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Sixty Drops – Turquoise

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InSonar/Nichelodeon – UKIYOE (Mondi Fluttuanti)

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Ogni volta che ci si prepara all’ascolto di qualcosa che sia stato forgiato dalla feconda e geniale mente di Claudio Milano, il sole della galassia InSonar/Nichelodeon, si ha sempre un po’ di riverente riguardo che non spinge istintivamente a pigiare il tasto play per far decollare le sue note. Sai che quello che ti aspetta sarà un lungo viaggio, intenso e profondo che ti travolgerà, volente o nolente, in un’esperienza che solo alla fine capirai in che misura incantevole, sulla base di quanto ti sentirai una persona migliore o meno. Serve del tempo per ascoltare, guardare, leggere, provare nel profondo del cuore tutto quello che è racchiuso in questo UKIYOE (il significato letterale è proprio mondi fluttuanti e si riferisce ad una cultura e conseguentemente un tipo di stampa nipponica) e proprio la necessità di tempo da dedicare all’arte è la peculiarità primaria che rende le opere targate InSonar/Nichelodeon quanto di più distante dall’universo musicale/commerciale attuale, dove le band durano il tempo di passare dalla neve al sole e i brani si metabolizzano come jingle pubblicitari. Questa disuguaglianza è la grande forza degli Insonar/Nichelodeon ed anche il colossale limite che forgia il destino di Milano dentro la gabbia senza sbarre della nicchia underground.

L’ultimo mio approccio con i Nichelodeon risale allo scorso anno, in occasione dell’ascolto di L’Enfant et le Ménure/Bath Salts che fu per me anche l’occasione di conoscere l’altra creatura nata dalla mente di Milano, gli InSonar, ormai diventati una sorta di gemello siamese del più noto progetto Avant Prog. Si trattava di un lavoro enorme, sia come durata (quattro i dischi che lo compongono) sia per energia; un album che mi trascinò per mesi e che, ancora oggi, mi divora lo spirito in quei giorni in cui la consuetudine non basta. Quel disco, che fu l’apice di tutti i miei ascolti di quell’anno, è diventato indiscutibilmente la pietra di comparazione per ogni altra realizzazione di Claudio Milano, che si parli delle fatiche precedenti o di quelle future, il punto massimo che probabilmente mai si potrà valicare. Proprio in quest’ottica, vado dunque ad approcciarmi al nuovo UKIYOE, cercando di tralasciare, per quanto possibile, gli aspetti formali e biografici che ormai dovrebbero essere noti a tutti o che altrimenti v’invito a ricercare negli antecedenti scritti inerenti al nostro Milano. L’opera (in uscita a novembre per Snowdonia), come spesso accade, non si limita a una proposta uditiva e, come per il precedente prodotto, si mostra come una raccolta di stelle, ospiti più o meno noti ma comunque tutti d’importanza capitale in ambito sperimentale e vocale. Troveremo dunque la complicità di OTEME, Deadburger Factory, Garden Wall/Genoma, dei compositori Josed Chirudli ed Erica Scherl, di alcune tra le più grandi voci italiane del momento come Dalila Kayros, Stefano Luigi Mangia, Laura Catrani e tanti altri. Il punto di partenza dal quale tutto muove, il concept attorno al cui orbitano parole, musica, disegni e immagini, è il mare con i suoi movimenti, la costruzione e la distruzione della forma qui trasformata in sostanza materiale attraverso il lavoro di Milano che ha condotto i diversi arrangiamenti dei tanti compositori, assegnando in studio a ognuno un canale, alzato e abbassato in maniera improvvisata per comporre una struttura sia consistente, sia luminosa, alternativamente.

