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Hai Paura del Buio? Si conclude il festival itinerante.

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Si chiude il 30 ottobre con un evento eccezionale all’Alcatraz di Milano il ciclo di festival “HAI PAURA DEL BUIO?” che nei due precedenti appuntamenti a Torino e a Roma ha registrato il tutto esaurito richiamando un pubblico di oltre dodicimila persone. La data milanese “Soleterre ReLOVEution Festival powered by HAI PAURA DEL BUIO?” è organizzata in collaborazione con l’organizzazione umanitaria Soleterre, alla quale sarà devoluto l’intero ricavato della serata per sostenere il “Programma Internazionale di Oncolgia Pediatrica” – attivo in Ucraina, Marocco, Costa d’Avorio, India e Italia – che garantisce accesso alle cure e sostegno a più di 8.000 bambini malati e alle loro famiglie. Di grande rilievo culturale, artistico e spettacolare il folto cast che animerà i vari spazi dell’Alcatraz a partire dalle 19.

ECCO IL CAST:

– Afterhours super set + special guests: Piero Pelú, Giuliano Sangiorgi (Negramaro), Pierpaolo Capovilla e Giulio Ragno Favero (Il Teatro Degli Orrori) (concerto)

– Antonio Rezza e Flavia Mastrella (performance teatrale)

– Paolo Giordano con Minus&Plus (reading)

– Marta sui Tubi (concerto)

– Cristiano Carotti (installazione)

– Valentina Chiappini (performance)

– Giacomo Costa (installazione)

– Giano (danza e azione)

– Nebulae (danza)

– OoopopoiooO (performance)

– OvO (concerto)

– Max Papeschi (video-arte)

– Daniele Ronda (concerto)

– Graziano Staino (video-arte)

– Isabella Staino (installazione pittorica)

– Pierpaolo Capovilla (reading)

– Chamber trio: Manuel Agnelli, Rodrigo D’Erasmo, Angelo Maria Santisi (musica da camera)

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Retrospettive radiofoniche di un moderno speaker.

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Era digitale, smaterializzazione dei supporti, streaming e share sono ormai le parole che più frequentemente associamo alla musica, eppure la radio, mezzo longevo e alleato fedele nel corso del tempo, rappresenta da sempre un’incubatrice speciale per la musica e la sua diffusione.  Aldilà delle grosse emittenti, che come da consuetudine si adagiano nel corso tranquillo della musica mainstream,  c’è un folto sottobosco di piccole e medie radio e webradio che ogni giorno si fanno in quattro per diffondere musica e intrattenerci. Vista le premesse mi sono chiesta che cosa significasse fare radio oggi, soprattutto in piccole realtà slegate dalle grosse logiche commerciali e  come fosse il doversi confrontare con lo scenario musicale odierno. A un primo impatto e senza grandi informazioni l’idea iniziale che mi si è palesata è stata la seguente: grande difficoltà a barcamenarsi in questo scenario. Come concorderete non era un’idea così geniale o  una prospettiva così interessante per poter sviluppare un’opinione ben definita e soprattutto articolata. Ed è  per questo che mi sono rivolta a  chi poteva darmi un punto di vista che andasse più in profondità sull’argomento dato che per passione ogni settimana si scervella per portare avanti un programma fuori dal coro: Ivano on air da CiaoComo Radio. Pensatela come un’ intervista alla vecchia maniera, volutamente senza smarthphone o device tecnologici, ma fatta di chiacchiere tra amici, ad un tavolino di un bar, in una Milano con la prima aria frizzantina dell’autunno alle porte e un paio di daiquiri per alleggerire la solennità dell’argomento. Dopo i canonici saluti, benvenuti e ringraziamenti sono partita dal classico, conoscere meglio chi avevo davanti, il suo programma radiofonico e come è cominciato il suo percorso in questo ambiente per poi andare a snocciolare più in profondità diversi argomenti. Si è parlato di web e digital e dell’impatto che essi hanno, ma anche di musica in purezza. Dopo due ore di chiacchiere le idee e le considerazioni non si contano e il quadro che emerge, e che prima sembrava alquanto fumoso si va comporre e definire in maniera sempre più chiara. Il sottobosco musicale di chi scrive su webzine, parla per radio e si adopera in molti altri modi per la musica che esce dalla grande mamma mainstream è ricco di persone volenterose di offrire un prodotto di qualità che possa spaziare, dare voce ai giovani ma al tempo stesso raggiungere buoni livelli di credibilità. In questa continua definizione di se stessi e del proprio operato e anche di lotta per un po’ di spazio diventa fondamentale il mezzo e l’editore per cui si lavora. Una linea di azione che consenta libertà di esprimersi e di fare le proprie scelte, è sicuramente un buon punto di partenza per uscire dalle classiche logiche buoniste e rimanere incasellati in qualcosa di troppo stretto, e per evitare che atti di censura che rendano zoppicante anche il miglior prodotto. Il web e social network, sono un altro tema scottante in quanto per definizione armi a doppio taglio. Facebook, Youtube, WordPress, Soundcloud e via dicendo sono strumenti utilissimi e fin troppo potenti per chi ne conosce i segreti e li maneggia con sguardo strategico, suppellettili di superficie per i meno esperti alla stregua di corollario poco sfruttato di una grosso romanzo di appendice. Non voglio dire che manchi la consapevolezza della loro utilità, ma che spesso l’approccio è troppo amatoriale e poco strutturato. In fondo il digitale rappresenta il principale strumento di lavoro e di circolazione della musica, a cui è indispensabile non rinunciare,  in termini di velocità di diffusione, flessibilità si utilizzo nonché di riduzione dei costi.  Altro tema è il famigerato budget, che incombe sulle teste dei grandi capitalisti così come su quelle dei piccoli perché in fondo molte cose girano ancora in base a logiche prettamente commerciali. Possiamo però tirare un sospiro di sollievo a sapere se forse questo è il punto meno dolente per chi dedica tempo e passione ai proprio interessi e alle proprie idee. Insomma un calderone di chiacchiere e di spunti su cui riflettere di cui preferisco non svelare tutto e lasciarvi incuriosire dalle risposte che il nostro interlocutore, di cui non ci siamo dimenticati, ci ha dato. Riprendiamo le fila dall’inizio, da  Ivano e il suo programma IndieCircus e tutto quello che ci ha detto.

