Low Tag Archive

What’s up on Bandcamp? || marzo 2018

Written by Novità

I consigli di Rockambula dalla piattaforma più amata dall’indie.

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Algiers @ Astoria, Torino | 13.11.2017

Written by Live Report

L’Astoria di Torino ha ospitato lunedì 13 novembre sul palco del suo basement gli Algiers, band che con soli due album pubblicati è riuscita ad attirare su di sé una discreta attenzione.

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What’s up on Bandcamp? || ottobre 2017

Written by Novità

I consigli di Rockambula dalla piattaforma più amata dall’indie.

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‘Chi suona stasera?’ – Guida alla musica live di settembre 2017

Written by Eventi

Benjamin Clementine, Slowdive, Daughter, Massimo Volume… Tutti i live da non perdere questo mese secondo Rockambula.

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Piano Magic – Closure

Written by Recensioni

Persian Pelican – Sleeping Beauty

Written by Recensioni

Potrei stare ore a scrivere litanie di aggettivi presi dal campo semantico del sonno, della morbidezza, della levità, per darvi un’idea sonora del disco di Andrea Pulcini, in arte Persian Pelican, ma mi annoierei io e vi annoiereste voi.
Invece vi dico che ho ascoltato questo disco lasciandolo depositare prima nel sottofondo della mia giornata e poi nello sfondo di una salutare e pienissima dormita. Una tale perfezione nell’accompagnamento onirico l’ho provata solo con certe cose dei Low. C’è chi – ne conosco qualcuno – si offende quando dici che la sua musica concilia il sonno. Io lo trovo un complimento bellissimo: vuol dire mano precisa, voce calibrata, scrittura carezzevole. Certo, se fai Metal magari fatti qualche domanda.

Il terzo disco di Persian Pelican è questo: preciso, calibrato, carezzevole. Ma con gli aggettivi mi fermo qui. Quello che posso fare d’altro è consigliarvelo sinceramente, soprattutto se vi piacciono le canzoni piccole, con le chitarre perfette nella loro imperfezione, con questi rampicanti di elettrica che fanno scintille leggere, con una voce che spunta cauta dal riverbero, malinconica ma quasi mai triste, serena anche se forse poche volte allegra (e va bene così). Canzoni lievi ma (ci casco ancora) puntuali, esatte, affascinanti. Canzoni sottovoce che pure la batteria, quando appare, non riesce a scardinare da questo abbraccio alle orecchie e al sogno. Anche se la loro forza non si esaurisce lì, fatevi un favore: dormiteci su o, almeno, ascoltatele a occhi chiusi. Non ve ne pentirete.

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #01.04.2016

Written by Playlist

Le Classifiche del 2015 di Silvio “Don” Pizzica

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Recensioni | ottobre 2015

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Frankie Knukles – House Masters Frankie Knukles (House, 2015) 7,5/10

La migliore raccolta possibile di remix, extended e quant’altro per il padre dell’House Music, uscita postuma per la scomparsa dell’artista avvenuta solo lo scorso anno.

Low – Ones and Sixes (Slowcore, 2015) 7/10

A poggiare le basi del genere ci pensarono, a metà degli Ottanta, Galaxie 500 e American Music Club. Poi arrivarono i Red House Painters e i Low appunto a farlo grande. Nel 2015 lo Slowcore avrebbe il sapore di qualcosa di stantio se non fosse per i maestri di Duluth che ne propongono questa rilettura in chiave moderna, tesa verso l’intimismo dreamy e sempre gonfia di canzoni straordinarie.

Algiers – Algiers (Post Punk, Gospel, 2015) 7/10

In tempi in cui l’assenza di originalità pare essere il primo capo d’accusa di ogni band all’esordio, un album come questo è manna dal cielo. La materia prima è di stampo Post Punk, voci e cori spaziano tra Soul e Gospel, la strumentazione classica si mischia all’Electronic creando un sound cupo e profondo che talvolta finisce in territori Industrial. Non il capolavoro che poteva essere ma tra le cose più “nuove” da ascoltare nel 2015.

Chelsea Wolfe – Abyss (Darkwave, Gothic, 2015) 7/10

Dopo una carriera in bilico tra Ethereal Wave e Gothic Rock, l’oscura regina di Los Angeles realizza il suo album più completo, introducendo elementi nuovi, dal Noise all’Industrial, passando per il Doom, il tutto impreziosito da una voce incantevole.

