L’album di debutto della band inglese si serve di un disordine controllato per disorientare e al tempo stesso attirare l’attenzione di chi ascolta.
[20.06.2025 | Transgressive | emocore, noise rock, garage punk]
“Sono quasi tutti matti qui”, sussurra il Gatto di Cheshire. E gli UNIVERSITY, dalla grigia e sotterranea Crewe, con un album che è al tempo stesso frattura, costruzione, parodia e dichiarazione di poetica sembrano proprio rispondere “Sì, lo siamo”.
Le prime tracce del disco, Massive Twenty One Pilots Tatoo e Curwen, abbracciano l’urgenza scomposta dei Cap’n Jazz: quel chiasso da scantinato dove è talmente tutto frastornante che ti strappi le corde vocali. Con Gorilla Panic rimane quell’idea Kinselliana di emo, ma con un muro di feedback degno dei Japandroids e un finale dal climax strozzato, a tratti post-rock.
Nella sua caoticità di influenze e intenti, il debutto della band inglese disco è ascrivibile pienamente alla Fifth Wave of Emo, ma il vero collante è altrove, più precisamente in un garage punk/shitgaze fragoroso e diretto. Le sperimentazioni cacofoniche degli Hella e la forte ispirazione dei precursori (e tuttora sulla cresta) della quinta ondata, i Nouns, sono evocati più che imitati, rielaborati più che copiati.

Apparire e scomparire tra i generi.
Huster’s Metamorphosis è l’unico pezzo in cui la band convoglia il post-hardcore matematico degli Smart Went Crazy, la minaccia strisciante dei The Jesus Lizard e gli spigoli acidi dei Bitch Magnet.
L’influenza del Nintendocore affiora chiara in GTA Online e nella folgorante Diamond Song.
I due brani finali lo dimostrano: History of Iron Maiden Part 1 è un collage frenetico della parte più muscolare e nervosa del disco (garage punk, emo, post-hardcore e post-rock), mentre History of Iron Maiden Part 0.5 chiude con synth a 8-bit, lasciando l’ascoltatore in sospensione.
Gli UNIVERSITY appaiono e scompaiono tra i generi, si nascondono dietro le urla, lasciano tracce nella cacofonia, la coerenza di una band che ha scelto il caos come linguaggio. Un caos ragionato.
Come il Gatto di Cheshire, non ci dicono mai dove andare. Ci lasciano però qualcosa di inconfondibile ogni volta che scompaiono: un sorriso distorto, ritmi sghembi e bassa fedeltà. Un rumore che sembra sparire e invece ti resta dentro.
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Last modified: 20 Giugno 2025