Psichedelia Tag Archive

10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #07.04.2017

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Top 30 Italia 2016 | la classifica di Maria Pia Diodati

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #04.11.2016

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #30.09.2016

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Daniel Lioneye – Vol. III

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Siamo giunti al terzo disco di Daniel Lioneye, chitarrista dei talentuosi HIM e mente di riff e assoli a dir poco sbalorditivi che senza esagerare fanno gola a tantissimi musicisti di alto livello della scena Hard Rock ed Heavy Metal internazionale. Purtroppo in molti lo conoscono, come già detto, perchè si tratta di uno dei pilastri della tanta amata/odiata band finnica, creatrice addirittura di un genere quale il Love Metal. In pochi sanno però che Mikko “Linde” Lindstrom, ovvero  Daniel Lioneye, ha un suo progetto nato nel 2001 con alle spalle altri due lavori.

La band di Lioneye è composta da altri due membri degli HIM: Migè Amour al basso ed Emerson Burton alle tastiere. Attualmente alla batteria troviamo Seppo Tarvainen dei The Stourger che va a sostituire Bolton degli Enochian Crescent.
Vol. III è un disco che come il precedente ti spiazza perchè comprendi a fondo le potenzialità di determinati artisti. Con questo lavoro non si tratta di cogliere l’ efficienza tecnica dei musicisti, bensì l’inventiva, il gusto musicale, la raffinatezza culturale e la capacità di assemblare generi più “duri”. Vol. III spazia dallo Stoner alla Psichedelia fino a toccare sonorità Black Metal, insomma tipi di musica differenti rispetto alla band madre che si occupa, invece, di un genere dalle tinte cupe, rockeggianti ed oscure. Ci si accorge dell’ottimo prodotto ascoltando tracce come “Break It Or Heal It”, che vanta di massicci riff e giri di chitarra, oppure la possente “Aetherside”, dove lo Stoner è predominante (gli Electric Wizard impazzirebbero per un pezzo di questo tipo). “Licence To Defile” ricorda un po’ l’andazzo del disco precedente solo che questa volta l’accurato lavoro delle tastiere fa la differenza rendendo il pezzo sinistro. “Dancing With The Dead” si posiziona tra le tracce più riuscite: ha un mood cupo dovuto al buon gioco delle tastiere di Burton, i massicci giri di chitarra presenti che vanno poi a comporre un interessante ritornello rendono il pezzo formidabile e il cantato di Mr. Lioneye da un tocco di fascino in più. “Neolitic Way”, già presente in Vol. II, qui è riproposta in una versione più pesante e pulita.

Questo Vol. III è un album di ottima qualità, dove non solo la musica suscita interesse ma anche i testi scritti da Mige Amour. Nell’attesa di riascoltare gli HIM possiamo goderci questo affascinante lavoro di Daniel Lioneye, magari qualche accanito fan di Sua Maestà Infernale potrà deliziarsi con qualcosa di diverso mentre i guru del metallo pesante o i fondamentalisti potranno ricredersi sulla bravura e la genialità di questi musicisti.

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!!! (Chk Chk Chk) in Italia per quattro date!

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L’eccentrica band newyorkese Punk-Funk-Dance guidata da Nic Offer torna in Italia per presentare il nuovo album AS IF, sesto album in studio. Miscela esplosiva di Punk, Funk, Disco e Psichedelia i !!! riescono a fondere perfettamente le caratteristiche del Rock con quelle della dance dando vita nei loro live a indimenticabili party infuocati. Non è esagerato affermare che non esiste nessun gruppo avvicinabile ai !!!

24 febbraio 2016 – Milano Magnolia – Siren Festival Warm Up
Prevendite a breve: www.ticketone.it e www.mailticket.it
 
25 febbraio 2016 – Torino Spazio211
 
26 febbraio 2016 – Roma Monk
Prevendite e info: http://www.monkroma.club/
 
27 febbraio 2016 – Bologna Covo Club 
Prevendite e info: www.covoclub.it
biglietto tutte le date 15 euro + d.p.

