Garrincha Dischi Tag Archive

“Io, te e Carlo Marx”, nuovo video per Lo Stato Sociale.

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 Online su youtube il nuovo video de Lo Stato Sociale del singolo “Io, Te e Carlo Marx”, terzo estratto dall’album L’Italia Peggiore (Garrincha Dischi). La band ce lo racconta così: “Uolli, il regista, è un matto. L’avevamo capito dopo aver visto il suo clip ‘Vamos a la Islanda’ e così gli abbiamo lasciato carta bianca. Volevamo una cosa dal sapore homemade, con un set che coinvolgesse tanta gente, ci piaceva l’idea di andare a girare il video in Friuli, a Udine, dove Lodo ha studiato per tre anni e dove si mangia il frico, dove il bianco lo bevi al posto dell’acqua e i ruscelli attraversano la città. Magari ne facciamo altri, magari in Islanda“. (Lo Stato Sociale)

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“Ho Visto un Nazipunk sul Tram”, anteprima del nuovo disco de L’Officina della Camomilla.

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In attesa del nuovo disco de L’Officina della Camomilla, Senontipiacefalostesso Due, in uscita il 4 novembre per Garrincha Dischi, la band ha rilasciato in anteprima una nuova traccia tratta dall’album, dal titolo “Ho Visto un Nazipunk sul Tram”. Il disco come sarà?

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Nuovo disco per L’Officina della Camomilla.

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L’Officina della Camomilla il 4 novembre pubblicherà per Garrincha Dischi (già etichetta de Lo Stato Sociale e L’Orso) il secondo album ufficiale: Senontipiacefalostesso Due (seguito del volume Senontipiacefalostesso Uno, uscito a febbraio 2013). Il quintetto milanese, capitanato da Francesco De Leo, sforna un disco in controtendenza, lungo e variegato, formato da 15 mini-racconti onirici e Punk insieme che sanno cantare del nostro tempo come nessun altro riesce a fare. Attraverso personaggi-simbolo e animali-totem, infatti, L’Officina della Camomilla ci racconta la solitudine metropolitana, il bisogno di fuga e la disillusione amorosa tipici del nostro tempo, miscelando allucinazioni a scorci di normalità e sfornando versi destinati a lasciare il segno. Senontipiacefalostesso Due è un album intenso, nato dalla totale libertà creativa e visionaria della band, solo apparentemente nonsense. Fortemente attaccato alla realtà metropolitana milanese, ancora una volta sfondo di più di una traccia (con i riferimenti ai Navigli, a piazza Duomo e agli immancabili “palazzi scheletri”), ma che musicalmente trova le sue coordinate tra Londra e New York, tra Chiavari – città natale di Francesco – e le infinite vie della complicata psiche dei cinque. Un disco scritto a occhi chiusi, un disco che sfugge alle canoniche definizioni di genere, un disco importante.

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Tutto Molto Bello 2014, si parte!

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Il Primo Torneo di Calcetto per Etichette Indipendenti. 14,15 Settembre a Bologna.
Torna anche quest’anno TUTTO MOLTO BELLO, il primo torneo di calcetto per etichette indipendenti ideato da Sfera Cubica con la collaborazione di LocomotivClub, in programma Sabato 13 e Domenica 14 settembre a Bologna, presso il parco del DLF Ferroviario e inserito nell’ambito di bè bolognaestate 2014, il cartellone di eventi estivi promosso e coordinato dal comune di Bologna. Quest’anno il torneo (con la speciale partecipazione della squadra del Primavera Sound Festival direttamente da Barcellona), oltre alla ormai nota simpatia per Bruno Pizzul a cui deve il suo nome, rende omaggio al grande Vujadin Boškov, recentemente scomparso e abilmente ricordato nel logo di Prodezze Fuori Area. Tra gli elementi di comunicazione, quest’anno è stata lanciata la Sigla di Tutto Molto Bello a cura dei Superbox, insieme alle suonerie disponibili nel sito dell’evento.
Ventiquattro squadre:
#hashtag, Audioglobe, Black Candy, Bomba Dischi, Ikebana Records, INRI, La Fabbrica, Foolica, Garrincha dischi, IRMA records, La Barberia records, La Fame Dischi, Libellula, MK Records, Primavera Sound FC, Radio All Stars, RIFF Records, Soviet Dischi, Promoter All Stars, To Lose La Track, Trovarobato, Unhip, v4v records, Woodworm.

Il programma completo!