ESKA – Eska (Art Folk, Blue Eyed Soul, 2015) 7/10

Eska Mtungwaki, londinese di adozione ma nata nello Zimbabwe al suo esordio convince non solo per la sua voce, poderosa, intensa e poliedrica ma anche per una varietà stilistica che ci trasporta in territori tutti caldissimi ma dal panorama sempre diverso. Soul, Songwriting, Pop, Reggae, Jazz sono solo alcuni degli spunti di un album tutto da scoprire.

Beach House – Depression Cherry (Dream Pop, 2015) 7/10

Apparentemente meno ispirato rispetto ai trascorsi, il duo di Baltimora confeziona comunque un gioiellino Dream Pop che ne sancisce l’unicità nell’attuale panorama Dream Pop. Il meno riuscito tra i lavori della band è comunque ben oltre la sufficienza anche grazie ad un paio di perle assolute.

The Black Dog – Neither/Neither (Minimal Techno, 2015) 7/10

L’ultima volta dal vivo con The Black Dog (Londra) fu al Razzmatazz di Barcellona in occasione dell’uscita del non eccelso Tranklements. Con Neither/Neither e la sua miscela di Ambient Techno, Idm e Minimal si continua per la stessa strada, con qualche ispirazione in più. Sempre un piacere ascoltare The Black Dog ma le cose superbe si sono fermate ai Novanta.

John Chantler – Still Light, Outside (Ambient, Electronic, 2015) 7/10

Decisa e coraggiosa svolta minimale e intimista per l’artista australiano che in queste nuove, quattro tracce, propone un Ambient Drone ovviamente di stampo Electro dalla grande intensità pur se con qualche ridondanza di troppo.

Breznev Fun Club – Il Misantropo Felice (Avant Prog, 2015) 6,5/10

Il collettivo italiano che da metà degli anni Ottanta procede nel suo percorso di formazione e sperimentazione, realizza un’opera che appare come l’unico modo di suonare Progressive alla vecchia maniera senza scadere nel puro anacronismo. Ci riesce miscelando con maestria influenze diverse, da Canterbury a Zappa, dal Rock in Opposition al Jazz.

General Magic & Pita – Fridge Trax Plus (Abstract Elettronic, 2015) 6,5/10

Gli storici leader della label Mego, mettono insieme questa compilation in collaborazione nata dall’idea folle di piazzare dei microfoni all’interno di un frigorifero per coglierne ogni micro aspetto sonoro. Un’opera di difficilissima interpretazione che a tratti affascina ma che sfocia spesso in un “anti”manierismo puro e tedioso.

Bilderbuch – Schick Schock (Nu R&B, Funk, Indie Pop, 2015) 6/10

La band austriaca di Kremsmünster impreziosisce il suo anomalo Indie Pop Rock con elementi che pescano nel Funk e nel contemporaneo R&B. Risultato discreto ma povero di veri brani degni di nota.

Troum & Raison d’Etre – De Aeris in Sublunaria Influxu (Dark Ambient, 2015) 6/10

Tedeschi i primi, svedesi ma con nome in francese i secondi, mettono insieme un album, dal titolo in latino, che nonostante le premesse polimorfe finisce per dipingere una linea piatta di Dark Ambient senza troppe idee e spicchi. Un paio di brani dalla maggiore intensità ne spostano il voto verso una risicata sufficienza.

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Giacomo Toni in “Piano Punk Cabaret” Tour

Written by Senza categoria

Giacomo Toni ritorna a distruggere il suo pianoforte accompagnato solo da una batteria: una selezione del suo miglior repertorio all’insegna della provocazione e della sperimentazione narrativa. Contro la piaga neo-puritana, storie di un’umanità che sguazza nel cosiddetto male portano il linguaggio ai poli estremi dell’intensità. Si chiama “Piano Punk Cabaret”, lo spettacolo con il quale il “punk-autore” inaugurerà il 2015, un nuovo ed intrigante progetto che segna una tappa ulteriore all’interno della sua carriera artistica: ora non più la ‘900 Band (il funambolico sestetto compagno d’avventura tra studi di registrazione, concerti e vita quotidiana), ma un essenziale e pragmatico Duo, un pianoforte che faticherà a contenere tutta la sua foga espressiva ed una batteria che tra piatti, casse e rullanti darà man forte, accompagnando classici tra “Il Bevitore Longevo” e “L’autoambulanza” ma anche new entry come “Codone lo Sbirro”. Roma, Bologna, Napoli, ma anche Toscana, Puglia, Calabria e numerose altre tappe fino alla metà di febbraio, quando ripartirà insieme con Lorenzo Kruger (frontman dei Nobraino) con il tour de Gli Scontati, il progetto omaggio al repertorio di Paolo Conte.
Giacomo Toni si esibirà con il suo nuovo spettacolo in tutta Italia a partire dal gennaio 2015, dopo una serie di anteprime durante il mese di dicembre, tra cui “Back Stage”, l’evento inaugurale delle Targhe Tenco 2014 nel quale si è esibito in concerto. Inoltre lo scorso 16 dicembre è uscito il videoclip di “Mi Ami?”, sua personale rivisitazione dello storico brano dei CCCP, mentre nel corso del 2015 è prevista l’uscita del nuovo disco, a due anni dalla pubblicazione di “Musica per Autoambulanze” (MArteLabel, 2013), album del vero esordio da solista di Giacomo Toni.