Ciao Ivano, benvenuto su Rockambula. Ti va di raccontarci come hai incominciato in radio e presentare il tuo programma Indiecircus?
Ciao a voi e grazie per avermi contattato per questa intervista. La mia passione per la radio è nata fin da ragazzino, prima per gioco con gli amici, con le classiche demo fatte in casa e in qualche serata amatoriale presso locali di musica live, in pratica come iniziano tutti. Solo qualche anno più tardi è diventata una realtà più consistente, quando due amici in cerca di una terza voce per il loro programma mi hanno incluso nel progetto. Dapprima con una piccola rubrica, poi in maniera sempre più attiva. Dopo tre anni di gavetta, le nostre strade si sono separate e ho colto l’opportunità per realizzare un nuovo progetto, che potesse essere un ponte con le esperienze fatte, ma che avesse un format e uno stile di conduzione differente. Il risultato è Indicircus, che già dal nome fa intuire il parallelismo voluto tra il mondo musicale e quello del circo, con la volontà di giocare e fare un po’ d’ ironia nei confronti del mondo “Indie”, o meglio dell’immaginario e tutto il corollario di contorno di chi si autodefinisce Indie. A questo aggiungiamo anche un po’di sana irriverenza verso le logiche commerciali che sostengono gran parte della musica di oggi. Tutto questo, senza mai dimenticare la qualità della musica che per noi resta fondamentale. Se vogliamo dirla tutta, anche il mondo del cinema ci ha dato molti spunti per elaborare queste idea di “freak” o mostro e la relativa presa in giro di una certa tipologia di status quo. Insomma abbiamo cercato di fare un programma che avesse una forte personalità e soprattutto fosse sorretto da delle idee.

Siamo alla seconda edizione ci dobbiamo aspettare delle novità sullo stile di conduzione o pensi che la formula vincente non si debba cambiare?C’è qualcosa che vorresti realizzare durante questo nuovo anno?
Sono molto contento che il format sia andato bene e sia piaciuto al pubblico. Fortunatamente anche quest’anno è in programmazione come sempre il mercoledì sera, a partire del 2 ottobre, per un’oretta dalle 22 alle 23. Mah, squadra che vince non si cambia vale solo in parte nel senso che senza dubbio l’impostazione generale e i miei fidati partner Coccia e Mauro rimarranno gli stessi, mentre il nostro intento e impegno sarà raccogliere i frutti della precedente stagione, imparare dagli errori commessi per migliorarsi e offrire qualcosa di ben fatto, che avvicini sempre di più la gente alla buona musica. Anche solo una persona in più che apprezza un disco o un artista da noi proposto è per noi una grande soddisfazione.

Il format del programma prevede la presenza di ospiti. Come avviene il contatto con le band? E facile riuscire a instaurare un rapporto con loro? Riuscite ad uscire da una certa territorialità o preferite scegliere solo ospiti locali.
Il format del programma, per chi non lo conoscesse, è composto di due parti: la prima parte vuole essere simile ad un talk show con classifiche e approfondimenti sulla musica che traggono spunto dall’attualità o da avvenimenti curiosi. L’obiettivo è impostare subito un tono colloquiale e scherzoso. La seconda è quella in cui interagiamo con gli ospiti, che sono sia gruppi sia persone che hanno a che fare con il mondo della musica come musicisti, addetti alla produzione o persone che si occupano di booking o di promozione degli artisti. Direi che a grandi linee le puntate in percentuale si dividono 50/50. La scaletta si adatta a questa distinzione e solitamente passiamo in un’ora sette pezzi , di cui tre sono del gruppo ospite. Per il contatto onestamente la parte più difficile non è trovare gruppi disponibili, non ti dico il numero di richieste che giornalmente riceviamo soprattutto tramite Facebook, quanto selezionare quelle veramente interessanti in termini di qualità. Ed quello che a noi interessa, per questo ci prodighiamo per cercare in ogni modo, ovviamente secondo mezzi disponibilità, di uscire dai confini prettamente territoriali e di offrire varietà di ospiti in termini di genere e attitudini. Ti faccio un esempio nell’edizione precedente abbiamo ospitato una band che fa Alternative Rock da Malta i No Snow No Alps, L’Urlo in quanto band con molto seguito e anche un cantautore italiano di livello come Fabrizio Cammarata.

Parliamo dell’emittente che ti ospita Ciao Como Radio. Quali sono le difficoltà e l’importanza di una radio locale come la vostra? Pensi che volumi e budget impattino sulla qualità del vostro lavoro e sulla musica che proponete?
CiaoComo è un portale d’informazione e musica con due anime: quella legata al sito web fortemente localizzata in termini di contenuti e quella musicale con l’emittente radiofonica. Nella parte in cui mi trovo e con cui interagisco, ammetto di sentirmi ed essere molto fortunato. Rispetto a molte altre realtà locali noi abbiamo a disposizione un’ottima struttura e ottime attrezzature, anche se la cosa più importante, aldilà degli aspetti tecnici, è la grande libertà di parola e opinione di cui disponiamo. Non siamo vincolati, non siamo politicizzati e a parte qualche autocensura sul linguaggio non subiamo nessun tipo di pressione esterna. In questo caso una dimensione più piccola e forse più umana riesce a concedere quello spazio di espressione che le major non hanno. Mi sembra un buon parallelo con quello che succede anche nella musica, spesso i più piccoli sono anche quelli più indipendenti. Per quanto riguarda i mezzi, che dire?, lo facciamo tutti per passione e facciamo in modo che budget quasi inesistenti non abbiano alcuna ripercussione sulla qualità del nostro lavoro, rimanendo comunque consapevoli dei limiti.

Altro tema caldo nel campo musicale è quello legato al digitale e al web. Tu e il tuo team come vi ponete nei confronti di questo tema. Siete tra i nostalgici del supporto fisico o favorevoli alla sua smaterializzazione? E con i social network?Amici o nemici?
Siamo dei grandi nostalgici del supporto fisico, chiediamo sempre ai nostri ospiti un loro cd. Credo che sia davvero un peccato che se ne producano sempre meno, anche se per me questo non ne sminuisce il valore. La sensazione piacevole nel maneggiare un cd, nell’inserirlo nel lettore non ha prezzo. Io personalmente sono uno di quelli che compra ancora molti dischi, soprattutto quando ne vale la pena. Il digitale è l’attualità e per quello che facciamo non potrebbe funzionare altrimenti, pensa che la maggior parte degli ascolti lo facciamo come webradio e attraverso i podcast. Quindi ci proclamiamo pro per necessità e possibilità del canale. Con i social network il rapporto è complesso, passami il termine, è una sorta di tregua forzata. Abbiamo la nostra pagina Facebook sulla quale promuoviamo il programma, i brani che passiamo e ovviamente i nostri ospiti, ma non siamo dei fanatici dell’interazione e non siamo intenzionati a creare una community. Ci stiamo attrezzando, però, con Spotify per la realizzazione delle playlist, perché comunque nonostante sia un’arma a doppio taglio siamo consapevoli di non poterne fare a meno.

Spostiamoci un po’ sulla musica, da speaker e quindi da ascoltatore privilegiato qual è la tua opinione sullo scenario italiano “Indie” attuale? Si parla spesso di nuovi volti, si ascoltano tanti dischi validi, ma alla fine chi fa numeri interessanti sono sempre gli stessi.
So che è un termine forte ma trovo lo scenario Indie italiano disarmante. E’ un discorso un po’ lungo e complesso, ma provo a sintetizzare. Per me la situazione odierna nasce da un problema culturale: mediamente il livello d’istruzione negli ultimi anni è aumentato e di conseguenza molta più gente ha avuto accesso ai mezzi culturali e non, e si è messa a fare della musica. Il risultato è tanta quantità scarsamente interessante intervallata da pochi picchi di reale qualità e soprattutto di novità. Ascolto tanta musica, ma veramente poca riesce a sorprendermi.  Per questo sentiamo sempre gli stessi nomi, perché in fondo sono gli unici che riescono a reinterpretarsi e produrre cose nuove. Tra l’altro quest’affollamento musicale rischia di far passare inosservate, o meglio inascoltate, band o album che sono davvero meritevoli. Quindi, mio malgrado, ritengo giusto che i numeri li facciano i soliti Afterhours e Teatro Degli Orrori poiché sono gli unici a riuscire a evolvere. Prendiamo lo Stato Sociale o i Cani sono usciti con album che possono piacere oppure no, ma che hanno riscosso un discreto successo di pubblico, cosa ne sarà di loro, riusciranno a fare il bis?Difficile fare una previsione, staremo a vedere.

