Giuseppe Albarano Tag Archive

Arch Enemy – War Eternal

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Al loro nono album in studio gli Arch Enemy sanno ancora come fare i buchi al pavimento e, seppur con qualche modifica alla line up, raggiungono sempre dei livelli altissimi dentro e fuori la scena svedese che da sempre offre le migliori melodie della storia del Death Metal. Dopo quattordici anni di carriera come frontman e voce del gruppo, Angela Gossow scende dal palco e si dedica alla band come business manager; al suo posto, la band di M.Amott decide di contattare l’ex vocalist dei The Agonist, Alissa White-Gluz. La giovane cantante canadese afferma di aver sempre ammirato la band fin dai tempi del magnifico Wages of Sin (2001) e la notizia di questo cambio di line up è stata inaspettata per lei quanto per noi. Alissa sostituirà egregiamente la Gossow; anzi, la supererà anche abbondantemente grazie alla sua voce che cattura e sgretola sia in scream che in growl, non perdendo però lo stampo vocale classico della formazione nordica. Oltre al cambio già citato, nel 2012 ci fu una new entry anche alla chitarra: fuori Christopher Amott per Nick Cordle ed ecco gli Arch Enemy nella loro nuova splendida veste.

L’album si apre con un intro corale e bellico per poi dar spazio a un brano che da subito fa capire quanta violenza e classe hanno ancora da offrirci; “Never Forgive, Never Forget” è seguito dal primo singolo pubblicato che fornisce il nome all’album. Il disco prosegue decisamente bene, con pezzi sempre molto aggressivi e al contempo melodici come il secondo singolo “No More Regrets” ed il terzo a seguire, dal titolo “You Will Know My Name”, per giungere ad uno dei capolavori di questo cd e non solo, “Time Is Black”; il brano presenta un intro che risuona come un carillon accompagnato da un insieme di archi, a seguire un riff davvero massiccio e prosegue per il meglio senza mai cadere di intensità. Una particolarità sono i temi di violino che si fondono al brano con una delicatezza impeccabile. La chiusura di questo capolavoro è affidata ad uno strumentale con tema di chitarra molto in stile Arch Enemy che compie il suo lavoro lodevolmente, seguito da una bonus track, o meglio da due: una cover di “Shadow on the Wall” nella versione in digipack ed una cover di “Breaking the Law” nella versione giapponese. L’artwork ed il layout sono stati realizzati dal romeno Costin Chioreanu che realizza la copertina interamente a mano e nella versione mediabook troviamo una toppa del singolo “War Eternal”. La qualità è cresciuta esponenzialmente dal 2011 di Khaos Legion, suoni molto più pieni e massicci in grado di catturare completamente l’ascoltatore per immergerlo in questa guerra che da sempre combattono e che, come indicato in quest’ultimo lavoro, non vedrà mai un termine.

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Airportman – David

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Io non so cosa abbia potuto spingere gli Airportman a pubblicare un album del genere e a volerlo far girare in web e in copia fisica se non, forse, perchè almeno l’idea di base è davvero molto intrigante e interessante. David è il frutto di varie take di improvvisazioni che compongono le sei tracce del CD, completato da un book dove si trovano vari scritti riguardanti “il fantomatico David”, ma sinceramente non si capisce né dove bisogna iniziare a leggerlo e né tanto meno dove finisca. Il proposito dovrebbe essere quella di ascoltare ogni brano leggendo il book ma siamo qui a parlare di musica, è questo che conta più di ogni altra cosa e la musica sarà valutata prima che il resto. A tal proposito, ammetto di non aver avuto il coraggio di ascoltarlo più di due volte e a distanza di una settimana l’una dall’altra, perché questo è davvero un prodotto inquietante, noioso e piatto. Le take alternano tracce di chitarra, batteria, basso e  pianoforte più vari lead synth e pad, e sono proprio questi ultimi ad aprire l’album. C’è da dire che non sono utilizzati male, buona la scelta dei suoni e ottimo l’accostamento corale che ne viene fatto; la chitarra invece è priva di qualsiasi senso, a parte per un piccolo riff sulla “Traccia 3” che mi ricorda “Lateralus” dei Tool, anche se non per la somiglianza nelle corde; il pianoforte è monotono e ansiolitico, punta molto sulle note alte e anche in questo caso ha avuto rilevanza solo in una piccola chiusura; la batteria la si sente davvero pochissimo e quando attacca pare dare un po’ di speranza al brano, ma è mera illusione pronta a deludere di lì a poco; il basso..beh, quasi mi viene il dubbio che non ci sia davvero un basso, molto nascosto come è dietro i pad e la chitarra, ma per quel poco che si riesce a captare non sarebbe affatto male se spostato in primo piano. Inoltre, sembrerebbe che il primo ed il secondo brano, così come il terzo con il quarto, siano accomunati, come formassero tra loro una sola traccia divisa in due; il punto è che l’eventuale divisione è stata fatta senza un criterio tanto che se ascoltassimo solo il primo o solo il terzo pezzo resteremmo turbati da una chiusura improvvisa, tagli netti all’ascolto che disturbano non poco; allo stesso modo e per lo stesso motivo anche le aperture del secondo e del quarto pezzo risultano fastidiose, in quanto repentine e di cattivo gusto. Nel complesso è un lavoro studiato per catturare l’ascoltatore e farlo immergere nella sua complessità; il cd va ascoltato senza interruzioni provando ad accompagnare l’ascolto con la lettura del book eppure non è opera che suggerirei a nessuno, anzi, la sconsiglierei vivamente a chi è soggetto al cattivo umore, all’apatia e alla depressione. L’unico punto a favore, la sola nota positiva è per il sound adottato fatto di timbri caldi e intensi; per il resto è poco più di un tre pieno.