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Analisi di un disatro annunciato! La classifica dei dischi più venduti nel 2013.

Written by Articoli

Censored

Quello che trovate subito sotto è il risultato di una piccola analisi che ho voluto fare dopo aver letto le classifiche di vendita degli album in Italia nel 2013. Andiamo per ordine e cerchiamo di capire di che cosa si tratta. Qualche giorno fa sono stati resi pubblici i dati concernenti la vendita dei dischi nell’anno solare appena passato sul territorio italiano e in testa troviamo Ligabue con Mondovisione seguito da Modà e Jovanotti. A fine articolo trovate la lista delle prime cinquanta posizioni. Senza troppi giri di parole, la domanda è una sola: dove sta la nostra bella musica indipendente? Dove si sono ficcati quei nomi “giganteschi”, almeno per noi e probabilmente per chi ci legge, come Arcade Fire, Placebo, Low e via dicendo? Scorrendo la classifica, il primo nominativo sul quale vale la pena soffermarci è quello dei Daft Punk al diciassettesimo posto, tallonati dai Depeche Mode; poi abbiamo i Pearl Jam al trentesimo e più staccati David Bowie e i Muse. Andando oltre la posizione numero cinquanta, scopriamo il primo e unico nome tutto italiano del panorama Indie (passatemi il termine che mi permette di sintetizzare) e cioè quello dei Baustelle. La cosa che pare chiara, dunque, è che c’è una spaccatura netta tra il pubblico musicalmente “colto” o meglio quello che si pone con più attenzione alle uscite underground (in linea di massima le stesse proposte da webzine come Rockambula ma anche dai giganti Ondarock, SentireAscoltare o Rockit o le riviste cartacee come Rumore, Il Mucchio e via dicendo) e chi effettivamente i dischi li compra.

O quantomeno, il pubblico che ascolta e apprezza le band che questi magazine o webzine come la nostra promuovono, non è evidentemente abbastanza numeroso da far sì che i loro artisti preferiti possano entrare nelle classifiche riguardanti gli album più venduti, al fianco dei sopracitati re (con la minuscola) del pop/rock (con la minuscola) tricolore. In quest’ottica poco stupisce che gli Arcade Fire vendano circa seimila copie e i Marlene Kuntz appena settemila e comunque mille in più dei canadesi, che invece, nei nostri discorsi da musicofili, collezionisti di vinili, talent scout dell’Indie Rock, insomma, nelle chiacchierate tra noi Indie Snob che al concerto degli U2 se ne vanno dopo aver ascoltato il gruppo spalla, sembrano il non plus ultra del panorama mondiale. Partendo da questo presupposto e visto che il mio ruolo mi permette di affermare la scarsissima qualità delle classifiche di vendita nostrane, una domanda sorge spontanea ed è una questione che in molti hanno sollevato in questi giorni. Quando esattamente ci siamo ridotti cosi e cosa ci ha portato a questo? L’avvento dei reality show, l’affermarsi della Tv come principale strumento d’informazione, l’arrivo degli mp3, il download illegale, il generale impoverimento culturale? In quale anno, in quale preciso istante l’Italia è caduta nel baratro? Per cercare di dare una risposta a queste domande ho deciso di realizzare questo piccolo studio da cui scaturisce il grafico che trovate di seguito.