Prima si salutari e farti un grande in bocca al lupo per la nuova stagione abbiamo le temibili ultime domandone. Non ti chiediamo del peggiore, ma ti va di raccontarci qual e stato il tuo ospite preferito?
Difficilissimo, io preferisco gli ospiti divertenti e che sanno prendersi in giro. Ci piace, durante quell’ora insieme, poter istaurare un dialogo e non dover vendere a tutti costi. Insomma l’ospite che funziona è quello che partecipa, ride, si diverte e non si limita a dare risposte secche alle nostre domande e provocazioni. Ti faccio un paio di nomi in primis i Black Beat Movement davvero simpatici e ironici si sono prestati ai nostri scherzi senza batter ciglio e i No Snow No Alps, che nonostante i problemi di lingua cercavano in tutti modi di parlare italiano, un po’ imbarazzante ma siamo sopravvissuti. Aggiungo che mi piacciono anche gli ospiti che hanno un buon background musicale e sanno dire cose intelligenti e interessanti ai nostri ascoltatori.

La tua personale 5 top list delle migliori uscite Indie del 2013?
–  Cantautore italiano Appino con Il Testamento.
–  Gruppo Fast Animals And Slow Kids con Hubrys
– Stranieri i Franz Ferdinand
Nemesi  con La Sottile Linea Grossa e Paletti con Ergo Sum, che in maniera diversa sono qualcosa di nuovo anche se non rispecchiano a pieno il mio gusto.
-Menzione d’onore per l’album a Woodkid con The Golden Age

Siamo giunti alla fine, ringraziamo Ivano per averci parlato della sua esperienza come speaker radiofonico e ascoltatore di musica e mostrato una diversa prospettiva sulla musica di cui si nutre la stessa Rockambula. Speriamo che queste righe e le premesse possano essere uno spunto per tutti e uno stimolo a non smettere di ascoltare buone radio, buona musica  e anche di continuare a leggere Rockambula.

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Dimartino + Stazioni Lunari + The Electric Flashbacks

Written by Live Report

Note Sulle Ali di Farfalla @Teramo (Villa Comunale) 07/09/2013

La mente era lì che viaggiava verso il paradiso, pensando a Federica Moscardelli e Serena Scipione (due studentesse tragicamente decedute nel terremoto dell’Aquila nel 2009), per molti degli accorsi a questa manifestazione che, giunta alla sua quinta edizione, ha saputo fidelizzare il suo pubblico e creare anche un po’ di turismo culturale in una regione come l’Abruzzo. Per loro, e anche gli altri presenti, l’evento aveva quindi un sapore diverso rispetto al classico concerto Rock o al solito festival Indie.

Sembrava quasi, per citare parole alla Battiato “un rapimento mistico e sensuale” quello che sono riusciti a creare gli artisti che vi hanno partecipato. La sera del 7 settembre finalmente lo spettacolo “Stazioni Lunari” ideato da Francesco Magnelli (membro fondatore di BeauGeste, C.S.I. e PGR ed in passato collaboratore dei Litfiba) è approdato in terra abruzzese in occasione della quinta edizione di “Note Sulle Ali di Farfalla – Notte per Federica e Serena”, manifestazione di solidarietà che ha ospitato precedentemente artisti quali Afterhours, Marlene Kuntz, Bandabardò, Brunori Sas, Calibro 35, Offlaga Disco Pax, Bugo, I Cani e Pan Del Diavolo e che si svolge ogni anno a Teramo in ricordo delle due studentesse Federica Moscardelli e Serena Scipione, tragicamente decedute nel terremoto dell’Aquila.

scaletta dimartino

scaletta Dimartino

La cornice dell’evento è stata la Villa Comunale nel quale erano presenti anche stand alimentari, una mostra fotografica curata da Dante Marcos Spurio, un mercatino musicale, un’esposizione artistica di Massimo Zazzara, una di moda a cura di Joele, giovane stilista teramano, con i suoi figurini ideati appositamente per l’occasione e persino una di Alessandro Paolone con le sue creazioni astratte su cotone egiziano. La serata è stata aperta da Dimartino, gruppo musicale indie pop italiano originario di Palermo che prende il nome direttamente dal suo leader, il cantante e bassista Antonio Di Martino.

Qualcuno dei presenti probabilmente lo aveva già visto anche in occasione del Soundlabs Festival a Castelbasso (Te) essendo il target del pubblico lo stesso ma riascoltarlo dal vivo seppure per un breve set di dieci canzoni è stata un’emozione non da poco. La sua scaletta infatti includeva tutte le canzoni più conosciute del gruppo, da “Venga il Tuo Regno” a “Non Siamo gli Alberi” passando per “Poster di Famiglia” e “Maledetto Autunno”.

Dopo circa trentacinque minuti di spettacolo è stata poi la volta dell’attesissimo progetto Stazioni Lunari che in passato ha ospitato artisti del calibro di Bugo, Teresa De Sio, Piero Pelù (Litfiba) e  Daniele Sepe (per citarne solo alcuni) e che per l’occasione ha riunito oltre ai soliti Francesco Magnelli e Ginevra Di Marco, Cisco (ex Modena City Ramblers), Cristina Donà e Cristiano Godano (voce, chitarra e anima dei Marlene Kuntz). Il format è lo stesso di sempre, Ginevra di Marco a fare gli onori di casa, padrona in movimento da una stazione all’altra che determina successioni, movimenti e favorisce commistioni fra i diversi mondi musicali degli ospiti che sono disposte su tre pedane disposte su un palco con una scenografia tanto minimalista ed essenziale quanto attraente.

scaletta stazioni lunari

scaletta stazioni lunari

Lo spettacolo è aperto da “Del Mondo”, proveniente dal repertorio dei C.S.I. che recentemente hanno deciso di riunirsi senza il loro cantante Giovanni Lindo Ferretti per un breve tour che porterà Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Giorgio Canali e Massimo Zamboni in giro per l’Italia fino a dicembre accompagnati alla voce dalla carismatica Angela Baraldi.

Tornando invece alla serata del 7 dicembre c’è da dire che massiccia è stata la partecipazione del pubblico che si rivelerà sempre educato e composto (nessun tentativo di pogo, neanche durante i pezzi più animati). La scaletta in questo caso ha incluso invece pezzi provenienti dal repertorio dei singoli artisti (ad esempio “Lieve” e “Trasudamerica” dei Marlene Kuntz) e persino un sentito omaggio al genio musicale di Lucio Dalla (“Com’è Profondo il Mare”) e brani tradizionali della nostra penisola.