Prima di passare alla musica, merita attenzione l’artwork del digipack, realizzato con le illustrazioni dello stesso Milano. Disegni splendidi, gonfi di colori freddi che si mischiano a immagini confuse creando una specie di fusione tra un mondo reale, dato dalla solidità apparente della terraferma delle umane certezze, e uno formalmente illusorio dato dalla fluidità della coscienza, dal mare e da tutti quei movimenti dell’animo che esso inevitabilmente genera e che l’hanno reso il protagonista di una vastità di opere letterarie divenute capisaldi anche della nostra personale formazione culturale e umana, da Proust a Melville, da Conrad a Hemingway. Dopo aver goduto delle illustrazioni che ho potuto apprezzare anche nel formato originale, si passa all’altro elemento non prettamente musicale dell’opera. Il Dvd che affianca il disco è un breve film del regista d’avanguardia Francesco Paolo Paladino, promotore del progetto e finanziatore dello stesso. Quickworks & Deadworks, questo il titolo, affronta lo stesso tema partendo dalle inquietudini che l’atmosfera marina suscita, ovviamente con l’aiuto della musica degli InSonar/Nichelodeon. Le fotografie del film, della durata di circa mezz’ora, saranno le stesse che, mescolate alle illustrazioni, comporranno l’artwork. Una piccola nave spiaggiata ai piedi d’un bosco, una voce fuori campo che descrive il momento, due coppie, una di giovani vestiti di bianco, una di adulti in nero, si allontanano dall’imbarcazione, avvicinando l’obiettivo. Si ritrovano su una terrazza. La telecamera è fissa e riprende il quadrato nel quale i quattro sembrano idealmente imprigionati. I giovani chiacchierano allegri sul parapetto, gli adulti, preoccupati e quasi disperati, sono seduti alle sedie d’un tavolino. I loro mondi paiono distanti ma con il passare del tempo, il salire del vento, quei mondi finiranno per collimare.

A questo punto approdiamo alla parte musicale, ai sei brani che compongono i mondi fluttuanti qui dipinti. Come i più attenti seguaci del verbo Nichelodeon potranno immaginare, oltre alle sette ottave donate dalla voce di Milano, il tutto si compone di una marea infinita di strumenti e musicisti. Violino, violoncello, arpa, viola, clarinetto, sax, voci di ogni tipo, chitarre di ogni tipo, elettronica, le più disparate percussioni anche non convenzionali e tantissimo altro. Scegliere dei punti di riferimento precisi è difficile. Si citano da Robert Wyatt all’accoppiata Nico / Cale, dagli Swans recenti di The Seer a Henry Cow, da Fausto Romitelli a Scott Walker, passando per David Sylvian, Kate Bush, Radiohead, Liars, Ulver, Carla Bozulich, Tim Buckley, Burial, Nine Inch Nails, Tool, Joy Division, Dead Can Dance, Current 93 e tantissimi altri. Talmente numerosi che pare di aver detto tutto che è un po’ come non dire niente. Perché alla fine non mente Milano quanto indica tutti questi come punti di riferimento; in fondo, ogni album che un musicista ascolta nel profondo fino a farlo veramente suo, finisce per costruire anche un solo piccolo frammento della personalità di quell’artista e, inevitabilmente, ogni pezzettino di sé andrà a costruire in un modo o nell’altro, ciò che poi è il risultato del suo estro. Tuttavia non lasciatevi ingannare da questi nomi. Le sperimentazioni di Claudio Milano solcano gli stessi mari già attraversati in precedenza. Dunque sarà la Modern Classical a farla da padrone, sullo sfondo di una voce sempre tesa tra melodia e sperimentazione (“Veleno”) o ancora le reminiscenze da scena di Canterbury (“Fi(j)uru d’acqua (Fiore/Figlio d’acqua)”), le tensioni nervose dell’Avant Prog (“Marinaio”), la teatralità di certo cantautorato (“Ohi ma(Nel Mare che hai dentro)”) che non disdegna di usare il dialetto per rendere al meglio certe suggestioni. “I Pesci dei tuoi Fiumi (Ezechiele 29:4; 29:5)” è forse il momento più terrificante, spaventoso e violento, certamente a suo mondo più moderno, quello che più si strappa dal passato per protendersi verso le future trepidazioni di un certo Art Pop sperimentale, enigmatico e apocalittico, quasi musica astratta se non fosse per le parole (in questo disco sempre o quasi in lingua italiana) che imprimono precise linee di demarcazione che altrimenti sarebbe impossibile seguire. Avanguardia pura che trova il suo compimento nella conclusiva “MA(r)LE”, che regalerà anche magnetismi autechriani ma dal sapore mediterraneo oltre ad un’infinità di altre immagini che spazieranno attraverso tutte le influenze suddette dei nostri, in una sorta di lungo excursus riassuntivo.

