2020, l’anno dell’assenza

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Un percorso nella musica di quest’anno attraversando un campo lungo cinematografico.

L’immagine iconica: Nick Cave che il 19 giugno percorre lo spazio vuoto all’interno dell’Alexandra Palace di Londra prima di accomodarsi al piano e tenere un concerto da brividi. Da quel live, un disco, Idiot Prayer, tra le migliori uscite dell’anno.

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Consci di correre il rischio di risultare blasfemi, accostiamo quella camminata nell’assenza generale di pubblico a quella di Papa Francesco, che il 27 marzo percorre una Piazza San Pietro bagnata dalla pioggia e deserta, prima di dedicarsi a un’indimenticabile preghiera.

L’assenza ha segnato il 2020 più di ogni altra cosa: per noi appassionati di musica, l’assenza degli spettacoli dal vivo, del contatto “fisico” con gli artisti, confinati nella freddezza degli streaming in schermi più o meno grandi, distanti.

Tuttavia anche in un anno così difficile c’è stata molta buona musica. Per parlarne, uscendo dalla logica delle classifiche e dei listoni, proviamo a ripercorrere alcune uscite che secondo me caratterizzano più di altre il mood dell’anno che ci stiamo lasciando alle spalle.

Perfume Genius, Fiona Apple, Phoebe Bridgers, Francesco Bianconi: quattro artisti, quattro voci che colpiscono al cuore, sensuali e imponenti a un tempo. Musiche intimiste e caledoiscopiche, distanti e insieme immersive, per persone felici con lo sguardo triste.

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Proseguendo su questa sottile linea nera, Thom Yorke, Burial e Four Tet lanciano a sorpresa due pezzi originali, inizialmente in vinile, che provano a esorcizzare preoccupazioni e fantasmi. Due canzoni astratte, con sonorità vicine al trip-hop, Her revolution e His rope.

E visto che i Radiohead c’entrano sempre, la conclusione di questo viaggio spetta di diritto a Jonny Greenwood, ormai pienamente a suo agio con le composizioni classiche e le colonne sonore. Il suo concerto per violino e orchestra Horror Vacui, eseguito per la prima volta a settembre 2019 nella rassegna BBC Proms, ha trionfato agli Ivors Composers Awards lo scorso primo dicembre.

Il “terrore del vuoto”, con il suo crescendo in cui 68 violini affiancano il solista e riempiono gli spazi, simulando anche sonorità elettroniche, ci sembra la miglior risposta all’anno dell’assenza e un buon auspicio per l’anno che verrà.

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Last modified: 8 Febbraio 2021