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Lo Stato Sociale – L’Italia Peggiore

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Tornano quei fenomeni, nel bene e nel male, de Lo Stato Sociale, e lo fanno con L’Italia Peggiore, secondo disco che prosegue il discorso del precedente Turisti Della Democrazia. Verbosi, danzerecci, di un’allegria folle che ricorda il discorso di Vasco Brondi sulle “feste senza senso” in cui “ballare sotto le bombe”: tutto è in macerie, tanto vale pompare il volume e cantare con una voce sola, sentirsi finalmente insieme ad alzare le mani e batterle, forte. Mentirei se dicessi che le canzoni de L’Italia Peggiore sono brutte canzoni (a parte qualche faux pas in cui si toccano le profondità di una piscina per bimbi, tipo elenchi alla Jovanotti – “C’Eravamo Tanto Sbagliati” – oppure quando si cerca la simpatia a tutti i costi in situazioni di cui ormai abbiamo la nausea“Instant Classic”). I testi sono ironici e brillanti, e quando non eccedono in paraculaggine si fanno ascoltare con un mezzo sorriso complice. Certo, c’è sempre quella sensazione sotterranea e strisciante di fregatura, ma ci torniamo dopo.

Musicalmente, Lo Stato Sociale fa esattamente ciò che si pone come obbiettivo: farti ballare e sorridere. L’uno-due con i testi (tu balla, ridi, ogni tanto ti tocco la spalla, serissimo, per ricordarti che vivi in un Paese di merda in mezzo a gente di merda, poi scoppio a ridere anch’io e tu continui a ballare senza capire se ti sto coglionando o meno) è ciò che distingue Lo Stato Sociale da altri act simili: un loop trasformista tra serietà acida e follia demenziale (esemplare “”Questo è un Grande Paese”, che è più cabaret radiofonico che canzone). Da questo punto di vista, il disco è riuscitissimo, e sono certo che sarà un successo, trascinerà torme di fan ai concerti, pronti a scatenarsi nel delirio quasi tamarro di questi cazzoni col cuore dal lato giusto. Però. Però c’è qualcosa, lì dentro, che non mi convince più di tanto. C’è qualcosa che puzza, che serpeggia tra le righe dei quattordici pezzi di questo disco variopinto. È una sensazione di incompiutezza, di pressapochismo. I sostenitori dei bolognesi la chiameranno Lo-Fi, scelta artistica, stile. A me sembra scazzo, una terribile parvenza di ruvidezza generale. Il fatto che magari sia voluta non so se migliori o peggiori la situazione. L’effetto che mi fanno le canzoni de Lo Stato Sociale è quello degli animatori nei villaggi vacanze. Ti devono caricare, energizzare, devono per forza farti sorridere, partecipare. Si attaccano ai luoghi comuni, li sfruttano, per poi farti credere che è ironia, e magari lo è davvero, ma dopo due o tre giri di giostra, come si fa a distinguere il cliché dal commento sarcastico al cliché? Si divertono a cazzeggiare senza remore, però in fondo si percepisce un orgoglio da gruppo impegnato che a quel punto un po’ stona.

Forse non si può fare tutto, o forse è la mia piccola testa limitata che, ad oscillare così ampiamente tra un estremo e l’altro, si sente nauseata e incerta sul da farsi. Senza parlare della resa sonora che, qua e là, tocca livelli pessimi (pensate a come sono prese certe voci, o considerate che, in “C’Eravamo Tanto Sbagliati”, c’è una chiarissima interferenza da cellulare, minuto 0:33 – per dire). Sono queste sensazioni, per così dire, “scomode”, a non farmi godere il divertimento e l’acutezza che certamente Lo Stato Sociale sa così efficacemente trasmettere. Ma voi non fatevi problemi: L’Italia Peggiore fotografa, forse meglio di molto altro, lo spirito (anche musicale) di questi tempi. Voi ballate e divertitevi, e cercate di perdonarmi se non faccio salti di gioia…

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Lo Stato Sociale, nuovo disco e Tour estivo!

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Una data di uscita scelta non a caso – quella del 2 Giugno, giorno in cui si celebra la Festa della Repubblica in Italia – ma proprio per il suo significato e le sue forti connotazioni patriottiche, a cui si contrappone, ironia pungente ma nient’affatto avulsa dalla realtà, il titolo del disco: L’Italia Peggiore (Garrincha Dischi) . Un titolo che è un po’ il filo conduttore dell’album, come ben si evince dal singolo “C’eravamo Tanto Sbagliati” (primo estratto che ne anticipa l’uscita), traccia carica di quell’umorismo critico e sferzante che ritroveremo nell’intero lavoro discografico. Un’Italia bacchettata beffardamente per le sue contraddizioni, le sue ipocrisie piccole e grandi. Lo Stato Sociale hanno in programma anche una serie di date estive che partiranno – con la data zero italiana – da Genova, il 24 Maggio, all’interno del Garrincha Loves Genova, un one day festival che vedrà alternarsi sul palco tutti i gruppi della label bolognese.