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Annot Rhul – Leviathan

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Ebbene, Annot Rhul, la creatura del polistrumentalista Sigurd Luhr Tonna, si è concretizzata, ha avuto la sua benedizione ed è pronta a far sognare. Tonna sforna Leviathan, un disco dalle varie sfumature che a tratti omaggia gli Anathema, a tratti pilastri come i Tool, i Goblin o i Porcupine Tree. Anche questo è un lavoro che solo una label come la mastodontica Black Widow Records poteva promuovere. Parliamo di un disco che è capace di far viaggiare e creare sottili momenti di riflessione attraverso le sue soavi atmosfere. E’ un lavoro a tinte Ambient, Gothic e Progressive.  Leviathan  è di facile ascolto, riesce a trascinarti con la mente in posti bui ma candidi al tempo stesso: un cielo stellato, un bosco ricoperto da lucciole o un mare tagliato a metà dal riflesso della luna. Sono pratici esempi dell’ espressione del disco: il connubio tra luce ed oscurità. La tecnica di Tonna è invidiabile sia sugli strumenti che sui missaggi e le registrazioni. Leviathan si ispira ai lavori di H. P. Lovecraft e con molta probabilità l’ operato del chitarrista/tastierista norvegese potrebbe fare da colonna sonora dei racconti del grande scrittore. Il disco si poggia molto sui giochi delle tastiere e non a caso queste ultime hanno un ruolo importantissimo se non principale. Ci sono gli elementi giusti per un sound che dal Prog passa allo Psichedelico e al Gothic in stile Goblin. Un buon lavoro è stato svolto anche per l’ artwork  molto suggestivo e particolare. Non solo è bella l’ immagine ma anche i colori adoperati che rappresentano al meglio la musica di Annot Rhul. E’ un disco che va assolutamente ascoltato e sono sicuro che piacerà perchè l’ operato di Tonna è davvero impeccabile.

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“Nero” è il nuovo video dei Plunk Extend

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“Nero” è il secondo singolo dopo “Rosso” tratto da Prisma e uno dei cinque brani – ciascuno intitolato come un colore – che formano quello che, pur avendo la lunghezza di un ep, è per i Plunk Extend a tutti gli effetti un disco vero e proprio. Prisma è infatti un concept album dove i colori sono una metafora per raccontare storie dal carattere esistenziale, accomunate da un desiderio di fuga e di rifiuto della realtà così come è. I brani sono tutti contraddistinti da un suono art-rock multicolor che ha lo spirito dei Settanta ma si muove nel presente mescolando indie-rock, pop, psichedelia, hip hop, cantautorato, prog e molto altro. In concomitanza con l’uscita del nuovo video i Plunk Extend hanno iniziato un mini-tour partito lo scorso 25 marzo dal Barrio’s Cafè di Milano (dove “Nero” è stato proiettato in anteprima). Le prossime date saranno il 18 aprile al Factory Live di Cormano (MI) e il 23 maggio al Garbage Live Club di Pratola Peligna (AQ).

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The Dust – Remembrance

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Dopo vari cambiamenti nella formazione i The Dust hanno finalmente trovato la loro giusta dimensione assemblandosi come un trio costituito da Roberto Grillo (Ego) alla voce, Michele Pin alle chitarre e Luca Somera alla batteria e alle percussioni. A quasi vent’anni dalla costituzione il gruppo dà alle stampe Remembrance, disco dalle sonorità mature che consta di ben undici brani in scaletta. Si parte con le atmosfere orientali della titletrack per arrivare poi a “Inside Out”, il cui unico peccato è forse di durare eccessivamente (6:30 sono effettivamente troppi, non essendo i The Dust un gruppo propriamente Progressive, nonostante si definiscano anche tali ed influenzati dai King Crimson di Robert Fripp che proprio quest’anno sono tornati in attività, seppur solo per un breve tour americano). La musica del trio attraversa vari generi spingendosi dal Pop Rock al Glame al Blues passando per l’Hard Rock e la Psichedelia pura. Difficile infatti stabilire i confini di brani quali “Scarlet” o “A Little Bit of Savoir Faire”, nonostante in quest’ultima ci sia qualcosa dei Queen di Freddie Mercury (sempre meglio specificare perché, con i cantanti che si sono succeduti al grande ed indimenticato frontman, lo spirito e l’anima dello storico gruppo sono cambiati radicalmente). Non potevano quindi mancare virtuosismi chitarristici nella strumentale “The Dreamspeaker” e i fischiettii di “You And me” in cui sono graditi ospiti Giulia Somera al basso, Elena Zanette, Enrico Sanson, Elia Celotto e Alberto Petterle agli archi e Alberto Stefanon coadiuvato dalla già citata Elena Zanette ai cori. “Detune Promenade” fa da interludio strumentale al Rock sinfonico di ”Are You Gonna Getit” (chissà perché intitolata senza punto interrogativo che invece figura nei testi…). Rimangono appena tre brani alla conclusione, “Tears in Her Eyes”, “Something Happened” e “Lord of the Flies” che mantengono costante la qualità dell’ascolto ma che poco aggiungono a quanto sentito precedentemente. In fondo che i The Dust ci sapessero fare si era già capito! Perfetti gli arrangiamenti, da migliorare (forse) solo i testi, scritti in un inglese un po’ troppo semplice e basilare, ma probabilmente questo “difetto” può diventare persino un punto di forza perché si riesce ad arrivare senza problemi anche a chi non è molto pratico delle lingue straniere. Gli ingredienti (ops, i brani!) per un “piatto”, pardon un disco, di qualità ci sono tutti… Ora tocca a voi a mescolarli nell’ordine che preferite partendo con un ascolto random che modificherà di poco il vostro indice di gradimento.

