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Progetto Panico – Maciste in Paranoia

Written by Recensioni

C’era una volta un gruppo che nasce nel  torrido agosto, o nell’autunno non si sa bene, del 2010 in una sperduta cittadina del middle Italy: Spoleto. Un giorno infatti Pan incontra due loschi figuri, Gilando e il Nano nel bar più lurido della città ed avviene l’incanto… i Progetto Panico. Così il trio inizia a organizzarsi con Enrico Carletti alla chitarra e alla voce, Luca Benedetti al basso e Leonardo Mariani alla batteria, provando e sperimentando vari suoni per trovare la loro strada musicale e per cercare di farci entrare le varie influenze dei tre musicisti. La strada però è impervia, va dai Beatles poi svolta ai Tool passando per Pupo, ma finalmente si giunge a quel punk dalle sonorità anni 90 contaminato da un mix di ska, reggae e rock. Un anno dopo nel 2011 esce il loro primo ep autoprodotto Livello Zero, formato da sette brani di cui due vengono inseriti in varie compilation. Contemporaneamente a questo, continua la loro esperienza live, vincendo contest e dividendo il palco e le compilation con gruppi famosi: 99 Posse, Il Pan Del Diavolo, Lo Stato Sociale, Bud Spencer Blues Explotion, Be Foreste ecc.

Finalmente nel 2013 esce il loro primo lavoro in studio Maciste in Paranoia. L’album registrato all’Urban Rec di Perugia e masterizzato al BigTune Studio, per la “Taratura Limitata Record” l’unica etichetta nata major, con l’esimio dittatore sonoro, Lorenzo Briguori, è composto da ben diciassette brani che poche volte superano i tre minuti di lunghezza. Un lavoro coloratissimo fin dalla copertina che rappresenta bene il titolo del lavoro in una grafica stile fumetto cinematografico anni sessanta-settanta e che emana nel suoi quarantacinque minuti un sound veloce e ritmato, fin dai primi brani “Avatar”, “Oh Mamma”, anche vincitore del premio della critica nel blog Musica che dovresti conoscere, e “Scimmia d’Acciaio” i cui testi procedono per ripetizioni infinite seguiti però da un chiaro impasto ritmico. “Fuori Contesto” rallenta un po’, chiarificando il testo che diventa più comprensibile assieme alla melodia interessante, seguito allo stesso modo da “Rasta Rancoroso” e “666”. “I Ching” ritorna in quel ritmo ossessivo da pogo, abbandonato in “Ascesi a Metà”, brano abbastanza interessante, e ripreso in “Sul Gozzo” con il suo testo sempre ripetuto come in “Sbattimi, la Porta in Faccia”. La ripetizione di parole o frasi, dunque, è  l’elemento che più salta all’orecchio, che rende il lavoro interessante solo all’inizio e che lo svuota di interesse verso metà ascolto. Il ritmo è un qualcosa che può essere espresso in un andamento veloce ma anche in uno lento e se si vuol giocare con la velocità lo si deve fare fino in fondo, sperimentando andamenti, testi e colori musicali, altrimenti si cade nella noia e nel già sentito. L’andamento cambia radicalmente alla fine in “Maciste in Paranoia” che procede a ritmo quasi di valzer con un testo nonsense e una vocalità interessante e che dovrebbe essere scoperta piano piano.

Insomma un album che non mi ha fatto saltare dalla sedia, ma che contiene qualcosa di interessante, che potrebbe essere sfruttato meglio, riducendo magari il numero dei brani e rendendo ogni brano più speciale e più interessante.

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