Edda – Illusion

Written by Recensioni

L’irriverenza e la libertà di Edda si ammantano di atmosfere più intime e introspettive.
[ 23.09.2022 | Al-Kemi / Ala Bianca | alt rock, indie, cantautorato ]

Se c’è un personaggio che in questo proliferare di biopic e docufilm a tema musicale meriterebbe di essere raccontato è senza dubbio Stefano Rampoldi. Dagli inizi di fine anni ‘80 nei Ritmo Tribale all’abbandono delle scene, dalle crisi personali e le dipendenze sino al ritorno osannato dalla critica nel 2009 con Semper Biot e poi nei successivi capitoli del suo percorso solista, Edda incarna lo spirito rock come nessun altro nel nostro Paese.

Edda l’irriverente, che non pone limiti alla sua scrittura, che ama declinarsi al femminile, che se ne frega dei benpensanti e del politicamente corretto. Edda che potrebbe cantare Mina come nessun altr* e che non rinuncia al biascicato milanese, con una qualità vocale che trova sempre il modo di colpire al cuore.

Illusion è un disco rotondo, che attenua le asprezze del nostro anche grazie alla presenza di Gianni Maroccolo alla produzione e agli arrangiamenti. Una coppia già autrice, nel periodo del lockdown, del divertissement a distanza “Noio; volevam suonar” cui si aggiunge, tra i musicisti, Antonio Aiazzi, tastierista già sodale di Marok nei primi Litfiba.

Negli 11 pezzi di questo lavoro, la voce e i testi di Edda si vestono così di suoni più distesi, che creano un ambiente da salotto anni ‘70, con la carta da parati a fiori e le luci soffuse, come da foto di copertina.
Alcuni echi dal precedente Fru Fru, il disco della svolta pop, tornano ancora qua e là: in Carlo Magno (“… Carlo Magno a 25 anni era già Re dei Franchi, la mia vita nasce già finita, tanto non mi manchi”) o nel nonsense de L’ignoranza (“Come è bella l’ignoranza, la coltivo dall’infanzia”), o ancora in Signorina buonasera.

***

È però il tono intimista a farla da padrone, a cominciare dalla traccia che apre il disco, Mio capitano. Si snoda così un viaggio nel passato amato/odiato e nel disagio sentimentale attraverso pezzi come Alibaba (“…io me ne andrò, dalla mamma piangerò / … ho chi mi consiglia oggi uccido la famiglia”). Il falsetto dialoga con le chitarre dolenti nei brani più melodici e struggenti, da Trema al singolo Lia, anch’esso sospeso tra diverse linee temporali. È come se nel salotto anni ‘70 la tv in bianco e nero trasmettesse un film western, ma visto con gli occhi di oggi, con l’eroe problematico e omosessuale, perfetto crooner in Gurudeva.

Illusion è un grande disco, indubbiamente tra i migliori dell’anno, da ascoltare e riascoltare per cogliere ad ogni passaggio qualcosa in più della sua profondità. Da amare oltre ogni pregiudizio.

Tour in corso che prosegue fino a dicembre, per illuminare questi tempi bui e reazionari.

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Last modified: 29 Novembre 2022