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Camillorè – Graffi e perle

Written by Recensioni

Un Barnum folk che si agita a più non posso, verve, diaboliche cialtronerie di verità che manomettono l’ipocrisia del buon pensiero e delle comodità d’ascolti  snob; da Bari il pensiero senza catene dei Camillorè,  “Graffi e perle”, sedici tracce umorali e quattro intermezzi recitati dall’attore Pasquale D’Attoma con il fulminante sax del jazzista Roberto Ottaviano, comiche e sanguignolescamente guitte, gravide di j’accuse, prese per il culo ed il teatro virtuale di Dario Fo che incontra la spiritualità ridanciana di Caparezza.

Questo e quant’altro rotea intorno a questa band che, con il fare raffazzonato dei musici di strada, arrivano ad incantare, imbambolare ed affabulare un ascolto divertito e indagante; idee chiare e strampalate con storie sbilenche che graffiano la carne per reclamare ascolto, vibrazioni di jazz, caracolliì  estrosi, mirabolanti piroette di folk-rock che battono forte sul nervo della fantasia più declamata, più recitata; il sestetto pugliese è una fonte d’energia “rinnovabile” ad ogni cambio traccia, una forza teatrale che fa spettacolo uditivo senza sospensioni o tiri di fiato, una sequenziale ironia che rimane appiccicata in testa e  – come una trottola a comando – ti sollecita muscoli e neuroni ad attivarsi nel pensiero e nella smaniosa forza di scaltrezza.

Jannacci che fa cucù su “Il jezzarolo”, il rock di un Capitan Uncino che riverbera dentro “Stequattromura”, l’assurdo rendiconto sulla fiducia che sghemba in un rock’n’roll brass “Il professor Procopio Trombetta”, orientaleggianti deliri alla Totò le MokòTemistocle Malalingua”, le sarabande di un Capossela infervorito “Pllaq plluq”,  “La nonne”, “Papà Oloconte”: questo è solo un assaggio di quello che troverete qui dentro, tra le fronde di una tracklist ricca e mordace, un teatro circus che ha un sorriso per tendone e veleni comici per stelle, una straordinaria scoperta made in Bari che vi farà smontare le tensioni con la forza di parole e suoni inaspettati.
…” e sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al Re/ fa male al ricco e al cardinale diventan tristi se noi piangiam..” .

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