Il nuovo EP dell’artista londinese di adozione è un manifesto slacker all’insegna di alienazione, noia e incomunicabilità.
[31.10.2025 | Speedy Wunderground, Play It Again Sam | slacker rock, indie rock, cantautorato]
“L’incomunicabilità totale. Non tanto che siamo soli, questo lo sappiamo già e non c’è verso. Essere solo è in definitiva star solo su un certo piano in cui altre solitudini potrebbero mettersi in comunicazione con noi, se fosse possibile.”
Utilizzare un passo di Julio Cortázar come incipit per un proprio pezzo può sembrare un atto di estrema superbia, ma le analogie tra l’Horacio Oliveira protagonista del Rayuela dello scrittore argentino e Joyeria sono più marcate di quanto non possa sembrare.
Graceful Degradation, il nuovo e secondo EP dell’artista di casa Speedy Wunderground, fa del solipsismo il proprio vessillo da esibire con fierezza al cospetto di un mondo che cerca connessioni in maniera tanto parossistica da finire per impaludarsi nella solitudine più profonda. E lo fa attraverso il cantautorato sarcastico e distaccato, brillante e dimesso che ha contraddistinto la penna del musicista di stanza a Londra – ma nato in Polonia e cresciuto in Canada – fin dai primissimi esordi, risalenti ormai a quattro anni fa.
Il concetto stesso di graceful degradation, teorizzato in origine dallo psicologo inglese David Courtenay Marr, è essenziale per entrare tra le pieghe del lavoro: in buona sostanza, si tratta della capacità di un qualunque tipo di sistema di continuare a funzionare – seppur in maniera limitata – nonostante una sostanziale parte di esso sia stata distrutta o quantomeno compromessa. Con una similitudine un po’ azzardata, può anche indicare il modo in cui un essere umano riesce a tenersi in piedi persino dopo traumi e dolori all’apparenza insuperabili – anni fa lessi un tweet in cui una ragazza, al termine di una relazione durata anni, diceva di sentirsi mancante di una parte, un po’ come se le avessero tagliato un braccio: ecco, viene da immaginarla proprio così.

Melodie compassate e irresistibili.
Solipsismo, si diceva. Basta dare un’occhiata al videoclip di I don’t know, who cares?, in cui il nostro Joy, unico testimone di sé stesso, si palesa microfono in mano nella più completa solitudine, per entrare in connessione con questo stato emotivo. Un sentimento di alienazione che viene sublimato da un compassato brano cantautorale dalle tinte slacker che avrebbe forse fatto alzare un sopracciglio al compianto David Berman – non a caso, il fu leader di Silver Jews e Purple Mountains è uno dei riferimenti artistici e filosofici più immediati rispetto a Joyeria, almeno per chi scrive.
“How are you doing? How do you feel today? I don’t know, who cares, stop asking”: indifferenza e incomunicabilità – ancora, sì – al loro massimo splendore.
Se già l’EP di debutto FIM (2022) aveva portato alla luce le innegabili capacità melodiche del progetto, i brani che compongono questa nuova uscita ne sono la definitiva consacrazione. Troubled Youth, perfetta nelle sue strofe sornione e nell’aprirsi poi in un ritornello semplice ma maledettamente efficace, e l’irresistibile refrain che rende Stale Autumn una piccola gemma di compassato indie rock che evoca scenari da grandi e desolate pianure americane (peccato che siamo nella caotica Londra, dettagli) sono episodi piuttosto espliciti in tal senso. Detto fra noi, fulgidi esempi di come dovrebbe suonare il cantautorato nel 2025.
Con le sue gustose derive a cavallo tra art rock e post-punk, la sbarazzina accessibilità di The Swimmer rappresenta invece sia un’interessante variazione sul tema che la prosecuzione del discorso intrapreso dalla 9 to 5 che chiudeva il primo EP. Del resto, il nostro Joy sarà pure un outsider, ma sfuggire del tutto alle influenze della scena che la Speedy stessa tanto ha fatto per portare alla ribalta sarebbe stato impossibile.
“Doing nothing is a beautiful thing.”
Se è vero che ogni finale degno di questo nome riserva delle sorprese, la chiusura affidata alla minisuite sperimentale e distaccata di Starving Ghosts – titolo incredibilmente metafisico – è una conclusione quanto mai paradigmatica di un EP che sa essere al tempo stesso denso e immediato, oltre che un’istantanea di come avrebbero suonato i Pavement in pura fase dissociativa da codeina. Un sipario che si chiude proprio quando ti stai asciugando una lacrima col dorso della mano, un alito di vento che percepisci appena mentre osservi la grandezza del nulla che ti circonda.
Joyeria non è tornato per farci sentire meno solə, semmai lo ha fatto per dimostrare una volta di più che la vita è anche – e a volte soprattutto – solitudine, alienazione e noia. E, di conseguenza, incomunicabilità.
Se anche voi pensate che “doing nothing is a beautiful thing”, sapete già quale sarà il vostro prossimo amore musicale.
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Last modified: 31 Ottobre 2025