Ecco le prime date confermate (tante altre in arrivo):

01/05 Bologna – Piazza Maggiore
18/05 Parigi – Festival Maggio – Gibus Club
20/05 Berlino – Riviera Festival – Glashaus
24/05 Genova – Garrincha loves Genova – Teatro dell’Archivolto
07/06 Milano – MIAMI – Magnolia
10/06 Bologna – Vicolo Bolognetti
14/06 Chieti – Festival Strade Musicali
19/06 Napoli – Arenile
20/06 Padova – Garrincha loves Sherwood – Sherwood Festival
22/06 Varese – Festa CGIL
27/06 Vicenza – Festambiente
29/06 Foresto (BG) – Forest Summer Festival
06/07 Molfetta (BA) – Garrincha Loves Bari – Eremo Club
19/07 Perugia – Rock For Life
30/07 Melpignano (LE) – So What Festival

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Nuovo singolo per Lo Stato Sociale

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Lunedì 14 aprile sarà disponibile su iTunes il nuovo singolo de Lo Stato Sociale. La band bolognese presenterà il suo “C’eravamo tanto sbagliati” insieme a un b-side esclusivo per chi acquisterà il singolo da iTunes, “Il cassetto del dipendente”. Il brano sarà accompagnato, dal 17 aprile, da un videoclip, disponibile su YouTube attraverso il canale dell’etichetta Garrincha Dischi.

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Chewingum – Nilo BOPS (recensioni tutte d’un fiato)

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In questi giorni mi sono perso in lunghe discussioni sul valore di una recensione e, parallelamente, sulle caratteristiche che rendono l’indie pop italiano un genere cosi prendere o lasciare, “o lo ami o lo odi”. Perché vi dico questo? Perché i Chewingum fanno un album secondo me godibile, divertente, sentito, “di pancia”, in 11 canzoni che stanno tra electro-funk e pop bagnatissimo, testi nonsense spalla a spalla con liriche perfette e dolci come un’alba sul mare, atmosfere eteree e follie senza capo né coda, con una voce che mi si incolla in testa e non se ne va più. Ce ne sono tanti in giro così, lo so, ma rimane un disco che si lascia ascoltare (e ricordare). So anche che molti di voi, a leggere queste righe, faranno una smorfia disgustata: ma mettetevi il cuore in pace, è una recensione, e come spesso accade, l’oggettività si perde dopo i primi quattro aggettivi.

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ManzOni – Cucina Povera

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Ho sudato tanto per far sudare meno mio figlio. Ora, nell’era dei numeri soli con gli zero davanti, lui sa tutto sul comunismo, io so che se sarà fortunato avrò il mio posto”. Questo è quello in cui si barcamenavano i nostri padri, le loro illusioni, sgomenti e realtà spogliate dalla falsità dei luoghi non comuni, anzi spesso mai accostati nemmeno col pensiero. “Cucina povera” è il racconto, i racconti della provincia umile e sottoposta ai riflettenti sguardi del coraggio, ed è il disco di Luigi Tenca e i ManzOni, la formazione veneta che giunge al secondo lavoro ufficiale, una prosaica sequela di stati pensierosi e stranianti che fanno, e lo sono, filo conduttore di una fascinazione opaca e grigia, di quella poetica descrittiva alla Olmi della cinematografia, tracce in cui compaiono come fantasmi ricorrenti le vocalità di un Ciampi, qualcosa dei Madrigali Magri e un fitta nebbia o caligine a seconda dal punto di ascolto, un ascolto che si fa attento al passaggio crepuscolare di questa verginità rozza e magnificente.

Un’ottica secca come un rubinetto d’estate, un voce scandaglia storie di non-lavoro, scarsa salute o per niente, la noia, il deliquio, l’essere padrone di niente ed essere niente sotto un padrone, nove tracce ossessive e amare che, come in un rosario laico, fanno novena sociale ed umana, chitarre, fruscii, meccaniche industriali, rumori ripetuti a ritmo incostante fanno la gloria del registrato, una sonorizzazione off che cammina nei borders dell’anima e di una fisicità emaciata e malata; con Tenca, contribuiscono a colorare di fuliggine questo bel disco Ummer Freguia, Fiorenzo Fuolega, Carlo Trevisan ed Emilio Veronese, e quello che hanno messo dentro questa tracklist è alta narrazione neo-realista, una fluida scheggia di vetro tagliente che scaglia armoniche sensazioni Ferrettiane “Dal diario, a mia madre”, “Scusami”, arpeggia acusticamente tra le volte trasparenti di un Paolo CapodacquaUna garzantina” o si perde galleggiando tra le architetture celestiali alla Steve Howe e dei suoi pindarici voli di corde “Dimmi se è vero”.

Rimane la “ricca” crudezza di un disco che fruga tra le macerie dell’esistente, dello ieri e dell’oggi, scava come una macchina della verità su chiazze di sangue rappreso e di nuove gocce che ne prendono il posto, tracce che “tracciano” non righe da seguire, ma vene turgide che chiedono perdono per la forte e drammatica voglia che hanno di scoppiare.

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