Giunto alla fine, resta l’impagabile soddisfazione di non trovarsi mai tradito da un artista che indubbiamente amo ed ho il piacere di seguire in ogni sua nuova esperienza. C’è da tornare però a valutare l’opera usando come pietra di paragone quel già citato L’Enfant et le Ménure / Bath Salts e, non posso negarlo, questo UKIYOE (Mondi Fluttuanti) non regge minimamente il confronto. Il fatto stesso che si tratti di una sorta di concept finisce per ingabbiare l’opera laddove al contrario, il quadruplo album precedente aveva il grande merito di spaziare e svariare così tanto da somigliare a quello che in letteratura potrebbe essere un capolavoro come Infinite Jest di David Foster Wallace. Qualcosa di tanto complesso eppure coinvolgente che a ogni ascolto/lettura ti pare di scoprire una parte di te, una sorta d’immaginifica bibbia emotiva personale che non rappresenta solo un momento della nostra esistenza, ma la racchiude in tutta la sua complessità. In questo nuovo album invece, tutto quell’universo è ricondotto e fuso in un unico elemento che, per quanto denso, risulta di più complessa compenetrazione. A livello prettamente formale, resta sempre eccelso il lavoro di Milano e dei suoi musicisti, sia come esecutore e cantante puro e sia come regista, coordinatore e demiurgo capace di far confluire idee e concezioni ineluttabilmente diverse in un archetipo comune e ben definito, che sappia prendere le lezioni di un passato che ha visto protagonisti nomi quali i già citati Buckley, Wyatt o Cale e, allo stesso modo, legarle con le nuove idee di mostri come Swans, Burial, Walker. Le frasi dello stesso Milano spiegano meglio di chiunque altro come si sia giunti a tanto: “sono autore delle linee melodiche e ho strutturato gli arrangiamenti, a cui pure ho preso parte, chiedendo a diversi musicisti di realizzarne una propria “visione musicale”. Nessuno è stato messo al corrente di quello che stavano producendo gli altri. Impiegando infine lo studio di registrazione come “un musicista a sé”, ho poi editato e montato creativamente i diversi arrangiamenti, come mossi dai flussi delle onde. In breve, tanta gente a bordo, due soli capitani, io e il sound designer Paolo Siconolfi. Le prime cinque copie del digipack saranno accompagnate da plaquette dell’artista Gloria Chiappani Rodichevski. Ognuna delle plaquette recherà tramite illustrazione (io ho un sistema di notazione assai pittorico su pentagramma) frequenza, altezza, durata e intensità della singola nota/sillaba che va a comporre il brano U-KI-YO-E che chiude idealmente il CD. Le plaquette saranno dunque tutte differenti e se lette una accanto all’altro attraverso l’incontro ideale dei singoli possessori, permetteranno di cantare o suonare il “tassello mancante” di un lavoro, di fatto, strutturato alla stessa maniera di un mosaico”.

UKIYOE (Mondi Fluttuanti) è un’opera immancabile e imprescindibile per ogni amante di sperimentazione vocale e non ed è in questo che sta forse l’unico grande difetto di Claudio Milano. Qualche giorno fa, stavo chiacchierando con Miro Sassolini, membro degli S.m.s. e voce storica dei Diaframma di Siberia, proprio di sperimentazione e circa l’importanza della voce dentro la musica. Quasi in maniera scontata si è finiti a parlare di Demetrio Stratos, il più grande utilizzatore di corde vocali che l’Italia ricordi, ed io non ho potuto esimermi dal tirare fuori proprio il nome di Milano. Sassolini ha confidato: “Claudio, che io stimo immensamente, ha studiato e ripercorso l’intera fase sperimentale di Stratos; forse non ce ne era bisogno. Forse bastava coglierne l’essenza ma questo è solo il mio punto di vista. Io e lui abbiamo cominciato più o meno dagli stessi territori di sperimentazione. Mentre io, però, ho seguito la strada della forma canzone, cercando sempre la melodia dentro la musica, lui ha braccato la purezza, legandosi piuttosto ai suoni, alla ricerca della complessità e alla metodologia estrema. Semplicemente abbiamo avuto diverse progettualità dettate da difformi esigenze personali”. Una verità tanto schietta quanto un po’ malinconica perché proprio questo disco è destinato a essere amato da pochi, come tutte le cose che osano troppo e la consapevolezza che, in tal senso, ci sia stato quasi un passo indietro rispetto al passato, mi getta in una triste realtà in cui pare non esserci spazio per chi ha veramente qualcosa da dire, sa esattamente come farlo eppure parla una lingua sconosciuta a un popolo troppo pigro per imparare.

