Naked Truth – Ouroboros

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Da migliaia di chilometri più in alto della sfera musicale che strombazza elettrificate ossessioni d’infinito e replicanti in fondo a sé stesse  e che di solito maneggiamo spesso con reticenza  o passionalità accesa, arriva l’intensità e l’estetica immateriale e onirica  dei Naked Truth del sessionmen Lorenzo Feliciati (qui per la seconda opera “Ouroboros”) in formazione riformulata che vede Past  Mastellotto batteria, Roy Powell tastiere e Graham Haynes che prende il posto vacante di Cuong Vu alle pelli, e quello che ci aspetta all’orecchio non è un disco di suoni o effetti, ma uno stato mentale e un trip neuronale senza limiti, nessun attracco alla gravità terrestre.

Una specie di epifania cosmica che vede il fiato rappreso di Miles Davis impresso ovunque “Garden ghost”, “Orange”, un livello qualitativo che si fa antologia alternativa per un ascolto lussuoso e prelibato: fluidità, espressioni umide e una suggestiva ampietà di fiati che tracciano percorsi, piroette e tatticismi intersecati da trasformarsi  nelle visioni Newyorkesi  – o meglio – di Manhattan dell’ensamble degli Animation di Bob Belden o – per stendere l’ascolto ancor più in la – nelle sensazioni epidermiche di un progressive CrimsonianoDancing with the demons of reality”, passando poi sulla sequenza di incursioni, scatti, raid funkeggianti di un basso che singulta anima nera “Right of nightly passage”, “Yang Ming has passed” disegnando una panoramica fitta di intricati passaggi tecnici e liberatori che del free-jazz succhiano midollo e libertà espressiva di gamma.

In questa musica spalmata su  quarantanove minuti di maschere timbriche, le vibrazioni emotive e il susseguirsi instancabile di onde in equilibrio su di una stasi contemplativa prendono movimento insieme a  fiati incontrollabili, tastiere sistematiche ed effettate, florilegi di inquietudini e stati di agitazione “In dead end with Joe” fino ad arrivare al capolinea di un journey sonoro in 3D che in “Neither I” – autentica simbologia di creatività manipolata –  ti spiazza talmente che il delicato equilibrio tra ascolto ed elaborazione di esso va letteralmente il tilt per lasciarti a piedi tra percussioni ossessive, armonici stridenti e tasti di piano degni di un delirio Kafkiano.

Senza il minimo dubbio ancora un bel lavoro per i Naked Truth, e senza nemmeno il minimo, ancora un bel viaggio per noi.

Last modified: 30 Novembre 2012

One Response

  1. Giacomo Bruzzo ha detto:

    Grazie per la bellissima rece

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