Massimo Zamboni – La mia Patria attuale

Written by Recensioni

Un canto a un Paese irrisolto, un urlo gentile lanciato da un artista dall’animo punk.
[ 21.01.2022 | Universal Music Italia | cantautorato ]

Ci si accosta a nuovo lavoro di Massimo Zamboni con l’attenzione e la deferenza che si riserva all’opera di un maestro. Esponente di punta di esperienze iconiche della musica italiana “ostinata e contraria”, dai CCCP ai CSI, da anni affianca a una carriera solista con molte collaborazioni (Nada, Angela Baraldi e Vasco Brondi, solo per citarne alcune) frequenti sconfinamenti letterari.

Segue così un percorso ideale tra l’Emilia e le (dis)illusioni di una vita, testimoniato dal suo ultimo libro, uscito lo scorso anno e intitolato “La trionferà”, cui fa da controcanto questo nuovo disco, La mia Patria attuale, che non tradisce le attese e, quasi come un concept, lavora sulle possibili declinazioni della parola Patria. Un valore da recuperare, che ci identifica come comunità, e che invece nella nostra storia recente ha quasi sempre assunto un significato distorto, biecamente nazionalistico, di cui si sono appropriati gli imbelli da stadio e le destre politiche (basti pensare ai partiti che hanno la parola “Italia” nel nome e che hanno invocato recentemente un “Presidente Patriota” al Quirinale).

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Nel realizzare questo disco Zamboni si affida alla produzione di Alessandro ‘Asso’ Stefana, polistrumentista e storico chitarrista di Vinicio Capossela, oltre a vecchi sodali come Gigi Cavalli Cocchi, Simone Beneventi, Cristiano Roversi e Erik Montanari. Ne viene fuori un lavoro molto omogeneo, dal tono cantautorale in cui non è difficile scorgere richiami al suo passato (soprattutto ai CSI) e a grandi autori della tradizione, Guccini su tutti.

Il furore della rivolta lascia spazio alla riflessioni, alla cura dei testi che prevalgono sulle chitarre, alle sonorità acustiche che hanno la meglio sui ritmi elettronici.

Nei 10 pezzi che compongono l’album è inevitabile chiedersi talvolta “questa come l’avrebbe cantata Giovanni Lindo Ferretti?”. In particolare in Canto degli Sciagurati, primo singolo che ha anticipato l’album, e nelle distorsioni di Italia chi amò, o nelle deflagrazioni delle chitarre di Il Nemico, in cui la voce si fa declamatoria.

A prevalere sono però le ballad: alcune dal sapore più folk (a cominciare dal pezzo d’apertura, Gli altri e il mare, giocata sugli arpeggi di chitarra acustica, oltre ad Ora ancora e a Tira ovunque un’aria sconsolata), altre dalle sonorità più rock, come la sognante Nove ore, nella quale l’autore si lascia andare all’accettazione dei propri limiti rispetto a false illusioni di successo (“la mia scelta impopolare di dormire nove ore”).

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Gli ultimi tre pezzi riassumono perfettamente l’album. La title-track, aperta dal pianoforte e poi via via avvolta in un suono pieno e coinvolgente, è un brano gentile e potentissimo a un tempo, che inquadra in un lungo piano sequenza tutta la nostra “Povera Patria”, alle prese con le sue ataviche contraddizioni, schiacciata tra la bellezza e la disgrazia (“grandi le città e grande la bellezza offesa…”).

Fermamente collettivamente si interroga, tra gli archi, sulla disillusione di un mondo crollato, che tanto aveva cullato un sogno di rivalsa e a cui non viene data nessuna speranza per il futuro: “conviene, compagni, lasciare cadere le mani serrate alle belle bandiere…” (e questa potremmo chiederci come la canterebbe Vasco Brondi).

A chiudere, Il modo emiliano di portare il pianto, un’orazione laica scritta dopo il terremoto a Reggio Emilia, la piccola patria all’interno di un discorso più grande, in cui non ci si piange addosso, ma c’è sempre l’orgoglio di guardare lontano anche nei momenti più difficili.

La mia Patria attuale è un disco stratificato, denso di contenuti, da riascoltare e da rileggere, che ci chiama in causa tutti in quanto italiani. Un canto a un Paese irrisolto, un urlo gentile lanciato da un artista dall’animo punk.

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Last modified: 20 Febbraio 2022