Gradita ed inaspettata sorpresa è stata la ricomparsa sul palco verso la fine del concerto di Antonio Di Martino che ha voluto lasciare così un suo ulteriore contributo alla serata che si è conclusa con l’esibizione al laghetto della Villa Comunale del nuovo progetto di  Tito, leader dei Tito & the Brainsuckers, The Electric Flashbacks e con un dj set a cura di VxVittoria C. & Marco Mattioli (COSEPOP). “Note su ali di farfalla – Notte per Federica e Serena” quest’anno ha supportato il centro antiviolenza “ La Fenice”, di cui è intervenuta anche una rappresentante che ha spiegato le attività che svolge durante una breve intervista.

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Daniele Silvestri

Written by Live Report

09 luglio @Colonia Sonora – Collegno (TO)

Daniele Silvestri approda al Colonia Sonora di Collegno con un tour a dir poco singolare. Nove musicisti sul palco (tra cui il blasonatissimo Rodrigo D’Erasmo, violinista degli Afterhours) e uno show che si preannuncia imprevedibile e scanzonato. “Mai come questa volta Silvestri dimostra di avere una gran voglia di sperimentare e mettersi in gioco con l’ambizione di stupire e stupirsi, in un percorso totalmente inedito che si annuncia entusiasmante e imprevedibile”, il comunicato stampa mette già l’acquolina in bocca.

La cornice del festival alle porte di Torino ha i solchi della lotta. Nonostante tutte le difficoltà è ancora in piedi e scalpitante. È il braccio dello zombie che sbuca dalla tomba, in un triste cimitero pieno di manifestazioni ormai defunte da anni. Il Colonia, nonostante il bill quest’anno non sia da urlo come nelle precedenti edizioni, ha il suo carattere e la sua personalità e per Daniele si riempie di gente di tutte le età. Gente che ha sete di canzoni. Sete saziata in partenza anche per i più pretenziosi, con un inizio che alterna brani più recenti a vecchie melodie nascoste e un po’ impolverate, pronte a luccicare nella nuova veste. E allora la retorica “Io Fortunatamente” diventa più soffice e meno tagliente, “Il Viaggio” è estiva come la serata in cui viene cantata, “Sornione” prende l’andamento tranquillo e pacioso, sintomo di un live rilassato e molto conviviale. Si arriva dopo poco ad un virtuoso assolo di Rodrigo D’Erasmo che introduce “Via Col Vento”, tutto resta magico nonostante l’arrangiamento molto più solare e spensierato. Daniele ci dimostra che la magia delle sue canzoni non varia coi vestiti che gli mettiamo addosso. La band stratosferica che lo accompagna si diverte prima con il reggae di “Precario è il Mondo” e poi gioca storto con la ritmica arzigogolata della “Classifica”. Per non parlare di “Amore Mio”, si balla e si ride davanti alla luce del faro della motocicletta di Daniele, munita per l’occasione di una bella tastierina sopra il manubrio.

Il cervello non lo stacchiamo mai e allora ecco “L’Uomo Col Megafono”, più rock e liberatoria che mai. Le percussioni di Ramon Josè Caraballo si incastrano alla perfezione alla sezione ritmica e le chitarre giocano a rincorrersi con il violino di D’Erasmo. Chiamatele improvvisazioni, chiamatela intesa, ma questa squadra sembra giocare insieme da 40 anni e invece è insieme da qualche mese. Il racconto on the road de “L’Autostrada” sfocia in un assolo viscerale di tromba. “La gente passa e prosegue veloce” ci dice la voce narrante di Daniele. Non è vero gli gridiamo noi, ci fermiamo ad ammirare uno delle migliori live band italiane in circolazione e rimaniamo a bocca aperta, stupiti e ammagliati dalla semplicità con cui si presentano. È tempo di due parole e Silvestri pare davvero all’osteria con gli amici, ci fa sentire a casa, sta suonando per lui e per noi. E quando ci si diverte sul palco è un attimo coinvolgere migliaia di persone. Le bacchette di Pietro Monterisi picchiano sulla chitarra acustica di Daniele e parte la divertentissima “Il Flamenco Della Doccia” seguita dalla pugliese “Me Fece Mele a Chepa”. È poi ora dei classici e degli ospiti, in un concerto che ha il sapore di essere lungo, molto lungo (e sia ben chiaro ciò non ci dispiace affatto). “Occhi da Orientale” e “Il Mio Nemico” sono intervallate da special guest come Bunna degli Africa Unite nella cover di Bob Marley “Get Up, Stand Up” e da Samuel e Max Casacci dei Subsonica nella loro “Liberi Tutti”. Certo mossa astuta quella di cantare un  loro pezzo in terra sabauda, ma ciò che è incredibile è come tutto suoni fluido e non vi sia alcuna forzatura nonostante la varietà di stili e di generi che la band sfodera tra un pezzo e l’altro. Ancora mi viene da pensare come le grandi canzoni possano abbattere i generi e i pregiudizi.

Pure il finale è imprevedibile. Dopo il medley “Gino e L’Alfetta”/”Salirò” che rasenta quasi la disco music, seguono la sanremese “A Bocca Chiusa” e “Testardo”, cantata addirittura con il tecnico di palco di Daniele. Prima di chiudere il sipario ci viene regalata l’ultima risata con un simpaticissimo pezzo improvvisato: “Stizziscitici” dove i versi sono composti dai più famosi scioglilingua italiani, alcuni addirittura piemontesi e mandati via Facebook in diretta. L’esperimento è più che riuscito e per mandarci a casa con il sorriso ma anche con i pugni chiusi Silvestri si concede al classicone “Cohiba”. Tutto splende di un rosso acceso, vivo come il sangue, caldo e puro come questa notte. Daniele Silvestri dimostra di essere fuori da tutti gli schemi della musica italiana. Un personaggio di una favola, a volte spensierato e bambino, a volte riflessivo e adulto, di certo mai disilluso. Questa favola però è ancora così vera e sincera che la possiamo toccare con mano.

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Annunciato il cast torinese di Hai Paura del Buio2013

Written by Senza categoria

Mentre ancora si attende la line up del Traffic Festival di Torino, è già stata annunciata una serata della rassegna itinerante con la direzione artistica di Max Casacci dedicata a Hai Paura del Buio 2013, un percorso artistico e geografico tra la musica alternativa italiana, voluto da Manuel Agnelli degli Afterhours. Ecco dunque il cast della serata piemontese:

 
AFTERHOURS (concerto elettrico)

CRISTIANO CAROTTI (installazioni)

MATTEO CASTELLANO (concerto)

GUIDO CATALANO (poesia)

VALENTINA CHIAPPINI (performance)

DARGEN D’AMICO (dj set)

ELEONORA DI VITA (danza)

FUZZ ORCHESTRA (concerto)

ENRICO GABRIELLI (orchestrina di liscio/der mauer- avanguardia)

IL TEATRO DEGLI ORRORI (concerto)

LA MORTE (concerto esibizione)

MARTA SUI TUBI (concerto)

ANTONIO REZZA E FLAVIA MASTRELLA (teatro)

MOTUS (performance teatrale)

GRUPPO DI SLAM POETRY CURATO DA MARCO PHILOPAT (contest di poesia)

DANIELE SILVESTRI (concerto)

GRAZIANO STAINO (video performance)

ISABELLA STAINO (installazione pittorica)

VINCENZO VASI (performance)

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La Band Della Settimana: La Nuit

Written by Novità

Sono i La Nuit la nuova band della settimana scelta da Rockambula webzine.

