Parzialmente Screamato Vol. 4 [Aprile 2025]

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Dieci dischi ed EP per approcciare l’estate nel modo migliore: urlando, piangendo, pogando.

Oggi l’intro la facciamo breve. È già maggio e tornano piano piano i festivalini e i live all’aperto: fate i bravi (ci siamo capiti).

Detto questo, cominciamo.

Camp Trash & Dowsing – An Embarrassment of Riches
[04.04.2025 | Storm Chasers Ltd. | emo, punk rock]

Appartenenti a due ondate emo diverse (quarta e quinta), Dowsing e Camp Trash sono due band accomunate sia dal suono (quel punk rock emozionale che non ha paura di essere cantabile) sia dal fatto di essere due realtà ormai sparpagliate per gli Stati Uniti, con tempo limitato per ritrovarsi, fare musica insieme, andare in tour. Questa vicinanza morale – che non dev’essere semplice da affrontare per una band – è stata il vero motore dietro questo split, tre pezzi per gruppo scritti negli anni (nel caso dei Dowsing) o composti a distanza e poi montati alla prima occasione buona (e questo vale per i Camp Trash). Il risultato sono tredici minuti di emo mid-tempo che fa cantare, fa muovere la testa, e fa capire come, al di là dei meme e delle difficoltà, questo sia un genere che prima di tutto nasce da persone che hanno voglia e piacere di sbattersi, per far succedere le cose. Non è scontato, e non lo sarà mai.

Morningviews – Anedonia
[25.04.2025 | Space Introverts | post-hardcore, screamo]

Wikipedia mi dice che l’anedonia è l’incapacità patologica di percepire piacere in ogni sua forma, un termine coniato dallo psicologo francese Théodule-Armand Ribot nel 1896 e con cui non ero mai scontrato, almeno fino all’ascolto di questo nuovo album dei Morningviews. Di anedonia si può anche morire penso, sembra la cosa più simile alla depressione che esista, e la band umbra lo presenta come un disco che prova a capire quello che proviamo quando il mondo attorno a noi sembra andare in fiamme, senza chiuderci a riccio in noi stessi.
Pubblicato non casualmente il 25 aprile, una data in cui il nostro mondo ha visto estinguersi altri incendi, e, seppur siano temi affrontati in modo più intimista, è bello vedere sbocciare nuovamente una coscienza politica all’interno della scena. Musicalmente ci troviamo in territorio Touché Amoré/State Faults, ma le urla sono tutte italiane, in bilico tra primi Lantern e i soliti La Quiete. Questo è ciò che tira dentro l’ascoltatore, appena termina la languida Dicembre posta in apertura; quello che lo fa rimanere è l’impatto successivo, che da Inutile in poi è un saliscendi ripidissimo, un ottovolante post-hardcore impazzito, capace di pestare duro quando necessario per poi rallentare subito dopo, in un testacoda ormai classico per il genere, ma che unito ai testi trova tutto un altro sapore. E i sette minuti di Deserti sono tra le cose migliori dello screamo italiano nel 2025.

Record Setter – Evoke Invoke
[04.04.2025 | autoprodotto | screamo, emo]

Mi prendo la libertà di annoverare i Record Setter tra i campioni dello screamo contemporaneo, eccezionali nell’unire sgasate strumentali urticanti a testi impegnati e sentiti, performati con una sincerità e un trasporto che ti fanno credere che la leader Judy Mitchell te li stia davvero urlando con il cuore stretto in mano. Purge aveva conquistato, I Owe You Nothing ha convinto, lo split con gli Home Is Where ha cementato lo status della band e il loro essere riferimento, anche e soprattutto all’interno della comunità transgender. Evoke Invoke riprende il filo a tre anni di distanza, e lo fa con sei brani carichi  di pathos, che partono da esperienze di vita vissuta per intrecciare sensazioni, memorie, narrazioni.
This story begins with a trauma” esordisce lost within, prima di immergersi in un racconto proto-horror con echi di Coma Regalia e primi Pianos Become The Teeth. Le aperture melodiche non hanno lo stesso spazio di I Owe You Nothing, sono opprimenti, avviluppate su loro stesse, crescendo post-rock infiniti (seven eyes) e sgangherati cori post-hardcore (hereditary). Bentornati.

