunto: trovi che tra l’hip-hop americano e quello nostrano ci siano degli interessanti punti in comune?

Decisamente penso che ci siano molti punti in comune, ma essendo maggiormente legato agli USA sarò sempre dell’idea che i punti in comune siano presenti solo perché la musica nostrana prende sempre come riferimento la cultura e la musica statunitense.

Ipotizziamo un featuring a tre: tu, un artista americano e uno italiano. Quali sono i due nomi?

Il mio sogno nella vita è di lavorare con i Tame Impala, ma non sono americani. In Italia mi piace lavorare solo con chi conosco e con persone con cui mi trovo a mio agio. Ipotizzare un nome è difficile perché non ascolto musica italiana e dunque non saprei dire con chi mi troverei bene tranne che con B4ze, Tito Ferrari e Cornish, amici e collaboratori sin dalla creazione di 86callo.

Se dovessi legare la tua musica ad una città, quale sceglieresti? E perché?

Non riuscirei a darne una sola, perché alcune tracce mi ricordano New York e Milano, altre Los Angeles e Parigi. Non hanno molto in comune, certo, ma avendole vissute in diversi contesti di vita, le immagini che mi vengono in testa sono una sorta di unione di una città messa accanto all’altra.

us richiama ad atmosfere particolari, il testo è molto evocativo e il ritmo del synth incalzante: come te lo immagini il videoclip della tua canzone?

Purtroppo non ho mai fatto un video per delle mie canzoni, e questo mi limita a pensare che non possa esistere un videoclip che mi soddisfi quanto mi abbia soddisfatto la canzone in sé. In futuro cercherò di aprirmi maggiormente a sperimentazione al lato video.

Pensi di far convivere in un futuro album delle mine come Babylon con pezzi con la dolcezza disincantata di us?

Magari c’è già qualcosa di già pronto in quel mood… Si può solo aspettare e ascoltare cosa arriva, ma ho molte sorprese per i prossimi progetti. A presto ragazzi!

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Last modified: 17 Marzo 2021