*un ringraziamento speciale a Miro Sassolini per la piacevole e intensa chiacchierata sul lavoro proprio di Claudio Milano e per i suoi preziosi consigli

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Streetambula 30/08/2014

Written by Live Report

Necessaria premessa. Streetambula per me e per tutti noi di Rockambula non è un evento come gli altri perché se non si può definire esattamente la festa della nostra webzine è palese già dal nome che proprio noi siamo parte importante di tutto l’apparato organizzativo avendo oltretutto realizzato le preselezioni che hanno coinvolto oltre trenta band da tutta Italia. Sarò di parte, dunque, ma lo sarò nella maniera più professionale possibile.

Streetambula, tra le tante altre cose, è un contest/festival che si svolge l’ultimo sabato di agosto ormai da due anni in una piccola cittadina piazzata al centro della Valle Peligna, territorio ameno nel cuore dell’Abruzzo. Il palco, come da tradizione, è montato in una delle piazze principali di Pratola Peligna (AQ) e non c’è nessun biglietto d’ingresso da pagare per vedere ben otto band emergenti più un artista di punta che quest’anno è stato Miro Sassolini (Diaframma, S.m.s.). Ovviamente, sono sul selciato che nelle ore seguenti sarà calcato dalla grande folla molte ore prima l’inizio ufficiale dell’evento. C’è fermento per un’edizione che si preannuncia spettacolare per la qualità delle band e per l’ospite d’onore e comincia ad avanzare il timore che la pioggia possa rovinare tutto. Alle diciassette e trenta il presentatore d’eccezione (Angelo Violante, meglio noto come Borghese) dovrebbe salire sul palco e iniziare a introdurre la serata ma ecco arrivare la paventata pioggia, non quella leggera prevista da qualche sito web il giorno prima, ma un temporale di quelli che non ne vedevo da mesi e la paura che si possa annullare una serata organizzata tra mille difficoltà da un anno intero comincia a diventare una convinzione.

Tuttavia, sarà per le preghiere di qualcuno, le imprecazioni di altri verso il cielo, sarà per l’ottimismo di Miro Sassolini, intorno alle 19:00 il cielo si apre, si scorge un arcobaleno, lo staff tecnico toglie i teloni, sistema il palco e decide che si potrà partire, con ritardo, con qualche taglio, ma si potrà fare il concerto, come previsto. Borghese sale sul palco e con lui Piero Vittoria, giornalista musicale freelance che presenta il suo libro Viaggio di un Freelance tra Parole e Musica che raccoglie le migliori e le più interessanti interviste fatte ad artisti del calibro di Mango, Gino Paoli, Caparezza, Boosta e tantissimi altri. Oltre a lui, altri ospiti saliranno sul palco, dal sindaco del paese, Antonio De Crescentis, che si mostrerà attentissimo alle dinamiche riguardanti la musica live sempre più protagonista nella vallata, fino al factotum dei Two Fates, Giuliano Torelli, dalla voce dei Sixty Drops, i quali regaleranno anche un poderoso dj set, al giornalista Andrea Di Nisio. Quindi si parte con il contest vero e proprio, mi siedo nella postazione dedicata ai giurati insieme a Sassolini e a tutti gli altri e si comincia con la band Laika Vendetta. Una vera e propria bomba; i ragazzi di Alba Adriatica non mi erano per niente nuovi, pur trattandosi di un progetto non più vecchio di tre anni, eppure c’è una differenza sostanziale tra l’ascoltare la loro musica in cuffia, apprezzandone stile, tecnica e tematiche e ritrovarsi invece investiti dalla potenza che si sprigiona dal cuore del loro Alt Rock, a partire dalla voce del carismatico leader Emidio De Bernardinis; oltretutto proprio lui arriverà secondo nella speciale classifica dedicata alle migliori voci della serata, ricevendo apprezzamenti senza fine da uno che della voce ha fatto il suo credo, proprio l’ex Diaframma, il quale riconoscerà a De Bernardinis la capacità di toccare dinamiche vocali non semplici senza mai scomporsi.

