Bombay Bicycle Club – So Long, See You Tomorrow

Written by Recensioni

Se So Long, See You Tomorrow fosse una città sarebbe Istanbul.
[ 03.02.2014 | Island Records ]

Ho la sensazione che quella Bombay sia finita lì per caso, quando Jack Steadman e i suoi erano ancora quattro adolescenti che il pomeriggio dopo il liceo suonavano e sognavano mete radical chic e fama (e soldi) a sufficienza per raggiungerle. Poi Jack, cantante e leader della band, ha smesso di sognare e un giretto per il mondo è andato a farselo sul serio, ed è così che Bombay è diventata Istanbul. Il tragitto però è inverso: Istanbul è di schiatta innegabilmente orientale ma così bramosa di Europa; i BBC al contrario scalpitano (parliamo sempre di tardo-adolescenti) in cerca di ispirazione esotica ma,volutamente o no,restano pur sempre un sacco british. So Long, See You Tomorrow in effetti viene da un momento in cui i Bombay Bicycle Club non erano impegnati a fare i Bombay Bicycle Club, ma piuttosto a cazzeggiare tra l’Africa e l’Asia. Sarà per questo che lo hanno impacchettato con un artwork ispirato a Eadweard Muybridge, pioniere nel campo della fotografia in movimento.

Tre singoli hanno anticipato l’uscita dell’album, a mio parere col preciso intento di disorientare quanti si chiedevano dove sarebbero andati a parare stavolta questi ragazzini inglesi ormai non più tanto ragazzini. Loro nel frattempo, come (quasi) tutti gli ex teen, hanno capito che la chiave della sopravvivenza (non solo in musica)sta nel trovare il modo di far convivere le proprie pulsioni contrastanti. E se spesso le maturazioni improvvise sono imputabili allo spessore dei produttori non è questo il caso. Nel precedente A Different Kind of Fix, condotti per mano da Jim Abbiss e Ben Allen, i BBC tirano fuori un lavoro valido ma fatto di influenze prettamente Brit, ragionevolmente comparabile con i Talking Heads (come in Lights Out, Words Gone), ma anche cadendo in tentazioni Dance (Shuffle). Quando decidono, appena ventenni, di autoprodursi, i BBC scoprono invece quella che è forse la loro più naturale vocazione, un euforico Elettro Pop incurante dell’onda Indie Rock, che pure avevano cavalcato con discreti risultati ai tempi dell’esordio con I Had the Blues but I Shook Them Loose.

Corretta la scelta di Overdone in apertura del disco. Parte dall’India per poi tornare a strizzare l’occhio al più classico dei Rock, dichiarando così fin dall’inzio che questa è caleidoscopica Pop Music per cittadini del mondo. Il mood si mantiene intatto con il primo singolo, It’s Alright Now, fatto di percussioni da banda in marcia e di cori nettamente Sigur Rós, ancora più vicini all’entusiasmo di Jónsi nel suo esperimento solista. Poi Carry Me, lunatica e sperimentale, e la marimba di Luna. Come saltare dagli Animal Collective ai Friendly Fires. È questo ciò che accade. Bambinoni inglesi saltellano felici da un universo sonoro a un altro. Si è ormai conclusa anche l’era acustica e malinconica del secondo album, Flaws, nonostante permanga la stessa costante inclinazione folk. Quando cercano di nuovo quel mood tardo-adolescenziale (come in Eyes Off You) non arrivano al punto. Folk in maniera forse esasperata anche Feel, ma piacevolmente su quella linea psichedelica e sfaccettata che percorre tutto l’album. Il pezzo che porta il nome dell’album chiude il disco rubandosi un paio di minuti in più rispetto agli altri. Ancora-due-minuti-mamma-ti-prego-non-ora-ci-stiamo-divertendo-così-tanto. Confesso che anch’io vorrei un paio di tracce in più. È ancora tutto sospeso in aria e potrebbe accadere qualsiasi cosa, semmai questo susseguirsi rutilante non vi fosse bastato.

È presto per dire se questo sia o meno un punto di arrivo, ed è difficile credere che un disco fatto di accostamenti ingenuamente audaci lo sia. Ma c’è gente che del non sapere esattamente cosa vuole – ma sapendo esattamente cosa non vuole – ha fatto la propria fortuna. È il volubile mondo del pop, versatile e per questo intramontabile. Lo dice un ingegnere mentre scrive una recensione. Mi sembra prova sufficiente del fatto che del potere benefico della versatilità sono sinceramente convinta.

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Last modified: 26 Novembre 2019