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Karenina – Via Crucis

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Ne avevamo avuto un anticipo con l’EP Verso, uscito nel 2013, ed oggi, ad un anno dalla sua uscita, possiamo finalmente ascoltare l’album Via Crucis del quintetto bergamasco Karenina. Un concept album di undici brani, un viaggio lungo tre mesi nei meandri di un’ Italia massacrata da incessanti e continue tragedie, il solito insomma. Anche loro, dopo tantissimi, provano a raccontare l’Italia e gli Italiani, e provano a suggerire il da farsi per salvarla e per salvarci. C’è da dire però che il tutto viene proposto con grande originalità: nascondendosi dietro una maschera Pop Rock; una sonorità massiccia e di forte impatto spiazza l’ascoltatore grazie all’emergere di tendenze Prog in stile anni 90 ed a sintetizzatori d’era moderna, il tutto mescolato in grande stile con schiocchi di dita, trombe e classiche distorsioni, creando una circostanza alquanto psichedelica. Il classico “tappeto musicale” si trasforma in una “gabbia sonora” da cui cerca di emergere una voce, quella di Francesco Bresciani, una voce che appare critica, ironica, indignata, consolata dalle candide armonizzazioni di Ottavia Marini. I brani abbandonano completamente la struttura e la metrica classica delle canzonette all’italiana, come si può evincere da “La Sapienza” (#4), le linee vocali e la (non)metrica utilizzate si accostano più ai discorsi che alle canzoni e ai ritornelli ai quali siamo abituati, infatti questi ultimi non sono molto marcati come nel loro precedente lavoro; e a proposito di discorsi, quando un disco mira a puntare il dito, non può mai mancare il brano recitato: decenni fa Fabrizio De André scrisse “Sogno Numero 2”, mentre oggi possiamo ascoltare “Hey Tu!” (#8), anche se la recitazione è mediocre, ci fa guardare allo specchio, e se ci soffermiamo a riflettere, potremmo scoprire di non essere poi tanto delle belle persone.Tra i brani meglio riusciti rientrano “Per Vederti Ancora” (#6) e “Nel Centro del Paese” (#3): brani molto diversi tra loro, il primo breve ed intenso, si apre con un riff da perderci il collo; l’altro è semplicemente geniale, il maintheme è suonato con mani e voci ed è tra i pochi brani che riprende strofe e ritornelli da poter canticchiare. Dunque è questa la colonna sonora della Via della Croce, undici tappe dove la croce non serve nemmeno portarla; data di partenza fissata per il “26 Novembre 2010”; direzione Ovest, dove deve andare chi cerca quello che non vuole trovare. Le “bestie” di questa “bellissima” Italia sono invitate a lasciare il paese nel cassetto ed emigrare speranzosi, essendo sempre consapevoli di ciò che ci circonda, pur omettendolo, poiché la prospettiva è migliore se nasconde un po’ le cose. In pratica il disco è un po’ il quadro dei tempi odierni, una musica moderna e ricca di influenze di qualsiasi tipo, colma di idee nuove spalmate sul classico dei tempi andati, ornata da voci intense e carismatiche che mirano al nostro paese e alla nostra gente, puntando il dito contro tutto ciò che di marcio ci offre gratuitamente la nostra bella Italia.

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