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Dopo i Laika Vendetta, è dura per gli altri salire sul palco ma, per buona sorte di tutti, tocca ai Malamadre, freschi vincitori del Pescara Rock Contest e tra i favoriti preminenti per gran parte degli addetti ai lavori. Quello che ci si aspetta è uno spettacolo indimenticabile, almeno a quanto detto da chi li ha visti di recente. Io, che non sono tra questi, muoio dalla curiosità di ascoltarli e vederli e magari colmare qualche dubbio sortomi nell’ascolto casalingo delle tracce. I Malamadre sono una di quelle band che le cose le fa per bene, si vede dal loro progetto che si mescola al fumetto e si vede da come sanno stare sul palco eppure stasera non è la loro serata migliore, come mi confermerà anche lo stesso Giuliano Torelli, uno dei primi sponsor della band abruzzese. Tuttavia, non tutto scivolerà via senza troppo clamore, perché la voce di Nicholas Di Valerio è di quelle che quando le ascolti poi non le dimentichi presto e, alla fine, sarà proprio lui a vincere il premio Musicalmente alla migliore performance vocale della serata.

Dall’Abruzzo, si vola a Bologna. Salgono sul palco i Minimal Joy, quelli che, almeno sulla carta, avrebbero tutte le carte in regole per essere i favoriti del nostro presidente di giuria. A livello compositivo, il quintetto che miscela Darkwave e Post Punk con Pop e Rock, mette sul palco i brani più interessanti della serata e, sarà lo stesso Miro Sassolini a dirmi che proprio loro, a suo avviso, sono i migliori ma non quelli che hanno suonato meglio. Cogliamo, infatti, qualche imperfezione di troppo e alcuni fattori sembrano spostare in basso l’asticella. I Minimal Joy fanno quello che solo band dal futuro roseo possono fare, spaccano sia il pubblico sia la giuria, qualcuno apprezza e tanto, qualcuno critica e tanto e alla fine saranno comunque la band col più alto voto del pubblico. Dopo tanto Rock, arriva on stage come una benedizione Lilia, da sola col suo portatile, la sua voce, tanti effetti, programming e una musica celestiale eppure capace di trascinare ritmicamente il pubblico, incantando e facendo innamorare i presenti. L’Elettronica che si sposa con la melodia del Pop è portata, da Lilia, a livelli eccelsi e, se qualcuno non apprezzerà le atmosfere forse troppo tenui e delicate per una piazza, gran parte degli astanti si perderà in una marea di complimenti, alcuni augurandosi di poter vedere l’eccezionale artista accompagnata da qualcuno che possa pensare solo a drum machine e programming lasciando a lei il solo compito di ammaliare con le corde vocali. Arriverà seconda, nella classifica finale ma a lei andrà il premio speciale Wallace Multimedia per la migliore presenza scenica e per una ragazza che sale da sola su un grande palco ed è costretta a stare piantata di fronte ad uno schermo è un riconoscimento alla sua capacità di riempirlo comunque quel palco, con tutto quello che la sua voce e la sua musica riescono a suscitare.

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Siamo a metà contest quando sale sul palco Gabriele Squartecchia, persona squisita e sorpresa assoluta della fase di preselezione poiché il progetto ha solo pochi mesi di vita, con la sua band, Novembre. Sarà il gruppo più controverso, quello di cui sentirò lodi e critiche più estreme. Piace tanto la parte strumentale, le melodie, i brani e piace la presa di posizione del palco, con lui, la sua giacca Ministri-style e la sua tastiera piazzati al centro come capitani d’una nave e gli altri a sudare ai lati e alle sue spalle. Sarà, invece, proprio la voce di Gabriele, il punto più spinoso della sua valutazione. Uno stile certamente non molto consueto, così tendente ad alte intonazioni, ma una timbrica impalpabile e qualche stonatura che, con una voce siffatta non possono passare in secondo piano.