Testi introspettivi, atmosfere oscure e graffianti e grande fisicità on-stage: questa la ricetta del Rock Crepuscolare dei LA NUIT. Il progetto nasce nell’inverno del 2011 con Marco Mangone alla chitarra, Andrea Spinelli alla batteria e Matteo Terzi (ora busker itinerante conosciuto come Soltanto) alla voce. Dopo l’abbandono del progetto da parte di Matteo e diversi cambi di line-up al basso (Pietro Ferrari e successivamente l’attuale Marco Arpigliano) subentra Giulio De Busti alla voce.

La band inizia a suonare in diversi live club ed eventi e dopo 2 anni e mezzo di attività raggiunge la quota di 40 live-show tra Lombardia e Piemonte. Nel 2011 vince il Bià Music Contest grazie al voto in giuria di Manuel Agnelli (AFTERHOURS) e suona davanti a 300 detenuti del carcere Torre del Gallo di Pavia.

26 Gennaio 2013 – La band rilascia il primo full-lenght autoprodotto di 12 tracce: INTRODUZIONE AL BIMBO INSONNE. Il disco viene presentato al Tambourine di Seregno dove i LA NUIT fanno da opening act a ROBERTO DELLERA & RODRIGO D’ERASMO. I LA NUIT hanno suonato con: ROBERTO DELLERA & RODRIGO D’ERASMO, BOLOGNA VIOLENTA, MORKOBOT, LOVE IN ELEVATOR, LUBJAN, AIM, IO?DRAMA, MANTRA ATSMM …

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Live Music Is Not Dead! Si può ancora proporre musica dal vivo in Italia senza ricorrere a Cover Band o Dj? Parte seconda. Intervista ad Aldo Minosse del Pin Up.

Written by Articoli

Nella prima parte del mio articolo Live Music Is Not Dead! mi sono chiesto quale potessere essere il problema della musica dal vivo in Italia e quali le principali difficoltà che devono affrontare le band per proporsi in esibizioni live. Ho cercato di inquadrare tutti i punti di vista dei diversi soggetti interessati ma la soluzione sembra più complessa del previsto.Per questo, ho deciso di intervistare Aldo Minosse del Pinup, giovanissimo locale che propone musica dal vivo di altissima qualità e che si sta prepotentemente ritagliando un ruolo notevole nella scena del centro Italia. Cerchiamo di capire con lui se si può e come si può dare ancora spazio alla musica “da palco”.

Ciao Aldo. Per prima cosa, come stai?
Bene grazie, ti volevo ringraziare per l’opportunità che la tua zine ci da.

Racconta ai nostri lettori chi è Aldo Minosse.
Io sono stato sempre un appassionato di musica, negli anni 80 organizzavo concerti metal, poi dal 1998 per quattro anni ho curato la direzione artistica dell’Indhastria, rock club di Giulianova dove sono passati nomi importantissimi della scena musicale italiana e straniera a memoria: Afterhours, Subsonica, Andy White, La Crus, Max Gazze, Daniele Silvestri, Bonnie Prince Billy, Sophia, Bandabardò, 24 Grana, Sud Sound System, Massimo Volume, Extrema, Linea 77, Fuck, Six by Seven, Toshack Highway, esordirono da noi i Perturbazione e poi tantissimi gruppi underground. Poi ho continuato a coltivare la passione dell’ascolto e ad andare ai concerti, e da quest’anno sono ripartito con questa nuova impresa.

Raccontaci come e quando è nato il PinUp. Quanti siete a gestirlo e quanti dipendenti avete?
Il Pinup è un progetto che risale ad paio di anni fa, ma che sì è materializzato il 15 dicembre 2112, c’è una proprietà e nelle varie attività siamo circa quindici le persone impegnate.

Una delle tante cose che mi hanno colpito è l’organizzazione praticamente perfetta. C’è un preciso organigramma che vi permette di svolgere ognuno il suo compito? Come vi organizzate?
Si, le attività sono divise per reparto, ci sono delle riunioni settimanali e si pianificano gli impegni successivi.

Il locale è in un vecchio capannone. Splendido esempio di recupero industriale il vostro. Cosa c’era in quel posto prima di voi? La sua riconversione ha migliorato l’identità produttiva intellettuale/culturale ed economica della zona?
Fino a cinque anni fa c’era un mobilificio, Per quanto riguarda la seconda parte della domanda dobbiamo aspettare ancora un po’, si tratta di una zona industriale, con molti capannoni. Sicuramente ci sono quindici persone che guadagnano qualcosa in un Iuogo che prima non produceva nessun tipo di ricchezza.

Perché avete scelto di aprire un locale che promuova la musica dal vivo? Non avete avuto paura di fallire, vista la difficoltà di tali locali specie in Abruzzo oppure di dover scendere a scomodi compromessi?
Abbiano fatto questa scelta perché innanzitutto siamo delle persone che amano la musica ed i concerti, abbiano sempre creduto che dalle nostre parti mancasse un luogo che potesse ospitare dei live organizzati in modo professionale e dove l’artista avesse a disposizione una struttura progettata appositamente per i concerti, palco otto metri per sei, impianto Meier residente, mixer sala e palco analogici o digitali come da richiesta da parte degli artisti. Con zona scarico strumenti dietro il palco e camerini con tutti i comfort. A questa passione per la musica dal vivo si è unita quella per la birra, a quel punto abbiamo deciso di metterle insieme. Alla base di questa scelta c’è una forte motivazione a investire sulla musica dal vivo, chiaramente quando si intraprende un’attività in un periodo di crisi come questo si ha sempre paura. Ovviamente non si è trattato di un salto nel buio, è stata fatta un’ analisi di fattibilità dalla quale è emersa la mancanza di un club di grandi dimensioni nel centro sud.

Che rapporto c’è tra la vostra struttura e la gente e le istituzioni del posto? Quanto vi hanno aiutato?
Siamo situati un una zona industriale, quindi intorno abbiamo delle fabbriche che quando noi lavoriamo, il sabato di notte sono deserte, quindi diciamo che non c’è una grande interazione, la cosa comunque è stata voluta proprio per evitare di andare incontro a problemi di rumore che si incontrano nei centri abitati. Le istituzioni sono coscienti delle difficoltà che ci sono nel mondo del lavoro, e quindi hanno colto l’occasione di poter riqualificare una struttura in disuso.

