Nate Hall – A Great River

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Quando sarete all’ascolto di questo bell’album, augurarvi un “buon viaggio ai confini di” un qualcosa è il minimo che vi si potrebbe augurare, anche perché non è scontato imbattersi in questi capolavori – al giorno d’oggi – di folk psichedelico, bisognerebbe rifarsi alle decadi del “Big Dream” seventies americano, ma vi trovereste imbarazzati nella vasta scelta che la storia ha accumulato come riserva aurifera, allora tanto vale restare nell’oggi e ascoltare questo stupendo primo sonic affaireA great river” di Nate Hall, singer e frontman degli U.S.Christmas, formazione del North Carolina, un artista che vive nell’insegnamento e nella formazione metafisica di Dylan e Young – per gli elementi basici riconoscibilissimi in tutta la tracklist –  ma anche che, per vocazione, non ama sovvertire gli insegnamenti della tradizione “off” che vede attraversare e fomentare i solchi mai rinsecchiti – anzi – turgidi delle poetiche sabbiose e grezze di Cash e Hank Williams, ma non per una riproposizione del modello, piuttosto  per ricreare quello specifico, quella tentazione immacolata ed emotiva dei crescendo continui tra i spiragli di anime sontuose di poco, semplici.

In questa occasione il ruolo looner  dell’artista americano conferisce al lavoro uno spettro, un respiro più allargato rispetto alla consueta  formula originaria della psichedelica interiore, in più di un’occasione si ha la sensazione struggente che il suo viatico di avvicinamento ai modelli sopracitati sia quasi finito, compiuto nella sua raggiera, aderente a tutte le fasi di crescita desiderose di lasciare qualche impronta ai posteri prossimi futuri; a partire da un insolitamente misurato black trip che gira nel coma vigile di “Dark star”, fermandosi al bordo dell’abisso interiore che fa limite in “Kathleen”, seguitando in equilibrio notturno sulle corde field agrette della ballata “Chains” passando per l’elettricità ammusata di “Electric night theme” prima di gettarsi nella stupenda pastorale di rinascita, aria e vento che si incontrano e arrossiscono come fanciulli innaturali “A great river”, tutto si svolge su atmosfere dilatate, oniriche e allucinate, un cantato in preda di dolce fissazione che seduce e droga l’ascolto con grande prestigio e abilità ossessa.

Un bel disco che illumina e distrugge prima di diventare fonte celestiale per anime in cerca di paradisi distorti.

Last modified: 23 Luglio 2012

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