Dopo Novembre, salgono sul palco, da Salerno, I Fiori di Cadillac. Ovviamente, anche loro mia vecchia conoscenza, eppure mai mi avevano completamente rapito e invece stasera mi fanno letteralmente sobbalzare dalla panca. Splendide le canzoni nonostante il loro non fosse che un non troppo originale Alt Rock dai chiari echi radioheadiani, eccelsi in fase esecutiva e tecnica e ottimo anche il modo di stare sul palco. Per me, da giurato, i vincitori sarebbero loro ma alla fine arriveranno terzi, battuti da musicisti (bravi allo stesso modo) solo per pochissimi voti.

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Siamo alle battute finali e quello che mancava alla serata è un po’ di sano Punk Rock, che nel caso dei Deathwood, è Horror Punk in stile Misfits. Per me sarà il momento di reggermi forte visto che, da quanto ricordo, quei tre mostri piazzati in linea davanti alla batteria, come un plotone di esecuzione senza pietà, mi scaricheranno addosso tante di quelle note come proiettili che sarà dura stare in piedi. E invece niente di tutto questo accade, il suono è buono ma debole, almeno rispetto alle aspettative e la voce di Pasquale Turco stasera è tutto fuorché in forma da competizione. Qualcuno non apprezzerà neanche lo stile dei quattro ma, lo sappiamo, il Punk è difficile da far digerire a tutti.

Siamo alla fine, tocca a Dott. Quentin & Friends, una delle formazioni più attese del lotto e padroni di casa; ma prima accade l’impensabile. Borghese e Sassolini sono sul palco, per una breve intervista, mentre si stanno ultimando i preparativi per quella che sarà l’ultima esibizione della serata, almeno per quanto riguarda il contest. Sassolini sta parlando, alcuni fan del Dott. Quentin lo invocano disturbando la voce degli S.m.s. ed ex Diaframma che si risente, attaccando con eccessiva voga i disturbatori. A questo punto interviene il corista di Dott. Quentin & Friends che spinge Miro Sassolini a velocizzare il suo intervento in quanto il pubblico stava aspettando la musica e non le sue parole e nasce un antipatico battibecco che qui nomino tale ma che in realtà è una rissa sfiorata. Non interviene l’organizzazione, ritenendo ancor più inopportuna una loro presa di posizione immediata, preferendo confidare nel buon senso. L’esibizione di Dott. Quentin & Friends è pregevole, come sempre, ma ormai l’attenzione è tutta rivolta ad altro. Dott. Quentin, vera vittima di quanto accaduto, deve subire l’astio di chi non ha apprezzato le parole dette sul palco da un membro della sua band e finisce per essere valutato in malo modo da quasi tutti i giudici. Il suo diventa un ultimo posto che mi sento di assegnare non tanto al dottore quanto all’episodio in se, momento di bassissimo livello che mai avrei voluto vedere. Finita l’esibizione delle band in gara, Miro Sassolini sale sul palco per qualche breve pezzo sperimentale, insieme al suo collega mago dei suoni Daniele Vergni. Performance intensa e irriverente, fortemente condizionata dallo stato d’animo particolarmente nervoso dei protagonisti, eppure di quelle che si lasciano ricordare. Poi si torna sul palco per la premiazione finale. Premio miglior voce al cantante dei Malamadre, come già detto; premio per la miglior presenza scenica a Lilia e quindi la classifica vera e propria del contest. Ultimo, ma personalmente tutt’altro che ultimo, Dott. Quentin & Friends. A seguire i Deathwood, palesemente condizionati dall’impossibilità di fare un soundcheck completo. Poi Novembre, forse la band che più ha creato divario tra pro e contro. Ai piedi del podio i Malamadre e i Minimal Joy mentre sul gradino più basso si piazzano i Fiori di Cadillac. Tra Lilia e i Laika Vendetta la spunteranno proprio questi ultimi e, tra i diversi commenti ascoltati sia dentro la giuria che tra la gente, è una di quelle vittorie sulle quali nessuno ha avuto da ridire. Alla fine una grande serata, nonostante la pioggia, nonostante qualche battibecco e incomprensione. Otto band eccelse, un presidente di giuria che ha dato lustro all’evento e, quasi dimenticavo, tante etichette, case editrici, associazioni, webzine e artisti. Comincia il conto alla rovescia per la terza edizione. Che succederà stavolta?