Clay Birds – a separation from vanity
[08.04.2025 | Home To Heart | screamo]

Tra le più brillanti realtà della nuova scena skramz californiana, i Clay Birds da Orange County procedono a passo spedito al ritmo di una pubblicazione all’anno e indovinate? Vanno sempre meglio. A separation from vanity racchiude in 18 minuti tutto ciò che sta rendendo grande la band: le voci maschili e femminili che si intrecciano, ondeggiando tra melodie cristalline e urla lancinanti, e i brani che ugualmente si alternano tra arpeggi delicati e sfuriate al fulmicotone, come diretti da un direttore d’orchestra bipolare. Lo screamo si fonde con il post-rock, per saliscendi emotivi impeccabili (to my dearly departed) e per canzoni che si accendono divampando come fiammiferi, per poi bruciare piano piano (infinite regress). Oppure per una masterclass in cambi di ritmo e tono (everything, everything) che esplode più e più volte insieme alla disillusione di un testo che incapsula alla perfezione lo struggimento di una generazione che vorrebbe ribaltare il mondo, ma che non possiede gli strumenti giusti.

Mary Star – La Fine Dei Nostri Anni
[18.04.2025 | Aurora | emo, screamo]

I Mary Star sono una band formatasi a Torino a fine 2023 che si è presa il tempo necessario per trovare un proprio suono a furia di live e per pubblicare questo EP di debutto dopo un paio di singoli e una buona esperienza on the road. La Fine Dei Nostri Anni mette in fila quattro brani che incorniciano le varie influenze della band, dallo screamo a rotta di collo di Stella Del Nord ad una La Fine Dei Nostri Anni che lascia le urla sullo sfondo, per concentrarsi su un emo a tinte post-rock guidato dalla voce di Gio Sada dei COMRAD. Indaco torna a spingere sull’acceleratore, privilegiando sempre atmosfere rarefatte, riprese anche dalla conclusiva Parole Rumore, che parte clean per esplodere in un crescendo intrigante. A coronare il tutto, testi sempre evocativi che parlano di incomunicabilità, dubbi e ricordi, e una patina gaze che diluisce ogni pezzo, le chitarre che lasciano scie di colore come delle foto a lunga esposizione.

Habak – Mil orquídeas en medio del desierto
[04.04.2025 | Persistent Vision, Exabrupto, Shove, Alerta Antifascista | crust, post-rock, screamo]

Tra i volti più riconoscibili della scena crust contemporanea, i messicani Habak arrivano al terzo album in dieci anni di carriera con questo Mil orquídeas en medio del desierto, raffinando ancora di più una formula ormai consolidata. Se le radici musicali crust – marce, oscure, debitrici tanto all’hardcore quanto al metal – rimangono sempre presenti, le aperture post-rock creano delle oasi, in questo metaforico deserto del titolo, in cui non crescono solo le orchidee, ma anche vere e proprie cavalcate quasi melodiche.
Gli assalti sonori à la Ekkaia sono sempre lì (in Desarraigo ci sento anche un po’ di La Quiete, ma potrebbe essere anche recency bias da parte mia), ma è il loro alternarsi ai momenti più placidi ad aver sempre portato il suono degli Habak ad un livello superiore, insieme alla voce della leader Alex, che anche qui apre portali diretti per un inferno senza ritorno. Come se non bastasse, la produzione è ulteriormente migliorata, la scrittura rimane affilatissima (il testo di Dejemos hablar al viento è un manifesto anticapitalista perfetto) e gli Habak si confermano una di quelle band capaci di cambiarti la vita con una canzone.

