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Karmamoi – Odd Trip

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Questa volta la capitale romana ci porta i Karmamoi, giovane gruppo Prog Rock formatosi nel 2008 dalla mente e dall’anima del batterista Daniele Giovannoni e dalla cantante Serena Ciacci. Il 2009 porta l’incontro con la Crisalide Edizioni e l’uscita del loro primo singolo “Venere”, il 2011 la pubblicazione del loro lavoro d’esordio Karmamoi, il 2012 l’uscita dell’Ep Entre Chien et Loup visto come l’anello di congiunzione tra il passato e il futuro. Futuro che arriva con la pubblicazione di Odd Trip (2013), secondo album e soprattutto esordio in lingua inglese. In questi anni la formazione si completa con l’arrivo di Fabio Tempesta e Alex Massar alle chitarre e Alessandro Cefalì al basso.

Iniziando l’ascolto di questo strano viaggio sinceramente non si sa cosa aspettarsi e forse non si sa cosa aspettarsi nemmeno alla fine dell’ascolto. Prendendo singolarmente tutti gli elementi si percepisce la valenza ma alla fine tutto dovrebbe unirsi per creare una sola opera. È un concetto abbastanza metafisico legato alle sensazioni suscitate da un album o da un brano che sia, ma questa unione, questa fonduta di materiale sonoro purtroppo non l’ho percepita, percependo anzi un certo sforzo. La lingua inglese certamente non aiuta la cantante che, nonostante le doti canore, non riesce a fluidificare l’inglese facendolo apparire all’orecchio dell’ascoltatore meno maturale e soprattutto meno morbido. Per quanto riguarda il valore degli altri strumenti, esso è indiscusso, fatto di piacevoli armonizzazioni e legato ad un’elettronica che non disturba, anzi che spezza la quasi monotonia di un lavoro che di primo acchito appare già sentito e precario di inventiva la quale oltre alla bravura tecnica dovrebbe essere l’elemento più importante per chi intraprende oggi la strada della musica. Ormai è già stato detto e suonato tutto e il cercare quella particolare novità o quella determinata melodia richiederebbe tempo, lavoro e apertura tecnica e mentale. Anche l’andamento del disco appare discontinuo. Alcuni direbbero “Bene!” ma in questo caso la discontinuità di genere toglie qualche punto. In particolare i tre “Oxygen” mi risultano senza alcun significato logico. Dovrebbero alleggerire la tensione del disco o aggiungere qualche brano in più alla scaletta del lavoro? Forse la seconda ipotesi sembrerebbe più plausibile dato che l’unica cosa che fanno è distrarre l’ascoltatore.

Insomma Odd Trip è un lavoro troppo azzardato, senza personalità e soprattutto senza brani degni di essere ricordati. Provare emozioni è una cosa istintiva, umana che non avrebbe bisogno di una precisa intenzione nell’essere trovata. Ma nonostante l’intenzione non vi è nulla che colpisca quelle particolari corde. Magari è un lavoro che necessita di più tempo, magari di più maturazione come i vecchi vini. La grandezza, però, la genialità sono cose che non vanno cercate forse in un genere sbagliato (quello Progressive), che non ci appartiene e che non ci apparterrà mai. La storia non si fa con i “se” o con i “ma”, ma con un grande lavoro e una profonda conoscenza di se.

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Karmamoi – Entre chien et loup

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Entre chien et loup. Tra cane e lupo, come a indicare un meticcio elegante nella sua natura selvaggia, snello e agile come il lupo, ma addomesticato, domato, quieto, affidabile come un cane. Un insieme di caratteristiche che creano un animale piuttosto armonioso nell’aspetto, forte ma allo stesso tempo affabile.
Esattamente come la musica dei Karmamoi: il quartetto romano composto da Daniele Giovannoni (batteria), Alessandro Cefalì (basso), Fabio Tempesta (chitarra), Serena Ciacci (voce) proprone in questo EP di cinque tracce la versione acustica di alcuni brani già presenti nella precedente fatica discografica del 2011, l’omonimo Karmamoi. Cinque canzoni accomunate da un certo sapore pop nostrano, solido tappeto su cui si insinuano, di volta in volta, matrici reggae, andamenti jazz,  melodie mediterranee della chitarra, ritmiche funky, il tutto dominato con una certa prepotenza dalla linea vocale: un timbro spesso, corposo, sfruttato soprattutto al grave, a cui vengono affidate liriche brevi, incisive, spesso ripetitive.
La base pop rende i brani decisamente abbordabili (la vocalità che ricalca molto Marina Rei e Carmen Consoli, con alcune sterzate vero l’acuto piuttosto improvvise che ricordano Irene Grandi, alcuni arrangiamenti, soprattutto in Venere, che sembrano presi da un album dei Negrita, ad esempio), mentre le diverse connotazioni che caratterizzano ogni traccia (puramente lenti pop Il ricordo e Indovino, folk e reggae Venere, quasi jazzato Vivo desiderio e tipicamente rock Stesa) mostrano le abilità della formazione, che è capace di spaziare tra i generi con un certo gusto e una buona competenza tecnica. A mio avviso Stesa è la traccia migliore però, sintomo di una formazione rock radicata a fondo nei quattro elementi: Serena sfrutta tutto il potenziale della sua voce, che non è più contenuta in una gamma di suoni medio-bassi come nelle canzoni precedenti ma può lasciarsi andare a costruzioni melodiche più articolate, il basso finalmente trova soddisfazione in un giro incalzante e piuttosto veloce, l’insieme è armonioso, energico, caldo e coinvolgente. Forse è questa la base su cui dovrebbero modellare i loro brani i Karmamoi. Liberarsi un pochino dei vecchi fasti della musica leggera italiana e lasciarsi andare a qualcosa di più sanguigno.
Non fraintendetemi.  Il quartetto funziona e parecchio, ma sa tutto di già sentito e onestamente l’EP fatica a decollare (c’è molta passione attraverso i cinque brani, ma mancano completamente energia  e groove praticamente fino all’ultima traccia; va bene che i Karmamoi ci presentano un unplugged di loro stessi, ma si poteva fare qualcosa di più in questo senso). Per sguazzare nel già sentito pop nostrano, insomma, tanto vale provare con del rock verso cui i quattro sembrano essere ben più predisposti.

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