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Streetambula Music Contest 2014 II Edizione: il programma completo

Written by Eventi

PROGRAMMA
STREETAMBULA MUSIC CONTEST II EDIZIONE
Con Miro Sassolini (Diaframma, S.m.s.)
30 Agosto 2014 Pratola Peligna (AQ) ore 17:00
Ingresso, iscrizione e spazi espositivi gratuiti
Per info Silvio Pizzica pizzicasilvio@virgilio.it 3400690969
Riccardo Merolli 3389365610

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Si rinnova l’appuntamento con Streetambula Music Contest che, giunto alla seconda edizione, andrà nuovamente ad animare Piazza Garibaldi a Pratola Peligna (AQ) e a chiudere idealmente l’estate Rock del paesino abruzzese in attesa delle nuove serate organizzate dal Progetto Streetambula. Quello che, a tutti gli effetti, può essere considerato il più importante evento (veramente) Indie dell’intero territorio peligno anche quest’anno sarà il palcoscenico non solo per le otto band che giungeranno da tutta Italia, ma anche per espositori del settore, etichette indipendenti, webzine, tatuatori, collezionisti, giornalisti, editori e tanti altri. L’evento anche quest’anno vuole rilevare la sua natura di festival teso a fornire agli emergenti mezzi per proseguire al meglio il proprio percorso artistico piuttosto che essere teatro di una sterile gara. A tal proposito tanti saranno i premi in palio, tutti scelti per regalare alle band una nuova opportunità e tutto senza alcuna quota d’iscrizione (lo stesso vale per gli espositori). Registrazione di un singolo presso gli studi Touchclay di Popoli (PE) + videoclip realizzato da Carlo Liberatore, apertura di un live di rilievo presso il Tipografia di Pescara offerto da Voodoo Ray, mastering di un album offerto da Musicalmente di Pratola Peligna (AQ), 1 mese di promozione e ufficio stampa offerto da Roberta D’Orazio, presenza in radio presso gli studi Protosound Polyproject, copertina della rivista Edizione Straordinaria, pacchetto promozionale offerto da Rockambula, premio musicalmente alla migliore voce/performance vocale consistente in un Microfono SHURE SM58 e infine pacchetto fotografico completo per il premio speciale Wallace Multimedia (Giuseppe Zaccardi).

Di prestigio anche la giuria che sarà presieduta da Miro Sassolini, storico leader della band New Wave Diaframma e fondatore degli S.M.S.. Al suo fianco nomi importanti del settore: Silvio Pizzica (Rockambula, Ondarock), Margherita Di Fiore (Rockit), Giacomo Pasquali (Touchclay Studio, Session Player, Borghese), Paolo Tocco (Protosound Polyproject), Andrea Di Nisio (giornalista musicale presso Subcity), Michele Montagano (V4V Records, Stordisco), Emiliano Amicosante (Indelirium Records), Daniele Vergni (S.M.S., Sixty Drops), Piero Lucarelli (Arezzo Wave), Loredana di Giovanni (Two Fates, Insegnante di Canto), Salvatore Carducci (Musicalmente) e Giuseppe Zaccardi (Wallace Multimedia).

A completare il tutto un presentatore d’eccezione, Angelo Violante, probabilmente più conosciuto sotto lo pseudonimo Borghese, progetto Indie Cantautorale con il quale sta facendo parlare di sé in tutta la penisola e poi un Dj Set che metterà in console la parte Elettronica della band Trip Hop dei Sixty Drops.