Quale è stato l’episodio più bello capitato in questi ultimi mesi? E quello che vorreste dimenticare il prima possibile?
Non ci sono episodi particolarmente negativi, belli tanti. Da fan la possibilità di incontrare J Mascis che chiede una bici per fare un giro e quindi…panico… nessuno di noi aveva una bici a portata di mano, alla fine abbiamo recuperato una vecchissima mountain bike di mio padre e lui “That’s cool”. Personalmente le espressioni di contentezza di tutti i ragazzi e ragazze davanti ai loro musicisti preferiti.

Ora che ci siete di nuovo dentro, avete capito perché la musica dal vivo è in forte declino in Italia? Colpa del pubblico, colpa vostra o colpa degli artisti? Perché artisti come Zamboni o Basile a Pescara, a ingresso gratuito, hanno fatto un pubblico di 10/20 persone?
La musica dal vivo a nostro avviso non è in forte declino, altrimenti non avremmo fatto questa scelta. Bisogna analizzare caso per caso, ci sono in effetti artisti che non riscuotono il successo che meriterebbero e le motivazioni, a mio avviso, sono molteplici e lunghe da illustrare.

Cosa ti senti di consigliare a un ragazzo che ama la musica e decida di aprire un locale?
In questo momento sinceramente dovrebbe guardarsi bene intorno e se dalle sue parti non esistono proprio situazioni che organizzano, trovare altre persone e cooperare per creare qualcosa di nuovo, altrimenti se esistono già delle situazioni, prima di tutto collaborare e imparare dalle strutture esistenti.

Da voi sono venuti artisti come Ministri, Ferretti o Dinosaur Jr. Scusa la domanda. Non sei obbligato a rispondere. Quanto vi costa il cachet di un artista di quel calibro? Riuscite a ripagarlo con consumazioni e ticket?
I cachet variano da musicista a musicista. Unitamente alla promozione effettuata dal loro ufficio stampa, noi pubblicizziamo al massimo l’evento sul nostro territorio. Quest’anno la risposta del pubblico, nel complesso, e’ stata positiva. In qualche caso   la serata è andata particolarmente bene, in altri abbiamo coperto le spese, in altri, per fortuna pochissimi, l’incasso e’ stato inferiore rispetto alle spese.

Come valuti l’esperienza del Pin Up fino ad oggi? Come ti è parsa la risposta del pubblico?
Si tratta di una esperienza bellissima e il pubblico, in questa prima stagione, ha risposto con grande entusiasmo.

 I Dinosaur Jr non hanno fatto il tutto esaurito. Vi aspettavate di più?
I Dinosaur Jr hanno fatto 3 date in Italia, Torino, Mosciano e Roma. Il numero di presenti e’ stato all’incirca lo stesso nelle 3 città, e questo per noi è stato motivo di grande soddisfazione. Le nostre aspettative sono state soddisfatte, essendo i Dino un pezzo importante della storia della musica alternative statunitense, ma non conosciuto dai giovanissimi.

In cosa dovrete migliorare?
Gli aspetti da migliorare ci sono sempre. La priorità della nostra agenda va al perfezionamento dell’acustica del locale.

Con i Dinosaur Jr il Pin Up va in pausa estiva. Cosa state organizzando per l’estate?
Per questa estate stiamo lavorando su qualche sorpresa, ma non possiamo al momento dare anticipazioni. Vi faremo sapere a breve.

Cosa ci sarà nel futuro del Pin Up?
Tanta musica dal vivo e artisti di valore, sia nazionali che internazionali.  Grazie!

Non sò se voi avete le idee più chiare ma io certamente ho capito una cosa. La prima cosa che conta è comunque l’amore vero (non a parole) e incondizionato per la musica che spesso manca agli addetti ai lavori (gestori ma anche musicisti) e c’è una risposta di Aldo in particolare che lo dimostra. Indovinate quale?

 

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Craxi – Dentro il Battimento Delle Rondini

Written by Recensioni

Niente a che vedere col politico, i Craxi sono il genuino progetto parallelo di musicisti noti del panorama alternative nostrano, considerando che stiamo parlando del vocalist Alessandro Fiori dei Mariposa, di Andrea Belfi, ex-Rosolina Mar e attivo negli Hobocombo (batteria), di Luca Cavina dei Calibro 35 e Zeus! (basso), di Enrico Gabrielli, ex-Afterhours e ora Calibro 35, Der  Maurer, Mariposa (chitarra). Un progetto ambizioso, dunque, che si apre con “Rosario”, brano caratterizzato da una lunghissima introduzione noise alla Marlene Kuntz che apre lentamente, tenendo l’ascoltatore in tensione, in attesa dell’esplosione (che di fatto, non arriva), mentre la voce, sforzata e declamata, più che cantata, arriva direttamente dalla gola. Non sono depressi, non sono incazzati, ma hanno quell’agitata impazienza new wave che si avverte nelle sonorità cupe di “E tu Non ci Sei”, dove gli sfasamenti tonici e l’accompagnamento ipnotico catturano e soffocano.

Il basso spadroneggia in “I Diari Del Kamikaze”, mentre il panorama industrial sembra essere il faro di “Drive In”, con il suono penetrante (un fischio, una sirena, una sveglia insopportabile di una mattina di hangover) che caratterizza intro e interludio. La lezione degli Afterhours, invece, si sente in “Le Ali di Alì”, mentre in “Si Appressa la Morte, Non ci è Dato Sapere” sono le avanguardia la vera ispirazione: una matrice quasi Folk, ma vagamente riconoscibile, alterata, distorta, digerita elettronicamente per un risultato visionario e psichedelico, poco gradevole all’ascolto, forse, ma molto pregevole sul piano sperimentale-compositivo. “Santa Brigida” è la più ritmata e coinvolgente fisicamente, mentre “Se me lo Chiedi Dolcemente” si pone a cavallo tra le sperimentazioni internazionali hippie del Rock anni ’60-’70 e un sapore intellettualoide hipster di ben più recente foggia: il trattamento melodico-timbrico richiama l’oriente mistico indiano, mentre la voce declamata riporta alle letture degli scrittori della Beat Generation. La title-track, “Dentro il Battimento Delle Rondini”, invece, è un visionario testo decadente alla Teatro Degli Orrori.L’impressione generale è che la band incarni bene tutto ciò che non vorremmo essere ma siamo, tutto lo squallore di una generazione precaria, corrotta dai media, costretta a guardare indietro anziché avanti. Un moto di ribellione, però, quasi nel tentativo di restituire speranza e vigore, viene dato da “Sono il Mio Passeggero”, dove finalmente la voce prende il volo in un recitato con urletti dal profilo melodico incerto, che, ancora una volta, mostrano l’implicita cupa inquietudine che i Craxi ci raccontano. Il disco chiude con “Le Mostre di Pittura”, una critica ben poco velata alla società finto-intellettuale odierna, ironicamente arrangiata con violini e battiti di mani che decorano il tappeto Grunge aspro di sottofondo.

I Craxi non sono piacevoli e non vogliono esserlo, perfettamente inseriti in quella nicchia di musicisti italiani che non hanno intenzione né di divertire, né di sensibilizzare, ma solo di mostrare tutto il loro profondo disgusto per la situazione vigente. Tecnicamente bravissimi, assolutamente non orecchiabili, new wave quanto basta per soddisfare i fautori del ritorno in auge del genere, avranno sicuramente fortuna. A me non hanno fatto impazzire, ma de gustibus.

