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The Great Northern X – Coven

Written by Recensioni

Sono al secondo disco ufficiale i veneti The Great Northern X, hanno speso l’intero anno 2013 per dare vita a Coven. Si parla di Rock duro con complicanze sentimentali molto evidenti, la rottura metallica delle chitarre ammorbidita dalla voce calorosa, questo lavoro sembra arrivare da un’epoca ormai lontana. Forti sentori di vintage, adoravo gli Annie Hall. Perché dentro Coven appaiono forti le somiglianze con il primissimo Indie italiano, gli ambienti proposti portano esattamente a quel tipo di sensazioni, a quelle indimenticabili e toccanti situazioni. Poi bastano un paio di cuffie, chiudere gli occhi e abbandonare la mente per godere voracemente dell’ultimo disco dei The Great Northern X. Si parte con “Skunk”, e un sound vagamente Punk ci butta direttamente a tanti anni fa quando gli Atleticodefina erano considerati L’Indie. Molto dolce e orecchiabile il ritornello emozionale, strappa lucidità dagli occhi. Le chitarre urlano Folk nella ballata “Let’s Drown Our Sorrow”, sarebbe il caso di continuare a piangere ma di gioia. Bella, molto bella.

Tristezza come non ci fosse possibilità di reazione in “The River Song”, le canzoni tristi sono quelle che ci piacciono di più, poi quell’armonica materializza l’immagine di Jeffrey Lee Pierce, il ritornello segna il momento di maggiore carica emotiva di tutto il disco. Si tornano ad usare riff di Rock duro in “Dead Caravan”, tanti anni novanta dentro, parecchio Noise e zero voglia di sperimentare. Un brano distante dalle precedenti canzoni, sempre chitarre protagoniste e voce particolarmente riconoscibile. Ancora tanto Noise nella Post Ballata “Machine Gun Stars”, si ritorna nuovamente alla bellezza del passato, l’attuale mondo Indie italiano (se mai ce ne fosse ancora uno) non appartiene ai The Great Northern X. Loro hanno una visione nostalgica di suonare musica, hanno le loro idee da sviluppare senza l’aiuto di nessuna partecipazione, sono loro a suonare in assoluta autonomia (e presa diretta) l’intero Coven. Perché è importante dimostrare di essere capaci di fare un grande disco con le proprie forze e senza l’aiutino di qualche musicista di spessore. Tutta farina del loro sacco, liberi di piacere, liberi di accettare critiche. “Carol” è dura all’inizio, una pietra che viene man mano ad ammorbidirsi quando arriva il ritornello, il momento clou del pezzo. La forza indiscussa dei The Great Northern X è sicuramente il fatto che riescono ad esplodere tante sensazioni nei ritornelli, sono capaci di renderli unici e particolarmente attesi. Strappa lacrime oserei maldestramente dire. La chiusura di Coven passa per le note struggenti di “Fever”, è un peccato non lasciarsi accompagnare verso la fine di questo percorso tenendosi stretti per mano ai The Great Northern X, spegnere il cervello e buttarsi senza timore in questo viaggio. Un secondo disco dalle grandi aspettative, piacerà tantissimo e la band veneta avrà tutte le soddisfazioni possibili, in questo periodo musicale spento e ripetitivo loro sono giustamente qualcosa di bello e sensazionale. Chiudete gli occhi e iniziate a sognare, tutto il resto non conta nulla.

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