Acoustic Folk Tag Archive

Dainocova – Dark Tropicana

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Sul monocromo di un artwork minimale stride il titolo di questo secondo lavoro di Dainocova, al secolo Nicola Porceddu, un effetto che al termine dell’ascolto appare senza dubbio voluto. I brani di Dark Tropicana nulla hanno a che fare coi tropici e i tropicalismi, ma il tratto grigio acquerellato che campeggia sulla copertina ben descrive il grado di densità dei loro lati oscuri. La malinconia è diluita in nenie a base di voce, chitarra e interferenze dall’aria Lo-Fi appena accennate, forse fin troppo schive.

Come si conviene al buon cantautorato, il grosso del lavoro lo fanno le liriche. La poetica dei testi saccheggia la tradizione italiana e la tinge di ironia agrodolce. Un timbro vocale impostato e imperfetto sottintende disincanto, mentre pochi piccoli escamotage tentano di conferire ai quaranta minuti di ascolto un vago sentore contemporaneo, come l’armonica che movimenta il giro di chitarra di “Tonno” o i tocchi elettrificati de “La Mia Arte”.

A stare a sentire l’esordio del songwriter sardo di quattro anni fa, sembra un po’ che qualche elemento sia andato perso. Fuga Da Scuola non si vergognava di apparire scanzonatamente Pop, mentre le composizioni scarne di Dark Tropicana finiscono per somigliare a tanto Cantautorato Indie degli anni ’10 e rischiano così di scivolare via indisturbate.

 

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Esce “Agata”, primo videoclip ufficiale dei The Same

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Esce “Agata”, primo videoclip ufficiale dei The Same, Acoustic Folk band di Milano. Diretto da Emanuele Alosi, racconta i momenti in cui la canzone nasce e prende forma. “Agata” è l’unico brano della band ad essere suonato chitarra e voce con un piccolo tema di piano. Il brano è un’anticipazione del disco e rappresenta l’essenza delle canzoni dei The Same.

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The Heart and the Void – A Softer Skin

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Secondo EP per il sardo Enrico Spanu, che in sei tracce di rarefatto folk ci racconta l’amore nelle sue più diverse sfaccettature: L’amore come un errore in cui si ricade continuamente. Un amore passato ma mai realmente dimenticato. Un amore filiale. Un amore verso una persona che ormai non lo ricambia più. Un amore verso una persona che non si potrà mai avere. Un amore incondizionato per il quale si rinuncia a tutto. Il disco scorre tranquillo, sognante e semplice, fondato principalmente su chitarre in fingerpicking e una voce limpida, romantica, con liriche in inglese (in “This Thunder” sentiamo aggiungersi una leggera batteria, mentre cambiamo marcia in “Down to the Ground”: chitarra – elettrica – sporca, sonaglio e un suono d’organo in sottofondo). Non c’è molto altro da dire su A Softer Skin, un disco che fa della semplicità un motivo d’esistenza. Normalmente prodotti del genere mi stufano presto, immersi come siamo in un mondo saturato di cantastorie con la chitarra in braccio che fanno il verso ai songwriter anglosassoni, per la maggior parte delle volte anche in modo soddisfacente, per carità… ma alla fine ci si chiede perché ascoltarne cento diversi quando si può esaurire praticamente tutto il campionario con una rapida carrellata tra Bob Dylan e Damien Rice, passando da certe cose dei Decemberists? Ecco, questa volta faccio una piccola eccezione per The Heart and the Void, che anche senza uscire dai soliti binari, senza particolari guizzi o chissà che innovazioni, riesce a farci passare i suoi venti minuti con dolcezza. Se vi piace quel mondo lì, dategli una chance, non ve ne pentirete.

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