Solo la Bellezza ci Salverà | Parte II. “Suonami, Sono Tuo”

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La storia vi racconto ha come protagonista un luogo amato ed odiato, meta di scambio di lacrime e sorrisi, a seconda che si parta o che si ritorni. Sto parlando della stazione, scenario quotidiano per i pendolari che l’attraversano con indifferenza, ma anche luogo di grande valore affettivo, ad esempio per chi almeno una volta nella vita ha pomiciato sulla panchina di una banchina, tra un regionale veloce ed una Freccia che sfreccia. Da qualche mese a questa parte la stazione di Torino Porta Nuova, oltre ad adempiere alle sue varie e più normali funzioni, si è trasformata per chi vuole in una sala da concerti. Coloro che entreranno dall’ingresso principale si accorgeranno di certo del pianoforte situato in posizione centrale, sul quale aleggia un cartello rosso con la scritta “Suonami, sono tuo”. Un invito esplicito per chiunque sappia muovere le dita sui tasti bianchi e neri, una conseguenza il fatto che se qualcuno si fermerà a suonare, qualcun altro si fermerà ad ascoltare. E così farò anche io, mi fermerò ad ascoltare ed osservare; anche se l’idea del pianoforte in stazione non è più così tanto originale, sono convinta che ciò che accada in posti come questo sia qualcosa di unico ogni volta. Il musicista che ascolto oggi, 13 marzo, verso le 19.30, è un signore che sicuramente mostra più degli anni che ha, perché si porta addosso il peso della solitudine. Glielo si legge addosso, dalla sua apparenza di barbone composto, e lo si percepisce da come suona, con una malinconia straziante e stupenda, anche quando a volte le dita non riescono ad essere veloci quanto il suo pensiero. Mentre lui suona, tutto intorno si forma un pubblico formato da gente che non ha niente in comune, se non il fatto di essere attratta dagli stessi suoni. Persone che probabilmente non si sarebbero mai incontrate nella loro vita, riunite da una musica che hanno scelto, o che li ha scelti. L’uomo d’affari con la 24 ore, gli studenti universitari che tornano a casa per il week-end, la coppia sommersa dai valigioni che chissà perché ho come la vaga impressione che sia diretta a sud, i dipendenti delle ferrovie dello stato che hanno appena finito di lavorare, un ragazzo con la chitarra esperto di vita di strada, mamma e bambino mano nella mano, io, e tanti altri. Elencarli tutti è impossibile. Quasi tutti fanno una foto o un video, come avviene ai concerti. Quasi tutti si alienano, e poi improvvisamente scappano dopo che l’omino di Trenitalia dalla voce meccanica ricorda a tutti il motivo per cui sono là. Il barbone malinconico lascia il posto ad un innamorato che improvvisa una serenata per la sua amata. Lei, quasi morta di vergogna, ricambia immediatamente con una sonata che stavolta fa morire lui di vergogna, visto che è decisamente più brava. Di fianco a me un signore timido aspetta che si faccia più tardi per esibirsi solo per pochi passanti. E poi c’è il signore che applaude più forte di tutti, ed implora “Ancora un po’! Suona ancora un po’!”, tanto che un ragazzo per accontentarlo ha perso il treno. Ma non era arrabbiato mentre tornava indietro scuotendo le spalle come a dire “è andata”. Qualcuno gli ha ceduto il posto e lui, sorridendo, ha ripreso a suonare, mentre di fronte qualcun altro, a caratteri cubitali, gli sussurrava all’orecchio “Suonami, sono tuo”.

Last modified: 20 Febbraio 2019