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laBase – Antropoparco

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Per nostra fortuna il Rock italiano sforna negli ultimi anni realtà più che interessanti. Da Nord a Sud, le band nostrane non smettono di stupirmi per produzione, suoni e (perchè no?) buone esplosioni di Rock’N’Roll sentito e vero. Cosa che a onor del vero mancava da tempo nel nostro paese. laBase da Teramo ne sono solo l’ennesimo esempio e con il loro album di esordio fanno subito sul serio. Antropoparco è (a detta loro) nichilismo misto a psichedelia con spruzzi di romanticismo” e “testi crudi e feroci, come le favole per bambini. Mai parole furono più azzeccate per autodescriversi; l’incipit di “Come Pietra di Calcare” è ossessiva proprio come il basso di Antonio Campanella, scuro e martellante. Una mitraglia che accompagna l’album in tutte le sue sfaccettature. La voce di Mirko Lucidoni poi dona una spezia rara, viaggia tra il parlato straziante e una sottile armonia che amalgama il compattissimo muro di suono. Un viaggio vocale tra poesia e volgarità, tecnica e passione. “Caos X” apre ad atmosfere che sbirciano il Prog anni 70, mentre il singolo “Primavera” colpisce in pieno. Giro di basso da manuale e parole in libertà. “La vendetta sai mi aiuta a sopravvivere, in tempi di follia, di speranza andata via”, fotografia senza filtri di una relazione in bilico, che cade rovinosamente verso la fine. Grido disperato e cattivo, vomitato in musica senza tanti fronzoli. Canzone incredibilmente Pop pur non avendo ritornello e una vera e propria melodia. A catturare l’attenzione c’è anche la violenza delle parole ripetute alla nausea de “Il Martello”, una canzone difficile e confusa come gli argomenti politici che va a toccare, “stai attento a non schierarti dove credi che sia il bene”. Un’altra perla arriva subito dopo con “Mai una Gioia”, i ritmi si attenuano, ma la disperazione non dorme mai. La delusione è enorme, cercare di rialzarsi è un dovere anche se il buco in cui si cade è davvero profondo: “la sabbia negli occhi brucerà e chi la soffierà si sorprenderà”, “la sofferenza cambia il cuore degli idioti e dei più saggi”. Meno ispirate sembrano invece “Un Nuovo Disordine” e “Il Rettile”, per poi portarci al finale col botto. L’ansiolitico “Alprazolam” non toglie l’ansia per nulla nei suoi versi Funky che sfociano in un serie di assoli immersi in un vortice sonoro, psichedelico e vertiginoso. La caduta è un continuo aggrapparsi alle pareti che piano piano si sgretolano e ci proiettano verso il buio che fa paura. Ma non tanto per quanto sia scuro, più che altro per quanto questo suono sia terribilmente reale.

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