Beatriz Ferreyra – Echos +

Written by Recensioni

Il suono del momento in cui parlete con i defunti.
[ 20.03.2020 | Room 40 | musica concreta ]

Tra gli artisti avanguardisti e sperimentali più noti in Argentina, Beatriz Ferreyra, nome storico già collaboratrice del grande Pierre Schaeffer, torna alla carica con un disco antologico e originale denso con trentotto minuti spalmati in soli tre brani di musica concreta.

“Di cosa si tratta?”, vi starete chiedendo. Nulla di più semplice: uno stile assimilabile all’ambient ma che, alla strumentazione comune e alla voce, aggiunge suoni e rumori rubati alla vita reale, che a volte riconoscerete perché utilizzati fedelmente, altre volte completamente manipolati. Potrebbe suonarvi come qualcosa di stravagante, eppure questo tipo di musica esiste da prima che voi nasceste, tanto che le originarie incisioni possono essere fatte risalire addirittura agli anni Cinquanta mentre, in tempi più moderni, potreste esservi imbattuti in alcune opere dei Matmos, tra i più noti sofisticatori di rumori della terra.

La peculiarità di questo Echos + è innanzitutto nell’uso della voce di Mercedes Cornu, incorporea e femminea, in questo caso protagonista alla pari con i suoni campionati, la quale intona canzoni popolari latinoamericane con un fare indescrivibile. Lo sviluppo dei pezzi è fatto di diverse stratificazioni, di suoni tagliati e ricomposti (Ferreyra lavorerà su nastri magnetici), di intrecci tra i vari strati che creano un suono nuovo anche quando si tratta, come nel caso dell’opening, di componimenti realizzati in precedenza.

Per comprendere ancor meglio un lavoro come questo dobbiamo scavare brevemente nella vita privata dei suoi realizzatori; Mercedes Cornu non c’è più. Morta in un incidente d’auto. Resta la sua voce che, in quest’ottica, da tono ancor più angosciante a un’opera che già suonava come la cosa più sconvolgente ascoltata quest’anno. Tutto quest’apparente delirio sembra acquisire un senso, finendo per somigliare al suono di uno spazio irreale in cui il mondo dei morti e quello terreno si uniscono, un luogo dove le voci dei defunti diventano echi comprensibili solo attraverso la mente. La musica scivola come un pennello e nella testa si materializza un dipinto vivente di soli bianchi, in cui i suoni muovono l’etereo come vento e l’inquietudine spaventa e rasserena al tempo stesso, un po’ come l’idea stessa di vita dopo la morte.

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Last modified: 6 Maggio 2020