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Nimby – Not in my Back Yard

Written by Recensioni

Completamente autoprodotto, Not in my Back Yard porta con se un’ottima produzione, che riesce a mantenere quell’impatto e quella vena live grezza anche all’interno di un impianto stereo. Non a caso infatti è stato registrato e mixato dal produttore artistico Fabio Magistrali (Afterhours, One Dimensional Man)presso il Parco Museo Laboratorio dell’artista internazionale Nik Spatari, col quale è nata una collaborazione per la definizione dell’artwork del disco. I Nimby sono Tommaso La Vecchia (voce e polistrumentista), Aldo Ferrara e Francesco La Vecchia (chitarre), Gianluca Fulciniti (batteria), Stefano Lo Iacono (basso), Raffaele De Carlo (flauto e tastiere) e producono del sano e grezzo Alternative Rock contaminato da Psichedelia misto Grunge, con la giusta cattiveria pestata e momenti melodici nostalgici.

Ma parliamo un po’ di queste dieci tracce, che si aprono con un quieto synth a introdurre “This Lines Among Them”, brano che parte prepotente con una batteria tutta tom e rullante e che segna fin da subito il timbro sporco della band, ricordando però attraverso la melodica voce quella voglia di riprendere le sonorità del Rock sporco americano di fine anni ’80. Ancora rumore con “Day Hospital” che aggiunge distorsioni vocali al mix sonoro, mentre con la successiva “Sleeping” le atmosfere si fanno più pacate ed elettroniche. Grezza e potente è invece “N.I.M.B.Y.”, traccia che ricordando il nome della band e dell’omonimo album fa presumere sia quella che maggiormente rappresenti lo spirito del loro essere musicale. Tra una drum pestata a modi Pearl Jam, un flauto dalle sembianze celtiche e degli intramezzi musicali nudi e crudi, le successive “Church of Reason” e “Cinema” escono vincitrici tra tutte le tracce, regalando alle orecchie un’ottima miscela sonora complessiva. Chiude il cerchio la pacata e sperimentale “Rubber Moon” in cui si fondono suoni noise, flauto, piatti, tamburi e chitarra acustica, come se Ia band abbia voluto dire all’ascoltatore: “Ok, dopo questo lungo viaggio sonoro sei giunto al capolinea, ora riposati”, e io ora mi congedo e spengo lo stereo. Amen.

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Divanofobia – I Fantasmi Baciali

Written by Recensioni

Certi dischi ci inquietano per la loro stranezza che in fondo si assume anche tutti i paramenti d’una intrigante – a modo suo –  bellezza, e l’esordio dei bolognesi Divanofobia, I Fantasmi Baciali, rientra in quella massa di dettagli espressivi con una voglia di imprimersi per passione sincera e per  un piano sonoro necessario a chi in un disco cerca il lato riflessivo di una giornata particolare, ibrida.

Un Rock Cantautorale, viscerale e amaro che ha una sostenuta velleità per abbandonarsi nella notte, nelle notti di una poetica stilistica che sfiora pure il Pop delle altitudini, fuori dai giri commerciali e valorizzato negli spessori emozionali che amorevolmente fasciano in un battibaleno ascolti e percezioni inaspettate; nove tracce che respirano e danno il senso di un diario intimo, una sensibilità musicale che pretende una doverosa attenzione per essere assorbita come un unguento riflessivo. Arrangiamenti generosi e tristezze semplici al servizio del più  complicato dei fini: arrivare dritti in testa, in pancia e nel cuore, tutte cose che assolvono al loro dovere come una perfetta meccanica estrosa.
Con la tracotanza accorata di certi Modà “Campo di Nervi, la focosità di lontani Afterhours “L’Eremoe la leggerezza sofisticata di taluni Negroamaro “Ci-viltà”, i Divanofobia esordiscono nel migliore dei modi, si affidano alla mera melodia laddove altri lasciano il rumore molesto della rabbia, ricamano liriche profonde nei luoghi in cui molti sperperano personalità nulle, ed intendiamoci non è il classico disco di rodaggio, la prima “volta brufolosa” di un’emulazione dei grandi, ma un compendio di maturità sorprendente che costituisce un già sdoganamento nei gironi superiori dell’underground, in alto verso le mete main che ora come ora sono vuote strade in cerca di nomi e cognomi nuovi di zecca. Il macramè aggrovigliato di corde acustiche e tensione accumulata sullo stile Marlene Kuntz “Non Farti Corrompere” e la traccia opposta della tracklist “Fidia”, poesia solitaria di purezza innocente sulle corde  di uno splendido Mussida, fanno da punti cardinali per un disco in cui la paura di perdercisi dentro è  molta, ma come disse qualcun altro “ è il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Da ascoltare in un pomeriggio uggioso col sole dentro.

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Afterhours

Written by Live Report

@ Factory Milano, live 18 aprile 2013.

Seconda data sold out per gli Afterhours al Factory di Milano ed io da brava fan non posso non presenziare all’ennesimo live della band. Appena varcato l’ingresso la domanda sulla location è d’obbligo: posto piccolo, mal disposto, lontano dal centro, acustica pessima, viste le premesse stasera ne varrà la pena? Perplessità a parte si passa all’occhiata di rito ai presenti e subito ci si rende conto di essere al live giusto.  Molti giovanotti sui vent’anni e una folta schiera di persone con qualche capello in meno e la barba brizzolata, ma non c’è da stupirsi sono gli After che richiamano da sempre chi è cresciuto con loro dagli anni 90 e chi invece poco avvezzo a Lady Gaga&Co cerca altro nel mondo “alternativo” italiano.
Il live incomincia in orario rispetto a quanto comunicato dal gruppo sui social e il sestetto di bianco vestito fa il suo ingresso alle 21.50. Il candido vestiario simil boy-band fa rimpiangere il grigio look da rockers, se non fosse per Roberto Dellera che pur di non rinunciare alle sua mise anni ‘70 sfodera occhialoni bianchi e ciondolone dorato e Xabier Iriondo al quale manca solo il pacchetto di Marlboro arrotolato sul braccio per fare il muratore a tempo perso, o il coatto di periferia.

La musica incomincia e tutto va in secondo piano; “Veleno”, “Elymania” e il “Sangue di Giuda” sono i brani della tripletta iniziale che scalda subito la platea, e il peso del sold out si fa immediatamente sentire sulla pelle. La scaletta prosegue con “Spreca Una Vita”e un piccolo dono per i fan di vecchia data, la toccante “Rapace”, pezzo che mancava da tempo nei live degli After. Si prosegue con una sapiente alternanza di pezzi tratti dell’ultimo disco Padania e da album più datati come Hai Paura Del Buio del 1997 e Ballata Per Piccole Iene del 2005. Il gioco con la linea del tempo messo in campo dal gruppo, però, non corrompe la continuità sonora e si passa da “Ci Sarà Una Bella Luce” a “La Sottile Linea Bianca” e “1996” come se fossero capitoli dello stesso libro. La prima parte scorre veloce e si conclude con “Padania”, che inizia silenziosamente in versione acustica con Manuel  e  Rodrigo per poi esplodere in una vero e proprio tripudio di suoni e chitarre distorte.
Seconda parte. Si rientra in scena e la carica del gruppo si fa sentire: scaletta serrata e cuore in gola per “Varanasi Baby”, l’attualissima “Costruire Per Distruggere” con Rodrigo e Xabier ai fiati, “Tutto Domani” e il cavallo di battaglia “Male di Miele” che scatena anche l’immobile uomo-armadio dalla maglietta troppo aderente al mio fianco.