Grafico

Semplicemente ho considerato tutte le classifiche di vendita degli album, anno per anno, dal 2009 al 1964 (dati www.hitparadeitalia.it) e ho analizzato i dischi che si trovano nelle prime posizioni. Poi ho esaminato il gradimento di quei dischi, attraverso un portale che avesse un pubblico quanto più variegato possibile (www.rateyourmusic.com), usandolo come strumento quanto più oggettivo possibile per valutare la qualità (o meglio la percezione qualitativa di un dato pubblico) degli album analizzati. Ovviamente, parlando di giudizi su album, ci sarà una miriade di variabili da considerare (dal tipo di pubblico del sito, alla preparazione dei votanti e cosi via) tanto che una qualsiasi valutazione oggettiva è pressoché impossibile, ma ho cercato di usare gli strumenti più adatti allo scopo, tentando di non influenzare il risultato. Quello che ho cercato di capire è quanto la qualità media dei dischi più venduti è variata nel tempo e se c’è un momento storico in cui la spaccatura si è fatta più evidente.

Nel grafico dunque trovate tutti gli anni sull’asse orizzontale mentre in verticale è presente la valutazione qualitativa che, attraverso il mio sistema, va da un minimo di zero a un massimo di quindici. Tanto per capirci, i tre album con il voto più alto presenti nel sito arrivano a 12,84. Quello che emerge chiaramente è che (sempre considerando la presenza d’infinite variabili che rendono l’analisi interessante più come curiosità) pare esserci effettivamente un peggioramento nel pregio dei dischi che si trovano nella parte alta della classifica, ma, nello stesso tempo, non c’è apparentemente un momento preciso cui sembra corrispondere questo calo. La cosa lascerebbe supporre che nessun motivo unico scatenante debba riscontrarsi in questa spregevole inclinazione ma che anzi, inevitabilmente, una serie di concause, ci stia portando ad allargare il divario tra album di qualità e album più venduti. Allo stesso modo, sembra anche esserci una sorta d’inversione di tendenza dagli anni 2000/2001 ma si tratta di un periodo troppo breve perché si parli di vera ripresa in tal senso, anche perché, spostando tali considerazioni oltre il 2006 e analizzando proprio i dati 2013, potremo notare come l’anno appena passato, si piazzerebbe nel grafico sugli stessi bassissimi livelli d’inizio millennio.

Che cosa dire dunque. Noi continuiamo per la nostra strada, proseguiamo a promuovere e ascoltare quella musica che riteniamo essere veramente di qualità con la consapevolezza che sarà solo una minoranza a seguirci, quella stessa minoranza che però ci piace incontrare ai concerti dei Massimo Volume o, tra qualche mese, dei Neutral Milk Hotel. Probabilmente non ha senso cercare un solo e unico colpevole e probabilmente, quest’analisi andrebbe raffrontata con altre che rivelino la situazione culturale generale del paese e la sua involuzione. Allo stesso modo non possiamo che ridere di chi ancora è riuscito a stupirsi di questi dati, che trovate di seguito. Cosa vi aspettavate di vedere? I These New Puritans in vetta?

 

 Pos. Att. TITOLO ARTISTA
1 MONDOVISIONE LIGABUE
2 GIOIA … NON E’ MAI ABBASTANZA! MODÀ
3 BACKUP 1987-2012 IL BEST JOVANOTTI
4 STECCA MORENO
5 SCHIENA VS SCHIENA EMMA
6 SIG. BRAINWASH – L’ARTE DI ACCONTENTARE FEDEZ
7 #PRONTOACORREREILVIAGGIO MARCO MENGONI
8 MIDNIGHT MEMORIES ONE DIRECTION
9 20 THE GREATEST HITS LAURA PAUSINI
10 MAX 20 MAX PEZZALI
11 AMO RENATO ZERO
12 NOI DUE EROS RAMAZZOTTI
13 SONG BOOK VOL.1 MIKA
14 MARIO CHRISTMAS MARIO BIONDI
15 L’ANIMA VOLA ELISA
16 AMORE PURO ALESSANDRA AMOROSO
17 RANDOM ACCESS MEMORIES DAFT PUNK
18 DELTA MACHINE DEPECHE MODE
19 LA SESION CUBANA ZUCCHERO
20 INNO GIANNA NANNINI
21 UNA STORIA SEMPLICE NEGRAMARO
22 SENZA PAURA GIORGIA
23 BRAVO RAGAZZO GUE PEQUENO
24 GUERRA E PACE FABRI FIBRA
25 SUN MARIO BIONDI
26 CONVOI CLAUDIO BAGLIONI
27 TAKE ME HOME ONE DIRECTION
28 MERCURIO EMIS KILLA
29 AMO – CAPITOLO II RENATO ZERO
30 LIGHTNING BOLT PEARL JAM
31 PASSIONE ANDREA BOCELLI
32 CHRISTMAS SONG BOOK MINA
33 L’AMORE È UNA COSA SEMPLICE TIZIANO FERRO
34 A TE FIORELLA MANNOIA
35 THE TRUTH ABOUT LOVE PINK
36 MIDNITE SALMO
37 TO BE LOVED MICHAEL BUBLE’
38 THE NEXT DAY DAVID BOWIE
39 BELIEVE JUSTIN BIEBER
40 UN POSTO NEL MONDO CHIARA
41 LORENZO NEGLI STADI – BACKUP TOUR 2013 JOVANOTTI
42 LIVE KOM 011: THE COMPLETE EDITION VASCO ROSSI
43 SOTTO CASA MAX GAZZÉ
44 ORA GIGI D’ALESSIO
45 SWINGS BOTH WAYS ROBBIE WILLIAMS
46 THE 2ND LAW MUSE
47 LA TEORIA DEI COLORI CESARE CREMONINI
48 IN A TIME LAPSE EINAUDI
49 UNORTHODOX JUKEBOX BRUNO MARS
50 ARTPOP LADY GAGA

