Widowspeak – Almanac

Written by Recensioni

Arrivano dallo Stato di New York i due Widowspeak, e ci portano un bastimento carico di chitarre western e ambienti ariosi, voci eteree e atmosfere sognanti.
Registrato in un fienile vecchio più di cent’anni, Almanac (come i vecchi annuari con i consigli per agricoltori e naviganti) è il frutto soprattutto del labor limae del chitarrista Robert Earl Thomas, che ha espanso i demo prodotti dalla coppia dopo l’esordio omonimo del 2011 con strati e strati di chitarre, armonium, piano Rhodes, organi. Il risultato è un fondale a metà strada tra il West e il mondo dei sogni, dove tutto levita leggero, il vento soffia piano facendo roteare la polvere e le stelle tremolano distanti: davanti ad esso scorre il tempo della natura, con i suoi cicli infiniti, la vita e la morte delle stagioni, la giovinezza, l’amore.
Ma il disco non sarebbe lo stesso senza l’altra metà del duo, Molly Hamilton, che ci regala linee vocali sottili come carezze, leggere come soffi. E questa leggerezza è il marchio di fabbrica di tutto il lavoro, caratteristica centrale e ragione di vita del duo, che ci tiene sospesi sia negli episodi più incantati (“Perennials”), sia in quelli dall’andamento più western (“Thick as thieves”, “Minnewaska” – sorta di canto popolare sui generis -, “Spirit is Willing”), sia in quelli più spiccatamente pop (“Devil Knows”, “Ballad of The Golden Hour” – che fino al primo inserto di slide guitar sembra un brano da cantautrice folk anglosassone, tipo Amy McDonald).

Un ottimo prodotto, nel complesso, tra echi di Slowdive e capacità di sintesi alla Low. Da gustare passeggiando nei boschi (ma quelli con le sequoie), oppure osservando le onde disegnate dal vento su pianure coltivate a grano. O anche sdraiati su un prato, o seduti in veranda, ad aspettare le nuvole. Consigliato.

Last modified: 6 Marzo 2013

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