Piccola pausa, la seconda serata probabilmente si fa sentire, e si ricomincia con “Musicista Contabile” per arrivare alla vera perla della serata “Io so Chi Sono”. Brano di Padania che per me è sicuramente la perfetta rappresentazione di cosa sono gli Afterhours adesso. Lo si vede e lo si sente dall’intensità dei suoni, dalla voce di Manuel e da come la usa, dalle vibrazioni tra di loro, tanto che anche il semper serafico Ciccarelli cede e si butta nella mischia delle chitarre con Manuel e Xabier.
Scivola “Tutti Gli Uomini Del Presidente” con Dellera in veste di cantante e l’irriverente “Sinfonia Dei Topi”. Ci si avvicina al finale e il gruppo si concede a ritmi meno incalzanti con la ballata “Il Mio Ruolo”. Un breve tuffo nel passato con la spettacolare “La Vedova Bianca”, più veloce rispetto alla versionedel 2005, ma che genera sempre grande energia così che le mani alzate, di un pubblico che già sa quale ritmo seguire, battono all’unisono. Si torna ai giorni d’oggi con la struggente “Nostro Anche se ci fa Male” e “La Terra Promessa si Scioglie di Colpo”.

Fine. Respiro profondo, gli Afterhours salutano, si ritirano e sembra tutto terminato, ma nessuno si muove come chi sa inconsciamente di dover aspettare. Infatti, il gruppo riesce per una lauta ricompensa la canzone che non può mancare “Bye Bye Bombay”, dove la pelle d’oca è un dovere e urlare a squarciagola “Io non tremo è solo un po’ di me che se va” assomiglia a un rito collettivo di liberazione. Grandi ovazioni per tutti, noi siamo soddisfatti e felici, tutto concluso, ma questa sera siamo in grazia divina e a sorpresa ci viene regalato un extra bis con “Voglio Una Pelle Splendida” e un’ immensa interpretazione di “Quello Che Non c’è”. Stanchi, un po’ sudaticci e provati, dopo due ora e mezza di concerto non posso che rispondere alla domanda iniziale con un sonoro ne valeva la pena, eccome! Io sono di parte poiché fan, ma ricomprerei il biglietto altre cento volte e la prossima volta mi avranno ancora sotto il palco a urlare. Premio energia a Xabier che spesso ruba la scena al più tranquillo Manuel, nonostante gli Afterhours siano tornati ad essere Manuel centrici, ma a noi questo piace.

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Bachi da Pietra – Quintale

Written by Recensioni

Sono solo in due e sembrano quindici. I Bachi da Pietra si presentano con un album nuovo, Quintale, che si discosta parecchio dal rock blues delle produzioni precedenti. Appena parte “Haiti” si viene subito sbalzati in una dimensione di rabbia cupa e graffiante, dov’è il noise a far da padrone. E l’incazzatura prosegue in “Brutti Versi”, con un larsen in lontananza che sembra esplodere da un momento all’altro, lasciandoci a bocca asciutta quando la crescita viene ritardata ed espressa con sdegno dalle parole “Il danno è doppio / Uno per me, uno per il mondo” e da un riff sanguigno alla chitarra. “Coleotteri” è una cavalcatona grind che, forse volutamente?, cita la frase “Libero di Essere” di “666” dei Linea77 e insinua il germe del basso, del viscido, dell’oscuro, che caratterizzerà tutto il brano. Gli insetti, il sangue, la religione e il perdono sono i grandi argomenti trattati dal duo, che si prende una pausa dall’incazzatura feroce con “Enigma”: rime argute e insolite e riferimenti al mondo musicale, spesso autoreferenziali, come quello al fonico di palco, ad Audioglobe o La Tempesta, che è la casa discografica della band, contribuiscono alla costruzione di un testo fatto di immagini giustapposte, senza apparente connessione, ma profondamente suggestive. “Fessura” e “Mari Lontani”, una marcia, quest’ultima, con uno splendido dialogo tra la voce in primo piano e la back voice sulla chitarra distorta, ricordano parecchio, soprattutto per il trattamento melodico strumentale, i Marlene Kuntz. Entrambi i brani sono più meditativi dei precedenti e di andamento meno mosso. La religione è la protagonista di “Pensieri, Opere, Parole”, con l’intro grind cantato in inglese e successivamente ripreso in italiano: il perdono è negato o semplicemente rifiutato, cancellato come la parola “omissioni” che viene sostituita dalla musica e dalla parola Rock’n’roll, che in fondo è l’unica vera fede, l’unica vera attitudine. E con “Paolo il Tarlo” ci si fa beffe ancora una volta la liturgia cristiano-cattolica, con la frase “generato e non creato” ripresa a piè pari (ma proseguita in modo provocatorio e blasfemo), inserita su una corsa selvaggia della batteria a metà fra i Deftones e i Black Rebel Motorcycle Club con inserti meravigliosamente psichedelici e noise, che proseguono senza soluzione di continuità in “Sangue”: tempi dilatati che quasi non lasciano riferimenti metrici all’ascoltatore, a causa anche di un cantato declamato e registrato su diversi livelli volumetrici che conferiscono un’ideale spazialità scenica alla narrazione. L’incipit di  “Dio del Suolo” ricorda parecchio gli ultimi Afterhours: tornano a strisciare gli insetti e torna il perdono per questa che probabilmente è la traccia più pop e meno incazzata di tutto il cd (e non per questo la meno riuscita, anzi). “Ma Anche No” è una ballata delicata e intensa, sanguigna fin dalle prime terzine legate della chitarra. La versione digitale di Quintale si completa di “Barattoatbachidapietra.com”: la voce comunica in modo sterile che la traccia è registrata in modo amatoriale con un telefono e che non è costata nulla, se non il prezzo dell’apparecchio stesso. Da qui parte un lucidissimo dialogo con un immaginario downloader di mp3 che non si cura del lavoro, del sudore e dell’investimento monetario dell’artista. Allo scaricatore selvaggio viene proposto un baratto: i Bachi da Pietra si offrono di andare a domicilio a farsi rendere qualsiasi servizio a scelta per ogni traccia presa illegalmente dal web.
Non è un disco immediato ed è ideologicamente divisibile in due parti, una più crossover, hard rock, urlata, una più rock-blues, cantata, ricca di sfumature. Preferisco nettamente la seconda, ma entrambe contribuiscono a creare un lavoro molto pregevole.

Ho mancato un loro live nella mia città pochi giorni fa, vi auguro di non fare lo stesso.

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