Scissor Sister – Magic Hour

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Jack Shears, letteralmente prima donna a tutti gli effetti e non perchè sia dichiaratamente gay, al timone dei suoi Scissor  Sister, continua a navigare in acque altamente glam disco, quella macchinazione perfetta – questo agli esordi – che del “micidiale attacco” ne ha fatto un baluardo della sorpresa, dello stupore; questo ad orecchio critico poteva esaltare appunto nella prima vita della band, ma ora con l’arrivo del nuovo “Magic Hour”, tutto comincia ad appiattirsi e legarsi al già sentito di prassi, nonostante gli sculettamenti, gli urletti e le tutine in latex che “evidenziano” pudende e push-up di scena.

Il disco ha il sangue e l’ingordigia di un disco Bee Gees, tanto da sembrare un loro prodotto finito e spacciato sotto falso nome, tutto si coagula intorno a  certe estetiche – anche forzate – che non appartengono a questo molestatori da palcoscenico oltranzisti, ed è duro pagare poi pegno per una creatività che è scesa sotto terra, non più provvidenziale e tantomeno eccentrica come tutt’ora ci vorrebbero far credere Le Sorelle Scissor, qui il plagio non è alle porte ma forse è già entrato in qualche studio di avvocato, ma queste sono storie che non ci devono appartenere, abbiamo già tanti nostri azzi da pelare, come si dice.

Magic Hour è un disco iconografico, che guarda più alla frivolezza che alla sostanza, da ballare senza nemmeno pensare chi lo suoni se non i citati Gibbs Brothers, nulla che possa dimostrare una minima evoluzione o carattere che Shears e soci almeno potrebbero giocarsi – in angolo – come bsiders tra un vero disco e l’altro, ma nulla, e allora definire che questa formazione sia giunta al capolinea è d’obbligo dirlo per non prenderci e farci prendere in giro; una sbirciatina tra la tracklist? Benissimo prendiamo con le molle tutto quello che faceva pippone negli Ottanta “Somewhere”,  “Shady love”, “F*** yeah”, la Minogue che viene depredata magistralmente tra le righe di “Only the horses”, una pattinata sui floor del fu Studio 54 NewyorkeseSelf control” e, salvando per un capello la bella ballatona confidenziale “The secret life of letters”, tralasciamo il resto tra effluvi electropop e profumi agrumati di Dolce & Gabbana.

Il disco è già campione di incassi, adulato dalle comunità omosex e preso di mira da ortodossi benpensanti, ma le sorelle se ne fregano del mondo che le sta a guardare ed ascoltare, loro vivono in un mondo a parte, ma vivono dentro anche la sensazione che le loro mossette gay-friendly hanno fatto già il tempo e non incantano più nessuno.

Last modified: 9 Luglio 2012

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