The Sound of Deceit di Enjoy è un disco riuscito a metà

Written by Recensioni

Il nuovo lavoro del musicista californiano presenta soluzioni ammirevoli ma anche episodi dimenticabili.
[28.03.2025 | autoprodotto | indie rock, post-punk, hypnagogic pop]

Il progetto a nome Enjoy di Wyatt Shears dei The Garden si è spostato sempre più verso una personalissima rielaborazione del surf punk ipnagogico – già sviluppato, ma ancora acerbo, nel precedente Exploited – arricchito da incredibili e succosi intrecci di hardcore punk.

Quando le canzoni assumono una veste simile a quella di Adolescents, Misfits o degli Shattered Faith, la band del padre Steve, filtrate con quelle atmosfere polverose capace di evocare in maniera unica Ariel Pink, il risultato raggiunge momenti altissimi.

In più, il gusto con cui vengono inseriti riferimenti al goth surf di gruppi come Wavves o Agent Orange, unitamente a uno shit(poco)gaze in stile No Age e Male Bonding, solletica le papille.

Wyatt Shears AKA Enjoy
Tra hardcore 80s e intermezzi grunge.

Il pezzo omonimo, che sferraglia in modo adrenalinico, cupo e al contempo sfavillante, o il power pop dei Weezer presente in My Garelli e Flag and a Heart, trae pienamente forza dall’hardcore di metà anni Ottanta e da quel miscuglio tra surf e grunge tanto amato dai suddetti Male Bonding.

Tuttavia, è Another Day Passes a rubarmi il cuore: quel qualcosa che mi ricorda In a Free Land degli Hüsker Dü rappresenta un plus troppo grande, ovviamente privo dell’acidità e violenza irraggiungibile della chitarra di Dio Bob Mould.

Se il disco contenesse soltanto canzoni in cui l’hardcore risulti netto e ben spinto, sarebbe quasi perfetto – con buona pace delle dinamiche assenti a causa della bassa fedeltà, perché, con un carico antemico così prepotente, non si può fare altrimenti.
Ad ogni modo, ascoltando attentamente, troviamo esperimenti riusciti a metà come Love Letter o I Hate, che, pur avendo potenza e melodia, sembrano non arrivare mai al punto.

La situazione peggiora quando i pezzi non spingono affatto: alcuni si accartocciano su sé stessi, come nell’emblematico caso di Sentimental Parade, mentre Drift e Put It to Rest non vengono salvati dal rispettivo breve intermezzo grunge. Infine, Quiet in the West, con i suoi momenti lento-veloce, porta soltanto ad una schizofrenia poco digeribile.

Bene, ma non benissimo.

Comprendo come non si possa pretendere un disco continuamente tirato e che la sensibilità di Wyatt Shears possa declinarsi in molteplici sfumature, ma in questo modo si perde il fascino unico dell’album: un dream surf gotico che abbraccia hardcore punk e grunge, con quel piglio power pop, oscuro e scintillante.

Non è egg punk, ma nemmeno una copia carbone di altre realtà lo-fi. Bene, ma non benissimo.

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Last modified: 10 Aprile 2025