NON HO TROVATO UNA CANZONE PIU’ ADATTA!!!

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I Quartieri – Zeno

Written by Recensioni

C’è una teoria abbastanza strampalata sull’evoluzione della cultura giovanile che lega le ondate e i riflussi di alcune modalità d’espressione, non solo artistiche, ai cicli solari. Formulata da Iain Spence nell’ormai lontano 1995 e poi più volte modificata e ritrattata, viene esposta anche dal grande Grant Morrison nel suo libro semi-autobiografico Supergods.

Per farvela breve, una versione di questa teoria collega i cicli solari, di 11 anni, a come nascono e si sviluppano le youth cultures. In particolare, si possono (o potrebbero) notare due poli: uno hippie, che si porta dietro la passione per capelli lunghi, vestiti larghi, musica popolare in forme dalla durata mediamente più lunga, droghe psichedeliche, pace, e un interesse maggiore verso la spiritualità; l’altro punk, che implica il contrario, ossia capelli corti, vestiti stretti, musica più corta e immediata, droghe eccitanti, aggressività, materialismo.  Secondo questa teoria, nel 2010 dovremmo essere tornati alla fase hippie, ed effettivamente (per quanto l’ipotesi Sekhmet, questo il nome, non sia basata, ovviamente, su nulla di scientifico) noto uno svilupparsi sempre crescente di situazioni collegate a questo “polo”.

Per esempio, se fossimo in un periodo punk, questo bell’album de I Quartieri sarebbe forse di un pop più acustico, più folkeggiante/cantautorale, un po’ più ruffiano, un po’ più paraculo. E invece, per nostra fortuna, siamo nel 2013: la band romana ci regala Zeno, un album denso di Pop Rock sognante e, per l’appunto, psichedelico. Pop Rock perché il Pop sta nella leggerezza e nell’immediatezza catchy di alcuni “ganci” incredibilmente efficaci, nella messa in scena più che accessibile, nelle voci morbide, distanti, e dal timbro assai caratteristico; ma la forma, espansa e avvolgente, dei loro morbidi soundscapes è molto Rock, nell’accezione più ampia del termine. Capiamoci, niente chitarre distorte e batterie fucilate, ma piuttosto uno spirito Rock, molto sixties, per l’appunto: psichedelico, “psiconautico”, pacifico, spirituale, in senso lato; poco materialista, se preferite.  Zeno è una carrellata di visioni spiraleggianti, circolari. Dall’apertura “9002”, una processione lenta, vicina a certi Arcade Fire, fino alla title track, che parte più classica ma poi si apre su movimenti imprevedibili, e ti entra sottopelle con lenta facilità (o facile lentezza, fate voi). Da “Organo”, traccia conclusiva che richiama i Low più ariosi e sintetici, alla mia preferita, “Argonauti”, con quel giro armonico e quella melodia che si fissano là, tra la gola e le orecchie, e lì rimangono, per ore, a ruotare, lente.

 Nel complesso, un’ottima prova quella de I Quartieri, che riescono ad accompagnarci con tranquillità su e giù per tutto il nostro spettro emotivo, anche se, bisogna ammetterlo, Zeno funziona al suo massimo quando si tratta di immergersi nei fondali oceanici: quando naviga a vista, sotto costa, ci rapisce un po’ di meno e si confonde un po’ di più. Ma questa è senz’altro colpa del ciclo solare hippie, che ci condannerà a psicanalizzarci in musica per almeno altri sette anni…

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