Pearl Jam – Gigaton

Written by Recensioni

L’orgoglioso e ambiguo ritorno dei re di Seattle.
[ 27.03.2020 | Monkeywrench / Republic | alt rock, grunge ]

Con il migliore degli approcci possibili – e cioè quello di chi non può definirsi certo fan accanito della band che vede oro anche dove c’è il nulla, ma al tempo stesso riconosce il valore dei Pearl Jam, una delle formazioni più iconiche della scena alternative rock anni 90 – mi accingo all’ascolto del nuovo album di Vedder e soci.

Se siete tra quelli che hanno ascoltato solo il singolo, che vi siate gasati e abbiate ballato o che vi siate sentiti traditi da quel pezzo, non lasciatevi ingannare. Il disco non ha nulla a che vedere con Dance of the Clairvoyants: dance new wave che, da un punto di vista critico, è la cosa più interessante del lavoro, ma che sembra uno specchietto per le allodole perché questo rinnovato stile non troverà seguito nei restanti undici brani.

Senza bisogno di troppe spiegazioni, la leggendaria Seattle grunge è per tanti il regno dei Pearl Jam e la grandezza della voce di Vedder con l’aggiunta di tre capolavori dal 1991 al 1994 (Ten, Vs. e Vitalogy) ha fatto sì che questo regno divenisse un credo con fedeli in tutto il mondo; e come con ogni professione di fede, è dura confutarne i dogmi agli occhi dei devoti.

Detto questo, partiamo quindi dalla fine. Gigaton è un pessimo disco di una band che ormai ha fatto, detto e suonato tutto quello che poteva? Mi dispiace per i detrattori ma non è così. Per prima cosa non è un disco musicalmente banale e polveroso, con discreta energia grunge e inserti sintetici danzerecci molto brit che non ci si sarebbe aspettati da una band che, in fondo, non ha nulla da dimostrare. Certo, non c’è il cambio di rotta radicale visto nel nuovo The Strokes ma siamo comunque davanti a qualcosa di più dell’ennesima produzione forzata di una band ormai alla fine, qualcosa che lascia il sospetto che i nostri siano ancora in splendida vena creativa, nonostante circa tre decenni di vita alle spalle e una sorta di declino intrapreso a inizio millennio dovuto a un involontario cullarsi sui fasti di ciò che erano.

Che cosa rappresenta, quindi, un disco come Gigaton per gli americani e per i loro fan? È innanzitutto un grido vitale rigoroso e naturale di chi non si sente alla fine, pur consapevole di aver lasciato il meglio alle spalle; un grido lanciato da una band consapevole di dover abbandonare quell’aria ribelle e la sua trasposizione in musica ma che sa che quel Tempo (con la T maiuscola) gli ha lasciato in dono la passionale malinconia di chi ha troppi anni addosso ma li vive con orgoglio guardando con fierezza a ciò che è stato.

Voi che li avete amati a dismisura, avrete tra le mani un disco sincero, con alti e bassi, certo, e momenti che vi faranno incazzare come Dance of the Clairvoyants che aggiunge e modernizza ma sembra fin troppo fuori luogo qui dentro; oppure la minimale Comes Then Goes, chitarra acustica e voce, non troppo interessante, dal suono quasi insopportabile e deludente anche melodicamente per essere infilata in tracklist visto il distacco con il resto dei brani. Così come potreste non apprezzare alcune accennate derive sperimentali (senza esagerare) come in Buckle Up.

Allora, tornando alla domanda iniziale, se Gigaton non è un pessimo disco di una band che ormai ha fatto, detto e suonato tutto quello che poteva, cosa abbiamo davanti? Semplicemente un buon disco, non straordinario ma non tutto da scaraventare nell’immondizia, con valide canzoni alternate a brani banali e neanche troppo ammalianti. Un album di cui potreste leggere lodi ma al tempo stesso feroci critiche ed essere certi che nessuno stia mentendo.

Voi non aspettatevi i Pearl Jam di Alive, non ritroverete la stessa energia, neanche quelli di Last Kiss perché non c’è una sola melodia che ne avvicini la bellezza e non c’è quell’emozionante atmosfera in cui sprofondate ascoltando Yellow Ledbetter. Se non riuscirete a togliervi dalla testa quei brani, preparatevi alla più grande delusione possibile; ma se riuscite a ricordare quei brani come i momenti passionali con la persona che amate, consapevoli che col tempo l’amore istintivo degli inizi lascia il posto a qualcosa di più quieto, di meno potente, forse meno affascinante ma comunque autentico, allora saprete emozionarvi e sentirvi vivi e pieni di tempra anche con Gigaton. A volte lo splendore autentico va cercato negli occhi di chi guarda.

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Last modified: 27 Aprile 2020