Baustelle @ Teatro Massimo, Pescara | 19.04.2017

Written by Live Report

Il contagioso Synth Pop dei Baustelle è difficilmente conciliabile con la necessità di tenere fermo il culo su un posto a sedere numerato, ma tant’è, a Bianconi e soci i teatri piacciono un sacco, e il promo tour de L’Amore e La Violenza sta passando per i più suggestivi della Penisola.

(foto di Antonello Campanelli)

Ok, il Teatro Massimo di Pescara non è tra questi, ma stasera il razionalismo delle curve spartane dei palchetti e le poltroncine anguste non sono gli aspetti più fastidiosi della location: basta poco per capire che la platea pullula di radiomaniaci che il nuovo disco non l’hanno mai ascoltato e trascorreranno la serata intrattenendosi con lo smartphone in attesa del momento in cui strilleranno Charlie fa surf quanta roba si fa MDMA e così via, per poi rimettersi subito a testa in giù a scrollare Instagram.

Scalda la platea Lucio Corsi, giovane e talentuoso cantautore, conterraneo della formazione toscana (a noi di Rockambula piace sin dal 2014 di Vetulonia/Dakar, e nel frattempo abbiamo avuto modo di scoprire che piace anche a un certo Francesco Motta). Col suo look androgino e l’aria scanzonata da menestrello glam, a suon di chitarra e ironia Corsi si racconta tra brani già noti ed inediti, solo su un palco che già trabocca di tutto l’armamentario dei performer che lo seguiranno.

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All’arrivo dei Baustelle lo stage è definitivamente saturo. Altri quattro musicisti accompagnano Francesco, Claudio e Rachele. Stabili basso, batteria e la chitarra di Brasini, mentre Bianconi, Bastreghi e gli altri si destreggiano nell’alternarsi tra organo, piano e tasti di ogni foggia, nonchè una vera e propria torre di controllo di sintetizzatori a far da sfondo, che sovrasta il palco illuminata a mo’ di sfavillante altare pagano.

La prima parte dello show è l’esecuzione de L’Amore e la Violenza secondo tracklist, pochi intervalli parlati a interrompere il flusso se non la sentita introduzione di “Ragazzina” che il Bianconi padre ha premura di fare. Dopo l’uscita e una decina di minuti, tornano poi in scena a riproporre una ricca selezione dalla ormai ventennale carriera.
L’ultimo lavoro dei Baustelle sul palco si rivela efficace così com’è, senza bisogno di molti escamotage di scena che non siano quelli consueti: il fascino sinuoso di Rachele in tailleur, l’allure dinoccolato di Francesco che col suo baritono si lascia perdonare persino un paio di attacchi in ritardo, l’atmosfera pomposa e demodè. E anche in versione live, il citazionismo sornione: sulla lunga intro di una “Charlie Fa Surf” riarrangiata in chiave propulsiva Bianconi ancheggia al centro dello stage come un novello Freddy Mercury, con Rachele a cantare in “L’Aeroplano” sono in quattro dietro di lei ad armeggiare ai synth di spalle al pubblico a evocare i Kraftwerk.

amore, fra cinque anni dove andrò?
e tu chi sarai e chi saremo noi?

È sulle note de “La Canzone del Riformatorio” che i toscani si congedano. Difficile dire chi sarò io, ma per quanto riguarda loro mi auguro di ritrovarli sempre così, in gran forma come da vent’anni a questa parte.

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Last modified: 22 Febbraio 2019

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