LASTKISSTODIEOFVISCEROTH – LASTKISSTODIEOFVISCEROTH
[25.04.2025 | Memori, Slow Down | post-rock, screamo, emo]

Attivi dal 2008 e da poco riemersi dopo un periodo di pausa, i LASTKISSTODIEOFVISCEROTH (conosciuti anche come LKTDOV) sono una band screamo indonesiana dalle forti influenze post-rock (chi ha detto Envy?) che cerca di riallacciare i fili col passato attraverso questo EP omonimo che presenta tre inediti e una versione acustica di Joy, Lie, Nor Desire, dal loro album del 2015. I pezzi nuovi vivono della stessa potenza dei classici, con una produzione più a fuoco e alte maree emozionali ad infrangersi contro i momenti più spiccatamente screamo. Come se non bastasse, In The Silence, I Whispered Your Name contiene anche un featuring di Hervina Orelia dei Noire, band post-rock indonesiana, il cui spoken word contribuisce al crescendo di un brano che, come gli altri, è una poesia messa in musica. 

ciao – the first goodbye
[30.04.2025 | Bruh Chungus | emo, math rock, screamo]

Sono la prima persona ad odiare patriottismi e campanilismi, ma per motivi puramente comici in questa recensione percepitemi come quei due tizi con la maglia dell’Italia che giudicano piatti italiani in maniera stereotipatissima. Primo: nel 2025 quanto devi essere strafottente per chiamare la tua band semplicemente ciao? Secondo: cos’è, pensi di spiegare a noi italiani come si fa lo screamo con le chitarrine, dopo che gli Stegosauro hanno preso questa scena e l’hanno ribaltata come un calzino? Terzo… ehi aspetta. Ma questo disco SPACCA.
Da Rockford, West Michigan, completamente a caso, questi ciao diventano i secondi migliori ciao che conosco (vengono dopo il popolare saluto, ma prima del motorino e della mascotte di Italia 90). Produzione rivedibile (è anche “il primo EP di una band che nessuno ascolterà mai”, parole loro) ma i riff e il fomento ad ogni urlo, ad ogni coro ci sono e funzionano alla grande. Ciao too from Italy. We love your music. Approved 🤌

Lâche – HELL
[22.04.2025 | ilsvika emotapes, Slow Down | emo, post-hardcore]

Ho sempre pensato che Trondheim fosse uno di quei posti freddi dediti al metal e al folk horror, ma mi sa che devo aggiornare i miei personali stereotipi. I Lâche sono un power trio che in quel fiordo ci è cresciuto a grovbrød e post-hardcore: attivi dal 2017 ma prendono le cose con calma, tanto che HELL è il secondo EP della band, in una discografia che include anche uno split e un singolo. Un ibrido nordico di emo e nu-gaze, con un approccio gustosamente 90s (Indian Summer, Moss Icon) ad emergere qua e là (il cantato nervoso di Fathers, il basso pulsante che fuoriesce ad ogni occasione). I cinque brani sono spaccati relazionali con l’altro (Fathers, Rope) o sé stessi (Never Was, No Matter) e ti lasciano quel retrogusto amaro di volerne di più. A chiudere, una cover di Take Me Back delle Lucky Malice per chiudere un metaforico cerchio con la storia del punk norvegese e affrontare per l’ennesima volta un autoesame di ciò che siamo e ciò che eravamo.

Emma Goldman – all you are is we
[28.04.2025 | Zegema Beach | screamo, hardcore]

Le prime tracce degli Emma Goldman datano fino al 2018, ma è solo negli ultimi giorni di aprile 2025 che l’aria intorno a noi inizia a farsi più secca, la temperatura si alza, le foreste prendono fuoco e viene pubblicato all you are is we, l’album di debutto della band canadese (alcune di queste cose potrebbero non essere correlate). Una badilata screamo/hardcore in pieno volto, tagliente sia nei testi (capitalismo, idiosincrasie collettive, e via dicendo) sia nella musica, con chitarre che graffiano l’aria come artigli e la voce di Victoria a dilaniare quello che resta.
Le liriche sono spesso destrutturate, pensieri interrotti e riannodati all’improvviso, altre sono sospese tra il serio e il faceto, mentre chitarra, basso e batteria aggrediscono le canzoni come se dipendesse delle loro vite. Vibrazioni metalliche ed interludi elettronici che spingono anche troppo (canned response è devastante, la colonna sonora di Goat Simulator sotto steroidi) completano il quadro di uno degli album screamo migliori dell’anno, ma sarebbe anche riduttivo sbrigarsela così. all you are is we è la risposta che darò d’ora in poi a chi mi chiederà “Ma come deve suonare il punk nel 2025? Di cosa dovrebbe parlare?

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Last modified: 6 Maggio 2025