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Luigi Porto – Scimmie

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Non sono poi tanto sicuro di riuscire a rimanere con la testa in questo mondo, non sono certo di affrontare tutto razionalmente, anzi, voglio spaccarmi di sensazioni contrastanti durante l’ascolto di Scimmie di Luigi Porto. Una colonna sonora per il film L’Apocalisse delle Scimmie del regista Romano Scavolini. Il compositore italiano Luigi Porto (Appleyard College, Maisie) mette subito in chiaro il fatto che Scimmie non è cosa facile da ingerire, ci vuole un’attitudine spensierata alla sperimentazione per lasciarsi trapassare l’intestino, tanta tanta roba dentro un concept capace di esprimere sonorità innovative che vanno dal canto popolare al Rap. Niente è scontato, niente è semplice, tutto il complesso risulta impeccabile nonostante il granitico approccio. Molteplici le collaborazioni da menzionare, il cantante di protesta Rudi Assuntino, il rapper Mr. Dead, il polifiatista Mirko Onofrio, il coro gospel Soul Sigh Gospel Choir, il soprano Carmen D’onofrio. Una varietà di genere da perderci la testa, una consapevolezza di sperimentazione che gioca sul filo della pazienza, siamo sinceri, ci vuole parecchia attenzione per ascoltare Scimmie. Il caos mentale causato dall’opener “Distante” sembra venire dalla penna di un ispirato Thom Yorke, palpitazioni incontrollate, scimmie che vengono dall’inferno, le atmosfere sono dannatamente affascinanti. Stessi ambienti scuri nella popolare “Cecilia o la Danza Spinata”, Rap proveniente dalla Brooklyn anni novanta in “Distante II”. Il filo conduttore rimane sempre melanconico ed infuocato, anime dannate in permanente pena, non si sorride quasi mai, in fondo la bellezza non si racchiude nella tristezza? Tutto le cose viste sotto una luce scura, non si gioca mai con i bagliori della rinascita, la speranza per Porto è sempre la prima a morire e razionalmente devo dargli ragione. Se cercate dei colori questo disco non è proprio nelle vostre intenzioni, se la vostra ricerca invece è culturalmente elevata ma dai contorni bui allora  Scimmie è proprio quello che stavate cercando. Il disco nel frattempo suona ossessivamente bene. Il cuore non riesce a pulsare come dovrebbe, ognuno di noi nasce, cresce e muore nelle note scritte da Porto, un concept che sembra seguire le fasi principali della vita fino alla morte. Una tecnica compositiva superlativa, riesci ad immaginare circostanze fantastiche, tutto sembra maledettamente reale e la differenza tra finzione e realtà viene collocata sopra una sottilissima corda. Questa corda inevitabilmente si spezza e la finzione prende il posto della realtà. Scimmie conquista prepotentemente posto tra i dischi migliori di questo 2014, un disco che sfiora la follia intellettuale, Luigi Porto non ha niente da invidiare ai colossi della grande musica d’autore. Prendete e mangiatene tutti, un dramma musicale da consumare con estrema attenzione e voracità.

