“Diamanti Vintage” Stormy Six – Un Biglietto Del Tram

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Bei tempi davvero, tempi rosso fuoco, folgorazioni, ribellione e utopie concrete di comunismo erano ovunque, e gli sguardi collettivi  sempre rivolti ai paramenti Sovietici della giustizia proletaria. I Settanta della musica nazionalpopolare italiana – mischiata tra progressive e nuove tendenze d’avanguardia –  annoveravano tra le barricate sonore –  gli Stormy Six, formazione impegnatissima culturalmente ed ideologicamente, figlia di quell’idea diamantina già ampliamente illustrata in precedenti dischi, e “Un biglietto del tram”, è il disco politico e di quadretti sociali che più di tutti li rappresenta e che inneggia e si sacrifica alla giustizia popolare, testi che indagano sulle situazioni oppressive delle fabbriche, le condizioni operaie, le lotte partigiane e tutte quelle parvenze padronali del “tutto va bene”.
Per significare e rendere visivo quello che succedeva in quegli anni dentro e di lato del cosiddetto “Movimento”, va detto che gli Stormy Six furono additati e condannati moralmente dai tanti aderenti ai vari loghi politici di sinistra estrema, di essersi venduti al padrone e alla commercializzazione per via che la band effettivamente “riusciva a vendere” i loro dischi, ma non nelle catene industriali dei negozi, ma ai concerti, nei raduni, ecc, ma la confusione imperava e il periodo di contesto era davvero funesto, e tanto sangue ancora verrà versato nei anni a venire; “Un biglietto del tram” porta nove brani di immenso valore culturale, canzoni tra il folk e prog, immagini fermate per descriverle in musica e per tramandarle come fonte di poetica “guerra” ai posteri o semplicemente ai paladini della libertà.
Il “canto” di questa indimenticabile band milanese ancora riecheggia in tanti cuori, e questo disco è stato il continuo soundtrack che ha accompagnato migliaia e migliaia di manifestazioni e cortei che in quei frangenti di piombo scorrevano come vene gonfie e impetuose e tutto è rimasto immortalato in canzoni che oramai fanno parte della storia “rivoluzionaria” tricolore; senza tempo la ballata incitante e sulla via della redenzione rossa “Stalingrado”, i partigiani uccisi “8 Settembre”, “Dante di nanni”,  la bellissima “La fabbrica” sugli scioperi di una Torino agguerrita o l’amarezza metafisica della titletrack, che chiude l’album  con un mood da avanspettacolo,  ma che in fondo è  come un pugno sulla bocchetta dello stomaco a tanti, innumerevoli cretini di regime.
Non un semplice album, ma una scheggia poetica che ha trovato il suo posto all’infinito tra cuore e lotte di classe.

Last modified: 28 Gennaio 2013

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