Brainbombs – Cold Case

Written by Recensioni

L’ultimo degli degli svedesi è un disco onesto e pronto a raccontarvi il peggio che l’umanità possa offrirvi.
[ 14.02.2020 | Skrammel Records | noise rock, garage ]

Nati negli anni Ottanta in una cittadina svedese, i Brainbombs sono diventati già nei Novanta una vera e propria icona per gli appassionati del noise rock brutto, sporco e cattivo.

La loro musica rumorosa e volutamente sgradevole prende a prestito la “marzialità” ritmica dell’industrial facendola deflagrare attraverso il garage punk sonato alla vecchia maniera, il tutto infarcito da testi volgari, estremi e violenti ai limiti della denuncia penale declamati in una serie di litanie schizofreniche più che cantati. Lo squallore esplicito della loro musica e delle loro parole va perfettamente a braccetto con la vita privata dei singoli componenti e della band stessa che spesso ha avuto non pochi problemi con la legge.

Memorabile anche il concerto a una festa privata di capodanno nel loro paese d’origine, quando il pubblico iniziò a prenderli a bottigliate e i Brainbombs risposero ferendo gravemente uno degli spettatori; oppure quando il trombettista Dan Råberg ubriachissimo capitolò per le scale rompendosi una gamba. Insomma, una band che definire imbarazzante è poco (in questo molte sono le similitudini con gli Anal Cunt) e al cui cospetto pochi altri potrebbero considerarsi orgogliosamente peggiori (magari un GG Allin).

Eppure anche una band capace di tirare fuori, a tanti anni di distanza dagli esordi, un disco come questo Cold Case, ripetitivo e aggressivo come pochi altri album usciti quest’anno. Le canzoni sembrano farfugliamenti di un ubriaco strafatto e la musica è rumorosa ma senza artifici, il sadismo estremo del cantante è meno palesato pur continuando a esaltare omicidi e necrofilia, ma stavolta non siamo di fronte ai deliri di un folle che spaventa quanto all’ancor più folle lucidità onirica di un serial killer in pensione che non vuole terrorizzarci coi suoi racconti ma piuttosto convincerci di quanto tutto questo sia normale dentro la sua testa.

Anche per questo, i brani si allungano rispetto al passato e le reiterazioni chitarristiche danno un tono psichedelico al loro garage, tono che probabilmente non farà felici i seguaci dei Brainbombs innamorati della loro cattiveria.

La produzione è più pulita ma sempre sotto gli standard medi di qualunque altra produzione che avrete ascoltato e ogni attacco al disco da parte dei fan finisce per essere solo “la solita storia che si ripete”; ma le persone cambiano, anche persone come questi svedesi degenerati, e nonostante la musica sia più lenta del normale, mantiene quelle caratteristiche che fanno di Cold Case un disco onesto e pronto a raccontarvi il peggio che l’umanità possa offrirvi additandovi come folli, proprio voi che avete l’arroganza di chiamare depravazione quello che, in fondo, è lo stato naturale dell’uomo.

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Last modified: 3 Novembre 2020