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Devil – Gather The Sinners

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Pian piano i Devil si fanno strada, crescono progressivamente perfezionando il loro stile e superandosi. Gather the Sinners ne è la prova e parliamo di un altro centro fatto dalla magistrale Soulseller Records. Stoner, Psichedelia, Southern, ci trovate tutto in maniera compatta e amalgamata, aggiungeteci  le sinistre melodie che sfornano Eric Old e Murdock con le loro chitarre e avrete un prodotto di altissimo livello. Ancora una volta i Black Sabbath e i Witchfinder General lasciano la loro pesante influenza, evidente soprattutto e chiaramente per quanto riguarda i primi. Ciò non toglie comunque che i Devil siano riusciti ad  indirizzare questa influenza sulla retta via facendola propria in modo originale. Riff taglienti e baritonali, questa la principale caratteristica di Gather the Sinners, un lavoro che mostra le capacità di Jimmy e soci. Il disco in questione acquista  charme soprattutto in una stanza buia, diventa il Caronte di un viaggio mentale, queste almeno le modeste considerazioni del sottoscritto. Insomma i Devil hanno fatto centro, hanno sfornato un disco di qualità in cui i cavalli di battaglia sono l’opener ovvero “Southern Sun”, “They Pale” e “Darkest Day”. Questo disco vanta di un’ottima registrazione e di un eccellente mixaggio, insomma è stato lavorato ad hoc senza tralasciare nulla; da un po’ l’effetto del Rock anni 70 ma con  attrezzature moderne. Gather The Sinners è un disco che va ascoltato assolutamente, non deluderà affatto, anzi.

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“Diamanti Vintage” Frank Zappa – Hot Rats

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Disco che fece saltare i già esplosivi fine Sessanta, la miccia accesa vicinissima alle polveri eccitate della controcultura americana, non ancora al massimo dei suoi fuochi d’artificio. Dopo la sbornia con le Mothers of Invention, Frank Zappa, il joker supremo di Baltimora, riforma la line-up della formazione, chiama a sé i violinisti Don “Sugar” Cane e Jean Luc Ponty, il mito Captain Beefheart, Underwood e una jungla di ritmiche e da vita agli Hot Rats e al primo album omonimo con questa nuova band pirica il boom non si fece certo aspettare, l’America perbenista non si sentì più al sicuro.

Distanziato di pochissimo dal precedente Uncle Meat, il disco è una geometria stralunata e ricca di etiche al contrario, un forgiato immaginario rock oltraggioso, contro a tutto, controcultura della controcultura, scene off e Living Theatre che riesumano vizi immacolati dell’underground appiccicandogli addosso particolarità oltre limite; un disco che -se rapportato con le produzioni antecedenti- porta le sue direttrici verso il mondo Jazz Progressive, mondo in cui Zappa sembra votato e in cui innesca un groviglio di sperimentazioni succulente che rimarranno nella storia, come il gioco di sax free che psichedelizza la speciale “The Gumbo Varations”, inno e bardo insuperato della prosopopea del cosmique zappiano.

Hot Rats è un progetto sostanzialmente sperimentale, con poche linee guida e molte infiltrazioni Bop, definizioni e termini sonori che si scavalcano a vicenda per dare fondo a un amalgama generale squisita e molto incentrata nel piacere di suonare un multistrumentale energetico che non ha precedenti, libero nelle partiture, anarchico nel cammino: fuori dei canoni e delle teste benpensanti il ghigno drogato di Beefheart in “Willie The Pimp”, la rilettura ammorbidita e molto freak di “Sons Of Mr. Green Genes” – già contenuta nel disco Uncle Meat – il viaggio alterato dei confini oppiati di Hammond e piano “Little Umbrella” o le ipotenuse scombussolate che “It Must Be A Camel” lascia a fine giro, come un arrivederci in una forma pura di allucinazione.

Zappa e gli Hot Rats in quel lontano 1969 saranno destinati a raccogliere i frutti di una meticolosa semina che tutt’ora è linfa, ispirazione e suoni di cui ogni band a venire non potrà mai farne a meno, come i dieci comandamenti, come l’ossigeno per vivere di musica e non solo.

 

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