La manifestazione sarà aperta, intorno alle ore 17:00, con la presentazione del libro Viaggio di un Freelance tra Parole e Musica di Piero Vittoria, interessante opera letteraria a sfondo musicale della quale sapremo di più proprio in occasione di Streetambula quando chiacchiereremo con il suo autore. Dalle ore 18:00 si partirà con il contest vero e proprio. La scaletta è ancora da definire ma certi sono i nomi dei finalisti (scelti dalla redazione nazionale di Rockambula), più che mai validi e pronti a darsi una sana battaglia: Lilia (Pescara), Dott. Quentin & Friends (Pratola Peligna), Laika Vendetta (Alba Adriatica), Minimal Joy (Bologna), Novembre (Penne), Deathwood (Raiano), Malamadre (Collecorvino) e I Fiori di Cadillac (Salerno).

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Streetambula 2014 (II Edizione), tutte le info

Written by Articoli

S.M.S. – Da qui a domani

Written by Recensioni

Torna sulle scene portandosi dietro tantissime aspettative l’ex frontman dei Diaframma Miro Sassolini, la band che lo accompagna in questa nuova vicenda si chiama S.M.S., un collettivo musicale formato da gente come Cristiano Santini (ex Disciplinatha), e la poetessa Monica Matticoli (dalle iniziali dei loro cognomi S.M.S.) e la collaborazione di Federico Bologna (Technogood e Armoteque). Il disco uscito sotto etichetta Black Fading Records prende il nome  Da qui a domani, un lavoro troppo intenso per lasciare secca la gola, un racconto in versi meritevole di ripetuti e sofisticati ascolti. Monica Matticoli regala belle parole a Miro Sassolini al quale non resta che cantarle con la propria voce indelebile, una delle migliori voci italiane di sempre, e non solo new wave. Di sempre. Negli ultimi tempi fatta eccezione per qualche isolato caso si era persa la concezione di musica di spessore, tutto stava girando attorno alla semplicità e al beffardo stile compositivo dei moderni cantautori italiani ai quali la vena artistica sembra mancare del tutto, nei loro testi appare una sconcertante struttura poetica e le loro canzoni sembrano appartenere ad una generazione senza futuro, un pianto senza fine. Gli S.M.S. mantengono sempre una linea musicale minimale, tanta elettronica inserita da Federico Bologna, la precisione della semplicità d’esecuzione risulta essere arma vincente per la riuscita del disco. Miro Sassolini torna a grandi interpretazioni, tutte le attenzioni sono per lui, Giovanni Lindo Ferretti in stato di grazia ma senza il dannato fascino della new wave nelle corde vocali.

Nel pezzo di apertura Sul Limite Monica Matticoli ci regala un caldo e sofisticato reading  d’introduzione al disco e subito si ha la percezione di quello che realmente sarà Da qui a domani. Poi i colpi di scena sono tantissimi, l’ascolto di una traccia comporta la grande curiosità ad ascoltarne la seguente lasciandosi intrappolare in un circuito vizioso. Tanta elettro music in pezzi come In Quiete, molta atmosfera e la voce viaggia su intonazioni alla Franco Battiato. Ma ascoltando bene quel  Miro Sassolini ricorda tantissimo quello di Tre Volte Lacrime, non si discute.
Ce spazio anche per la dolcezza in Disvelo e Rimane addosso la veste lacerata del risveglio, molto emozionali e trafiggi cuore, i testi giocano un ruolo importantissimo come del resto per tutto il disco. Esageratamente bella la ballata trip-hop A Nudo, modernizzazione del sound dei CSI in Petite Mort.
Da qui a domani è un disco attuale con evidenti influenze del passato e del personale bagaglio artistico dei componenti della band, una delizia dei sensi per chi vuole lasciarsi trasportare da queste atmosfere, la voce profonda di Miro Sassolini dona la vita ai bellissimi testi di Monica Matticoli, una combinazione vincente, un risultato quasi garantito.

Ho sempre amato Miro Sassolini, sono anni e anni che apprezzo le sue interpretazioni, ero certo che il suo ritorno discografico non poteva affatto deludere. Da qui a domani diventa immediatamente una delle migliori uscite discografiche del 2012, Miro Sassolini è l’artista che non delude mai, Miro Sassolini ha cambiato il modo di cantare in maniera significativa.

 

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